di Luigi Ruscello
Scrivevo in un
precedente intervento che qualsiasi cifra sia appostata nel bilancio statale
non ha nessuna rilevanza finché non viene effettivamente erogata. È solo allora,
infatti, che viene contabilizzata nel deficit statale. Ed è questo uno dei principali
motivi per i quali lo Stato non paga le imprese. Anche la famosa “compensazione”
non è risolutiva poiché con essa vi sarebbe una riduzione delle entrate. E non
possiamo dimenticare che nel prossimo biennio, virus o non virus, abbiamo circa
45 miliardi già impegnati per le famigerate clausole di salvaguardia.
Mi chiedo allora: e se le imprese fossero pagate con
una moneta parallela?
Il 28 maggio 2019 fu approvata, all’unanimità, e le scuse
accampate dall’allora opposizione si possono definire “puerili”, la Mozione 1-00013 che alla lettera b) del punto 1) prevedeva,
tra l’altro, a proposito del pagamento dei crediti delle imprese «... , anche attraverso strumenti
quali titoli di Stato di piccolo taglio, …»[1].
La risposta più autorevole, non me ne vogliano altri
illustri personaggi, già me l’ha fornita Mario Draghi quando il 6 giugno 2019, nella conferenza stampa al termine
del Consiglio direttivo della BCE, così rispose ad una domanda: «Ne avevo già
parlato un’altra volta che mi avevano fatto una domanda. I miniBot o sono
moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e allora il debito sale. Non
vedo una terza possibilità».
Non conosco quale possa essere oggi la risposta alla stessa
domanda. Ma già uno dei capisaldi della contrarietà è venuto meno perché l’altro
giorno, come ormai è ben noto, in una lettera al Financial Times, Draghi ha scritto
che «Much higher
public debt levels will become a permanent feature of our economies and will be
accompanied by private debt cancellation.» (Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno
una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati
dalla cancellazione del debito privato.) [2].
Sul secondo punto, cioè l’illegalità, già nel dicembre 2017 si
era espressa la Banca d’Italia: «La
moneta fiscale non potrebbe avere corso legale; il Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea (art. 128) e il Regolamento EC/974/98 (art. 2, 10 e 11)
stabiliscono, infatti, che le banconote e le monete metalliche in euro sono le
uniche con corso legale nell'unione monetaria».
Ma, a ben vedere, gli articoli citati dalla Banca d’Italia non
avrebbero alcun rilievo se i “minibot” o i “certificati di compensazione
fiscale” circolassero e avessero valore solo in Italia. I predetti articoli,
infatti, stabiliscono che il corso legale vale nell’ambito dell’Unione Europea.
Pertanto, non mi sembra affatto azzardato affermare che, potendo essere
utilizzati solo in Italia, senza alcun obbligo di accettazione, non
cozzerebbero affatto contro le norme richiamate.
Piuttosto, sarebbero da
considerare le preoccupazioni che avanzò l’agenzia Moody’s in una nota del
giugno 2019, sottolineando che «sebbene sia molto improbabile l'emissione di
titoli di questo tipo, il fatto che la proposta sia ricomparsa è credit
negative», ovvero un fattore negativo sulla valutazione del rating del Paese.
Tuttavia, al di là delle considerazioni di Draghi, che fanno
strame finalmente dei sacerdoti dell’austerità, rimane comunque il problema del
debito in ascesa, perché, infatti, l’obiezione più pertinente è quella secondo
cui, pur non costituendo “debito”, provocherebbero un minor gettito per l’erario
e, indirettamente, del debito. E ciò è sicuramente vero, ma sarebbero da considerare
anche gli effetti benefici.
In primo luogo, non si avrebbe un impatto immediato sul
debito perché, come previsto, ad esempio, dal disegno di legge n. 1619 del 20
novembre 2019, ma ancora fermo essendo stato solo assegnato alla 6^ Commissione
del Senato (Finanze e tesoro)[3], il rimborso mediante compensazione di imposte,
contributi e altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, potrebbe aver
luogo solo due anni dopo l’assegnazione, ma, soprattutto, permetterebbe alle
imprese di avere a disposizione una liquidità oggi bloccata, cosicché
favorirebbe il normale svolgersi del ciclo produttivo e, di conseguenza, il
regolare adempimento proprio degli obblighi fiscali.
Inoltre, i CCF costituirebbero una ulteriore iniezione di
liquidità perché sarebbero attribuiti anche alle persone fisiche.
Insomma, credo che il disegno di legge innanzi indicato dovrebbe
essere messo in discussione immediatamente affinché tutte le forze politiche
possano contribuire al suo miglioramento e ad una approvazione quanto più
celere possibile.
La migliore e più rapida soluzione, però, sarebbe quella di ripristinare
una legge del 1966, adattandola alle norme europee innanzi citate e
integrandola con la proposta dell’associazione “Moneta positiva”, a proposito
di moneta elettronica.
Si tratta della Legge 31 marzo 1966, n. 171,
Autorizzazione al Tesoro dello Stato a fabbricare ed emettere biglietti di
Stato da L. 500. (GU n.91 del 14-4-1966), abrogata poi nel 1998.
Al riguardo mi permetto proporre agli specialisti una maldestra
bozza di testo:
Art. 1
È autorizzata la fabbricazione e l'emissione di biglietti
di Stato da euro 1, 2, 5, 10, 20, 50, 100 e 500, nonché standard elettronici.
Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta
del Ministro dell'Economia e
delle Finanze, saranno
determinate le caratteristiche ed i contingenti dei biglietti stessi e degli
standard elettronici.
La data dalla quale i biglietti e gli standard di cui
alla presente legge avranno corso nel solo territorio nazionale, per le sole
transazioni intranazionali e per il pagamento di imposte e tasse a qualsiasi
entità pubblica dovute, ed il limite per il loro potere liberatorio, saranno
stabiliti con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze.
Art. 2.
Il Ministro dell'Economia
e delle Finanze è autorizzato a stipulare apposite convenzioni per regolare tutti
i rapporti nascenti, dall'attuazione della presente legge.
Con la speranza che si apra un dibattito a un livello superiore
al mio, questo decreto lo farei domattina, non aspettando i famosi 15 giorni ed
anche a costo di farci cacciare dall’EU, tanto gli euro o corona bond non arriveranno
mai perché sono solo uno slogan (vedi l’intervista della Von der Leyen all’agenzia
di stampa tedesca Dpa) e nella situazione in cui ci troviamo, e
soprattutto ci troveremo, i costi di una eventuale italexit non sarebbero certo così catastrofici
come adombrati ante coronavirus. Tutt’altro.
[1] https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=1/00013&ramo=C&leg=18
[2] https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b
[3] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1142343/index.html?part=ddlpres_ddlpres1-articolato_articolato1