di Luigi Ruscello
I vescovi della metropolia beneventana hanno
indetto per il 24-25-26 giugno,
il primo Forum degli Amministratori campani, da tenersi a Benevento. Ed è certamente
encomiabile il tentativo della Chiesa di intervenire in un tessuto economico-sociale
in lento, ma inesorabile disfacimento. Probabilmente
il motivo di fondo, al di là dell’apprezzabile attivismo che mostra il nuovo
Arcivescovo beneventano, è costituito dalla più approfondita conoscenza del
fenomeno “povertà”, cioè della lunga e buia notte che stiamo attraversando.
Tuttavia,
se dal punto di vista religioso, il gemellaggio delle povertà è un fatto
positivo, da quello economico non lo è allo stesso modo, poiché l’unione di due
o più debolezze non crea una forza. Non
vorrei però che il forum segua la solita liturgia della caterva di tavoli,
convegni et similia che, questi sì, si susseguono con impetuoso nullismo.
Tuttavia,
il punto più interessante della lettera-documento del 13 scorso, intitolata “Mezzanotte
del Mezzogiorno?”, mi sembra quello nel quale la riflessione vescovile indica
che la lunghezza della notte dipende anche dalla disponibilità del popolo a
intraprendere un percorso di conversione. Ed è qui che casca l’asino.
Siamo
noi beneventani pronti ad intraprendere questo cammino?
Il
cammino, che non si riferisce ovviamente ad una mera conversione religiosa,
presuppone infatti un mutamento sostanziale nel pur banale agire quotidiano. In
altri termini, la trasformazione da “sudditi” in “cittadini”. Ebbene,
non mi sembra proprio che lo siamo. Basta osservare, con animo sgombro da qualsiasi
pregiudizio, specie se ideologico, quanto sta accadendo nella campagna
elettorale per la prossima consultazione europea e non solo.
Dal
punto di vista strettamente economico, poi, il documento evidenzia talune
negatività e potenzialità inespresse o in fieri. Le
potenzialità inespresse si riferiscono in particolare al turismo; mentre, le
negatività vengono individuate nella cosiddetta “fuga dei cervelli” e quelle in
fieri nella mancanza di adeguate infrastrutture. È
interessante notare, però, come il più che famoso TAC Napoli-Bari venga
interpretato allo stesso modo della Confindustria. Quest’ultima, infatti, in
uno studio presentato nel 2015 (p. 29), tra i pregi dell’opera indicava la
possibilità di
un travaso di popolazione dalla fascia costiera alle zone interne in virtù
della riduzione dei tempi di percorrenza: «Si
può rilevare, infatti, un potenziale sviluppo di residenti verso Benevento
città o anche provincia, in provenienza dai comuni della fascia interna detta
Napoli nord». Nella lettera-documento, infatti, così si legge: «l’alta velocità
ferroviaria Napoli-Bari potrebbe invece offrire nuove possibilità anche per
ripopolare aree depresse».
Il problema
del ripopolamento, però, se affrontato in questo modo, rischia di fallire
miseramente l’obiettivo dello sviluppo. Se da un lato è vero che i lavori della
tratta Napoli-Benevento dovrebbero concludersi entro il 2021/2022, dall’altro e
nella migliore delle ipotesi, il TAC Napoli-Bari vedrà la fine dei lavori nel
2026.
Tanto varrebbe
farlo in modo più rapido e sicuro con una immigrazione senza freni.
Il vero
obiettivo, dunque, anche per evitare la “fuga dei cervelli”, dovrebbe essere
quello di ampliare la base produttiva provinciale e a questo fine, come atto
propedeutico, si dovrebbe ripetere quanto fece all’inizio degli anni Novanta il
Presidente della Camera di Commercio, Roberto Costanzo, ad opera del professore Mariano D’Antonio. Fu composta, infatti, la tavola intersettoriale dell’economia
sannita al fine di potenziare le filiere già esistenti e di favorire quelle in
fieri.
Purtroppo, i
politici e gli imprenditori di allora lasciarono cadere nell’oblio il pregevole
studio, per cui mi auguro che, nell’ipotesi oggi sia ripetuto, non venga
abbandonato a se stesso.