di Luigi Ruscello
«Quella sovranità perduta nell’Europa unita»,
così titolava qualche anno fa un sito sovranista, il quale, peraltro, non è il solo
a ritenere che il far parte dell’Unione Europea abbia causato la perdita della nostra
sovranità nazionale. Tema ripreso, peraltro, anche da forze politiche e
studiosi.
Dalla lettura del titolo innanzi citato, e
pur essendo euroscettico, è sorto in me un dubbio: ma è veramente così?
Dalle reminiscenze scolastiche, infatti, è riemersa
subito la sempre attuale terzina del VI canto del Purgatorio: «Ahi
serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran
tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!».
Ma, venendo ai tempi più recenti, il
pensiero corre al dettato costituzionale e, in particolare, al combinato
disposto degli articoli 1 e 11.
I cosiddetti “sovranisti”, infatti,
ripetono ossessivamente che “La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, ma dimenticano che «L'Italia
… consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a
tale scopo.».
E dunque la prima osservazione riguarda la
nostra natura di italiani, cioè di essere “non donna di provincie, ma bordello!”.
D’altronde, come scriveva già nel 1900 lo
storico inglese Bolton King, al confronto degli altri popoli di Europa,
l'Italia "possedeva un ideale umano e conduceva una politica estera
comparativamente generosa". Questo significa che più degli altri siamo
disponibili alla collaborazione, se non addirittura alla sottomissione.
Tuttavia, per rimanere nell’ambito dell’Italia
repubblicana, ritengo che si sia data sempre poca importanza alla resa senza
condizioni del 1943 e al Trattato di Pace firmato il 10 febbraio 1947 a Parigi.
Dal mio opinabile punto di vista, infatti, è
da lì che parte la nostra perdita di sovranità.
Per chi non avesse mai dato una scorsa al
Trattato di pace, mi permetto consigliare la lettura degli articoli 15, 16 e
17.
L’articolo 15, nonostante l’azione svolta per
ottenerne la soppressione, in vista della futura appartenenza dell’Italia all’ONU,
impose di assicurare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Inoltre, l’articolo
16, che imponeva di non perseguitare i cittadini italiani che avessero svolto
attività a favore della causa alleata, e l’art. 17 relativo alla repressione
delle attività fasciste, non figuravano nel testo presentato originariamente
alla Conferenza di Parigi. Al riguardo il Ministro Sforza osservava che ambedue
apparivano superflui e, in quanto unilateralmente imposti, contrari alla “sovrana
eguaglianza di diritti” sanciti dallo Statuto dell’ONU.
In particolare, giova ricordare l’articolo 15
del Trattato: «L'Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a
tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza,
sesso, lingua o religione, di godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, ivi compresa la libertà d'espressione, di stampa e di diffusione,
di culto, di opinione politica e di pubblica riunione.»
E pertanto, al di là della giustezza dei
principi enunciati, non si può non constatare la quasi identità con taluni articoli
della Costituzione, tra i quali spicca sicuramente il n. 3: «Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.»
In definitiva, pur non condividendone i
contenuti, mi sembra non pertinente attribuire al Trattato di Maastricht la perdita
di sovranità poiché essa non è mai stata una nostra prerogativa.
Basta considerare quanto dichiararono Einaudi
e Croce nel dibattito in sede di Assemblea Costituente sul voto di ratifica del
Trattato di pace. Einaudi, che parlò il 29 luglio, espresse la sua più viva
ammirazione nei confronti di Croce: «Queste mie parole vogliono invece essere
un'umile appendice di considerazioni storiche al grande discorso col quale
Benedetto Croce pronunciò l'altro giorno un giudizio storico solenne sul
trattato imposto a noi dalla volontà altrui … ho ascoltato con commozione ed ho
riletto con ammirazione profonda il giudizio storico che Benedetto Croce ha
pronunciato in quest’aula intorno alla ratifica del trattato di pace».
Croce, infatti, il 24 luglio, tra l’altro, affermò
che il Trattato di Parigi aveva introdotto clausole che violavano la sovranità dell’Italia
sulle popolazioni che le rimanevano.