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“Il Sannio” e il vero eccidio di Casalduni

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 26 Febbraio 2019
Tags: SannioCasalduni

di Giancristiano Desiderio

La storia è una cosa seria e il giornalismo dovrebbe averne più rispetto. Spesso, invece, le cronache diventano falsificazioni del passato, divulgano bugie e alimentano un sentimento rancoroso verso fatti e personaggi storici che non ha alcuna giustificazione se non nella stessa ignoranza che lo origina. Ancora una volta, purtroppo, devo soffermarmi sull’agosto del 1861 e sui fatti di Pontelandolfo e Casalduni.

Il Sannio di domenica 24 febbraio così titolava in prima pagina: “Eccidio di Casalduni. Napoli rimuove busto di Cialdini”. Sulla rimozione del busto del generale Cialdini dalla sala d’onore della Camera di commercio di Napoli ho già scritto sul Corriere del Mezzogiorno e non ritorno sull’inchiostro versato. Ma sul titolo e sull’articolo de Il Sannio qualcosa è necessario dirlo perché il giornalismo deve pur prendersi le sue responsabilità nei confronti di una storia che, come nel caso de Il Sannio, è allo stesso tempo sua madre e sua figlia.

A Casalduni, infatti, nel 1861 non solo non ci fu nessun eccidio, non solo non ci fu una strage, non solo non ci furono morti sparsi ma non ci fu neanche un morto. Il maggiore Carlo Melegari, che entrò in paese all’alba del 14 agosto 1861, lo trovò disabitato: tutti, sapendo dell’arrivo dei soldati, si erano spostati sulla collina e la banda di Cosimo Giordano attendeva che i soldati, dirigendosi da Casalduni a Pontelandolfo, si trovassero nel mezzo per stringerli in una morsa fatale, come già era accaduto il giorno 11 agosto con i soldati del tenente Cesare Augusto Bracci.

Se questo secondo agguato non riuscì fu solo per un comune imprevisto della storia perché il colonnello Pier Eleonoro Negri, che avrebbe dovuto recarsi a Pontelandolfo il giorno 10 agosto in seguito ai quattro omicidi di civili commessi dai briganti, ricevette il telegramma del generale Cialdini solo la sera del 13 agosto e così il suo inatteso arrivo finì per sorprendere la banda Giordano che, non potendo più far scattare la trappola, sparò qualche colpo e lasciò indifeso Pontelandolfo: i briganti, infatti, non volevano di certo morire per una patria napoletana o borbonica che avevano solo usato per le loro avventure o per la loro disperazione, proprio come i Borbone usarono le bande armate dei briganti e dei soldati dell’ex esercito regio da loro stesso sciolto nel tentativo di creare una Vandea o nuova controrivoluzione della Santa Fede che non ci fu.

La formula “eccidio di Casalduni” ha, però, una verità storica, sia pur per quella eterogenesi dei fini che il titolo giornalistico non prevede. Effettivamente a Casalduni ci fu il più tremendo degli eccidi, come già ben sapeva  - e come illustro nel libro Pontelandolfo 1861. Tutta un’altra storia (Rubbettino) -  il sacerdote di Fragneto Monforte, don Giambattista Mastrogiacomo, che ne scrisse da subito nelle sue memorie il 15 agosto 1861: furono uccisi a sangue freddo gli inermi quarantuno soldati di Bracci del cui sacrificio e del cui sangue noi tutti siamo figli e nipoti ingrati.





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