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Il regionalismo "irrealizzabile"

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 10 Ottobre 2019
Tags: autonomiadifferenziatamezzogiornogovernotria

di Luigi Ruscello

In un precedente intervento sostenevo che non saranno le petizioni, gli appelli e analoghe iniziative a fermare il progetto autonomista. Scrivevo infatti che è tale il groviglio delle norme che si dovrebbero modificare o istituire ex novo che non credo si riuscirà a trovare una soluzione rapida e positiva per chi chiede l’autonomia.

Tuttavia, pur ammettendo che siano approvate le tre leggi istitutive del regionalismo differenziato, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non si sarebbe che all’inizio di un lungo percorso, cioè sarebbe terminato solo quello che è stato definito “il primo tempo”. Quelle approvate, infatti, non sarebbero certo tre leggi “auto-applicative”, tutt’altro.

Dopo la loro approvazione, infatti, comincerebbe un secondo tempo, altrettanto importante, ma ancora più lungo e complesso. Gli aspetti pratici, burocratici e tecnici necessari per la corretta applicazione sono affidati ai tecnici dei ministeri. Questi ultimi si devono occupare dei cosiddetti decreti attuativi, cioè provvedimenti necessari per completare gli effetti della legge stessa.
 
Ebbene, dalla consultazione dei dati pubblicati dall’Ufficio per il programma di governo, è emerso che al 31 luglio 2019 sono ben 691 i decreti attuativi da adottare e 12 risalgono addirittura al governo Letta. E questi, si badi bene, provengono da atti legislativi di routine.

Figuriamoci, invece, cosa accadrebbe di fronte a tre leggi del tutto nuove, che coinvolgono pesantemente norme ordinarie e costituzionali. È inimmaginabile che i decreti attuativi vengano redatti con una celerità tale da precedere le sentenze della Corte Costituzionale a fronte dei più che sicuri ricorsi che presenteranno le altre regioni. Non è altresì pensabile che gli accordi nelle cosiddette Commissioni paritetiche siano esenti dal controllo di legittimità da parte della Corte Costituzionale, ancorchè in via indiretta, ove la legge rinforzata non ne abbia delimitato il contenuto minimo, per cui si riaprirà una nuova stagione di ricorsi e regnerà il più assoluto caos amministrativo, come se la burocrazia italiana non sia già nel più assoluto disordine.

Ma non solo, perché solo successivamente all’entrata in vigore delle leggi di approvazione delle Intese potrà prendere avvio il complesso processo di definizione delle specifiche attività amministrative correlate alle funzioni trasferite e dei relativi beni e risorse.
 
Il presidente del Consiglio, quindi, dovrà emettere una moltitudine di decreti (Dpcm) e a ciascuno schema dovrà essere allegata una relazione tecnica, che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo, ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
 
Tali Dpcm, essendo atti amministrativi non aventi forza di legge, ma fonti di normativa secondaria, dovrebbero essere sottoposti al controllo preventivo della Corte dei Conti, specie quelli di carattere finanziario. In altri termini, saranno i singoli Dpcm lo strumento che concretamente renderà operativo il complesso disegno di autonomia differenziata.

Anche le tre leggi rinforzate dell’autonomia dovrebbero essere soggette al preventivo controllo della Corte dei conti. Esse, infatti, dovendo essere approvate dal Consiglio dei ministri ed essendo altresì la fedele riproduzione delle intese intervenute tra Stato e Regione devono essere sottoposte al controllo della Corte dei conti che non potrà non verificare le incongruenze finanziarie emergenti dal provvedimento. Nelle bozze delle intese, almeno come è dato conoscere fino ad oggi, non si fa mai riferimento alla L. 42/2009 sul federalismo fiscale e al D.Lgs. 68/2011 di attuazione della legge delega in tema di federalismo regionale.

Al riguardo è opportuno ricordare che l’ex Ministro Tria, nel corso di una audizione presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, tenutasi il 18 aprile 2019 ha sottolineato come il processo che porterà all’approvazione delle intese non prevede né permette di quantificare ex ante le risorse finanziarie necessarie e che questa quantificazione sarà condotta solo dopo l’approvazione delle intese quando cioè il processo sarà sottratto al vaglio parlamentare, ma, aggiungo, come già accennato, non a quello della Corte dei conti.

In conclusione, non vorrei che le imminenti elezioni regionali non provochino nel Pd il risveglio delle stesse “voglie” del 2001, perché, allo stato dei fatti, non mi sembra che si possa adempiere a tutto quanto richiesto dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria senza incorrere in ulteriori situazioni di conflitto sia tra le norme, sia tra i territori.
 



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
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