di Giancristiano Desiderio
In Italia si muore per le malattie, di vecchiaia e di
retorica. La retorica italiana è mortale. Il presidente del Consiglio, che
appare ormai in televisione per i suoi discorsi alla nazione italiana ogni tre
giorni, come se fosse Massimo Giletti o Amadeus, ha una capacità retorica
molto, molto bassa. L’altra sera è riuscito a parlare di “potenza di fuoco”, di
“provvedimento poderoso”, di “ritorno della primavera” e ha perfino usato un
luogo biblico, naturalmente stravolgendolo e sbagliandolo in modo grossolano.
E, tuttavia, ha ragione lui. Sì, ha ragione lui, perché il momento è quello che
è e non è il caso di mettersi a fare la maestrina con la penna rossa. Ciò che
colpisce, però, della potenza di fuoco del vocabolario del professor Conte è la
sua anemia. Le sue parole sono stanche e insieme pompose e, soprattutto,
ripetitive e suonano un po’ come il verso del somarello che si loda da solo.
Che grande differenza che c’è tra questo sir Winston di Volturara Appula e la
regina Elisabetta che con grande sobrietà nei modi, nelle parole e nei tempi si
è rivolta agli inglesi e alla nazione con semplicità, verità, umanità.
Perché noi non siamo in grado di fare altrettanto?
Perché il nostro discorso pubblico non riesce a poggiare nemmeno nei momenti cruciali
su un po’ di decente verità? E’ da questo difetto di verità che dipende lo
scarso livello della retorica italiana. Anche nei momenti difficili non
riusciamo a dirci la verità e preferiamo nascondere l’elemento tragico
che attraversa inevitabilmente la vita e la vita nazionale con la commedia.
Come se, guardandoci allo specchio, avessimo paura di noi stessi.
Ancora una volta il capo del governo è apparso in
televisione e ha parlato dei provvedimenti di un decreto ancora non esistente. E’
ormai chiaro: non è un errore ma una strategia che oltre a essere l’effetto dei
contrasti della maggioranza – che litiga sui soldi mentre il funereo Borrelli
dà ogni sera le cifre dei morti – è anche il risultato della furbizia populista
che usa la comunicazione per far immaginare agli italiani che dal cielo scendono
soldi come Dio fece cadere dall’Alto la famosa manna per il popolo d’Israele
ormai giunto alle pendici del Monte Sinai dopo la schiavitù in Egitto. Siamo,
dunque, noi in schiavitù o in cattività? Beh, di questo dobbiamo ringraziare
proprio il governo il quale, però, presentandosi a noi come una divinità ci
dice che il suo provvedimento è stato non solo necessario ma anche provvidenziale
perché in questo modo sono state salvate vite umane a migliaia.
Naturalmente, non c’è nessuna prova e il governo può
dire in modo poco serio ciò che vuole proprio perché non c’è nessuna prova. Mentre
ciò che sappiamo con certezza è che l’obiettivo primario del governo era non
appesantire e non far crollare il sistema ospedaliero. Un obiettivo certamente
valido per ricorrere a misure speciali ma anche un obiettivo che poteva essere perseguito
facendo scelte diverse e, soprattutto, senza far credere che la strada
governativa era necessaria, migliore e indolore dal momento che l’Italia ha il
non invidiabile primato dei morti, dei contagi, dei debiti.
Ma l’altra strada poteva essere imboccata con
successo? Ossia si poteva evitare di chiudere tutto per legge – cioè per
obbligo e non per indicazione e poi scelta individuale – e puntare sul
controllo dell’epidemia tramite la sorveglianza attiva territoriale, nonché
sulla stessa esperienza diretta degli uomini e delle donne capaci di intendere
e di volere e di decidere secondo prova ed errore della loro vita? E se si
fosse fatta questa scelta, praticata da altre nazioni e altri Stati, sia europei
sia asiatici, avremmo avuto risultati migliori? Anche in questo caso non c’è
prova storica e, dunque, si può dire ciò che si si vuole lasciando il tempo
trovato come si fa con l’immaginazione. Tuttavia, una cosa o qualcosa in più la
sappiamo. Ad esempio: che la scelta del lockdown è limitata nel tempo e la
stessa cosiddetta fase 2 non può basarsi sulla speranza ingannevole che il
virus scompaia, bensì sulla necessità di avere proprio una sorveglianza attiva
territoriale perché è del tutto insensato credere di poter rinchiudere nuovamente
per obbligo di legge un intero popolo in casa senza che quelle stesse vite non
paghino il prezzo dell’esistenza che, lo voglia o no il governo di turno, è la
morte e il coraggio del pensiero e della volontà di affrontare la vita per
viverla degnamente in libertà. Nessun governo salva, nessuno.
Ecco perché la retorica italiana è mortale. Perché finge di risolvere con le parole e con l’abracadabra la tragedia che è sempre
la vita, individuale e nazionale.