di Giancristiano Desiderio
Ancelotti è stato un grande giocatore, è un ottimo allenatore ed un gran
signore. Ma, soprattutto, si esonera un allenatore dopo una partita vinta 4 a 0
e una qualificazione in Europa? La partita successiva, con il nuovo
allenatore che riconosce in Ancelotti un padre, il Napoli perde 2 a 1. Si sa
come vanno queste cose: non puoi licenziare 24 giocatori e allora uno paga per
tutti. Una logica spietata che è quella classica del capro espiatorio che,
proprio perché spietata, andrebbe usata con cautela e, magari, ad averla, con
eleganza. Invece, in un mese e mezzo a Napoli è successo di tutto, con i
giocatori che si sono ribellati, con una sorta di ammutinamento, al presidente
Aurelio de Laurentis che si era sostituito all’allenatore ordinando un ritiro
forzato. Insomma, un manicomio nel quale Carletto Ancelotti ha cercato di
lavorare con la solita professionalità pensando, forse: ma dove cavolo sono
capitato?
In questi giorni ho letto tante stravaganze sull’esonero di Ancelotti.
Ho letto di miseria e di nobiltà, di imperatori e di barbari. Ho ascoltato
giudizi implacabili su Ancelotti che non avevo mai ascoltato settimane e mesi
prima dove l’allenatore era chiamato Re Carlo. Ma le cose vanno così, che ci
vuoi fare: quando sei sull’altare tutti ti onorano, quando sei nella polvere
tutti ti criticano. Il solito servo encomio e il solito codardo oltraggio.
La sconfitta del Napoli con il Parma al San Paolo è l’esordio maledetto
di Rino Gattuso. Un esordio choc anche peggiore rispetto a quello sulla
panchina del Milan, quando il Benevento segnò a tempo scaduto nientemeno con un
colpo di testa del portiere più bello e più pazzo del mondo. Un esordio
peggiore perché Gattuso era visibilmente imbarazzato per essere proprio lui il
sostituto di Ancelotti con il quale aveva avuto un rapporto filiale. Rino detto
Ringhio ha un compito: riportare serenità mentale in un gruppo che sa molto
bene che l’allenatore che è stato esonerato non era responsabile della
situazione che gli stessi giocatori e il presidente avevano creato.
Ma il nuovo
allenatore, proprio lui, si trova in una situazione di confusione passionale
per il parricidio commesso, forse, senza stile. Certo, un parricidio è un
parricidio, non è che puoi star lì a pensare come fare. Tuttavia, ora Gattuso,
dopo la sconfitta in casa con il Parma, si ritrova a fare i conti con i suoi stessi
sentimenti e sensi di colpa, proprio lui che dovrebbe trasmettere serenità agli
altri. Il campo, che nel calcio è la vera cartina di tornasole, ha detto che il
Parma ha vinto con intelligenza e dando l’impressione di non infierire. Lasciando
il Napoli in uno stato confusionale peggiore di una settimana fa, quando su
quella panchina c’era Ancelotti. A dimostrazione del fatto che la logica del
capro espiatorio - uno solo paga per tutti e magari è anche innocente - è
pericolosa anche per chi ne beneficia. E’ una specie di scommessa: se arrivano
subito i risultati scatta la voglia di svoltare all’insegna di “scordiamoci il
passato” ma se le cose vanno male e i risultati non arrivano, allora, il
passato non passa e, anzi, è destinato a perseguitare chi ha cercato di
sbarazzarsene mentendo a sé stesso.
Il Napoli si trova in questa condizione e il
film del presidente de Laurentis è davvero una brutta commedia. Il fantasma di
Ancelotti è davanti agli occhi di tutti: dei giocatori, del presidente e anche
dell’ultimo arrivato. Le verità non-dette sono implacabili. Somigliano molto
molto da vicino alla vendetta della spietata logica del capro espiatorio.
Somigliano molto da vicino all’autogol.