di Giancristiano Desiderio
La vicenda dell’ospedale di Sant’Agata dei Goti e
delle donne del comitato civico “Curiamo la vita” che hanno affrontato lo
sciopero della fame, anche con conseguenze mediche, mostrano in modo molto
chiaro la sconfitta della politica. Se, infatti, abbiamo la capacità di mettere
da parte le emozioni e le suggestioni per guardare i fatti ci rendiamo conto
che le donne del comitato hanno scelto di praticare lo sciopero della fame,
incatenandosi davanti all’ingresso dell’ospedale che porta il nome di Alfonso
de Liguori, perché si sono ritrovate nude con sé stesse e nulla più. Quando
hanno capito che l’ospedale non c’era più
- e non c’è più da tempo - e
quando hanno capito che nessun amministratore, nessun politico, nessun sindaco,
nessuna istituzione poteva fare alcunché, le donne assecondando l’intenzione di
fare qualcosa si sono ritrovate esposte fino al punto di passare dal “curare la
vita” a “rischiare la vita”. Il corpo esposto delle donne è diventato corpo
politico.
Accade. Accade quando la politica fallisce. Accade
quando le istituzioni sono vuote. Accade allora che i corpi, che quelle stesse
istituzioni dovrebbero custodire, si trovano ad essere pura esistenza e così sono
proprio ciò che sta fuori con la sua
nudità e la sua fragilità. La politica in questo stato d’eccezione ritorna alla
sua condizione d’origine e diventa bio-politica. Ma questa esposizione
corporale della politica, che mostra lacrime e sangue, viscere e fame, è la più
evidente manifestazione della sconfitta della politica ordinaria che, infatti,
non sapendo cosa fare si è ritrovata intorno al corpo naturalmente politico delle donne nel tentativo intestinale di
nascondere le proprie responsabilità. Ci vuole pelo sullo stomaco, ma in questa
brutta storia ce n’è in abbondanza.
Nel suo discorso ai cittadini, ai santagatesi, ai
sindaci, ai giornalisti, ai curiosi, il vescovo Battaglia ha detto che non
bisogna rivolgere il dito contro nessuno. Il pastore ha ragione. Qui sia la
cultura cristiana sia la sensibilità democratica rifiutano la distruttiva
logica del capro espiatorio che indicando in uno solo le colpe di tutti è un
comodo calcolo che, invece, tante volte proprio i gruppi politici organizzati
hanno adottato per passare sopra il corpo dell’avversario. Il giustizialismo è
in Italia la forma più diffusa della politica. Ma la vicenda dell’ospedale di
Sant’Agata dei Goti, come più volte ho cercato di illustrare su queste pagine,
si spiega con due precise responsabilità: quella amministrativa-sanitaria e
quella politica.
In questo caso, non solo si può ma si deve parlare
pubblicamente delle responsabilità di una classe dirigente che nel tempo ha
condotto l’ospedale santagatese ad una forma di estinzione o di eutanasia. La
responsabilità non è una colpa ma una scelta legittima o non legittima che,
però, a volte - come nel caso
dell’ospedale - è disconosciuta dai suoi
stessi autori. Nella storia dell’ospedale è proprio l’assenza della
rivendicazione delle scelte politiche a creare confusione per generare
trasformismo. La stessa Mena Di Stasi nel suo intervento davanti all’ospedale
ha parlato di “oscuri giochi di potere” e ha detto che è ora di “finirla con
gli oscuri giochi di potere”.
Personalmente, non credo agli oscuri giochi di potere
e, anzi, mi sembra che tale mentalità ci porti a immaginare complotti per poi
portare acqua alla logica del capro espiatorio dalla quale il vescovo Battaglia
giustamente ha cercato di tener lontano il suo gregge. Quando, del resto, ci
troviamo nell’oscurità cosa facciamo se non cercare di portare un po’ di luce
per vedere meglio?
In verità, qui non c’è oscurità. Qui siamo straziati
dalla luce. Qui tutto è visibile per chi vuol vedere. Il piano ospedaliero
regionale oggi è orfano ma ieri aveva tanti papà e tante mamme che erano pronte
a mostrare i loro gioielli come il “polo oncologico” che ieri, appunto, era un
fiore all’occhiello e oggi è un brutto anatroccolo. Vincenzo De Luca,
presidente della Regione Campania, non ha elaborato il piano ospedaliero contro
la volontà del Pd beneventano, della sinistra sannita e del sindaco di
Sant’Agata dei Goti: anzi, lo ha pensato e realizzato con il consenso di tutta la
compagnia. Dopo - soltanto dopo - le elezioni del 4 marzo 2018 le cose sono
cambiate e il presidente De Luca parlò a Telese apertamente di “chiavica”. Non so
a chi o a cosa si rivolgesse ma in questi giochi di potere non mi è dato
entrare. Il risultato elettorale, con le sconfitte di tanti candidati, ha
determinato il cambiamento delle opinioni dei politici locali sul tema
dell’ospedale santagatese. Prima si era in accordo con sé stessi e con il
partito, poi dopo la sconfitta ci si è scoperti in disaccordo con sé stessi e
con la realtà.
Purtroppo, non sempre si è all’altezza di una sconfitta, non
sempre l’uomo aiuta il politico. Se la politica avesse tenuto ferma la propria
posizione e avesse rivendicato le scelte fatte, oggi avremmo maggiore
chiarezza. La stessa chiarezza l’avremmo se i politici che hanno cambiato
palesemente idea e posizione avessero riconosciuto e motivato pubblicamente il
proprio cambiamento. Ma tutto ciò non c’è stato e, forse, sono questi gli
“oscuri giochi di potere” a cui si riferiva la signora del comitato civico. Così
ci troviamo in un dramma che non è solo del corpo delle donne ma del corpo
della comunità perché la politica rinunciando alle sue scelte e alla sua storia
ha di fatto abdicato al suo ruolo esponendo tutti al pericolo, come hanno ben
capito il vescovo Battaglia e il prefetto di Benevento con la loro opera di
mediazione.
Oggi a Sant’Agata dei Goti c’è consiglio comunale. Con
molta probabilità, il sindaco e la maggioranza rivendicheranno come un loro
successo la riattivazione temporanea del reparto di ortopedia. In realtà, mai
successo ha manifestato in modo più evidente il fallimento dell’amministrazione
di Sant’Agata dei Goti. Come il dissesto finanziario sancito dalla Corte dei
conti rappresenta il fallimento della politica economica, così il corpo
politico delle donne sancisce il fallimento della politica ospedaliera
dell’amministrazione santagatese.