di Giancristiano Desiderio
La
storia della gassosa ha mosso la curiosità di Andrea De Rosa che mi ha scritto
una letterina affettuosa ricordando che lo slogan “è un’altra cosa” non
riguarda la gassosa ma la Spuma Rosa e io accolgo la cosa assai graziosa con
prosa baldanzosa come una notte rosa. Vale la pena, allora, ritornare sul tema
bibitaro perché in poche righe, che potete leggere in coda al precedente
articolo - La gassosa Del Tufo e
l’estetica della bottiglia -, vi sono non pochi spunti che conviene
prendere appunti.
Quanta
nostalgia, carissimo preside, in quelle poche righe. Grazie per la citazione di
papà e la nostalgia è proprio là: nel ricordo amorevole di un amico, perché
l’amicizia, che non è rabbiosa come l’amore, è il più nobile dei sentimenti
umani. E forse la nostalgia in questo caso abbraccia più uomini e più
amici - è citato anche Nando Del Tufo
- e si distende nel tempo delle estati
fuggite che sono invincibili solo nel calore della memoria mentre si affacciano
alla finestra Toni Pin, mitico portiere del Padova, e quel Nereo Rocco che per
papà, e credo anche per il suo amico Andrea, era qualcosa di più, molto di più
di una grande allenatore di giocatori fino a essere visto come un allenatore di
uomini e un maestro di varia umanità. Non è così? Ma sì che è così. Io lo
ricordo bene mio padre e gli argomenti che gli riempivano il petto e gli
fiammeggiavano gli occhi erano due su tutti: Fausto Coppi e Nereo Rocco.
L’animo umano si forma non con mille parole ma con l’esempio dei maestri che
non sempre e quasi mai son dietro una cattedra ma per le vie del mondo perché
la nostra vita è un fiume nel quale, se vogliamo capirci ed essere qualcosa, è
necessario calarsi non solo per risciacquare i panni e la lingua nell’Arno ma
anche per far nostri i panni e la lingua altrui, dei padri e dei nonni. Non
solo la gassosa Arnone, anche la vita è un’altra cosa.
Lo
slogan, senz’altro felice, è casareccio, fatto in casa, senza pretese ma
cortese, a rima baciata se è vero che fu ideato per la Spuma Rosa e magari per una
bella donna Rosa. Tuttavia, nel tempo lo slogan, che ebbe successo, divenne uno
slang, un modo di dire con cui si identificò il marchio stesso di Arnone la cui
gassosa risale, infatti, al 1907. Ricordo, ma potrei senz’altro ricordare male,
che c’era anche uno spot davvero casalingo in cui il vino era allungato con la
gassosa e a farlo era un priore, per cui la dolce bevanda diventava anche “la
gassosa del priore”. La gassosa si trovava anche nella salumeria dei genitori
di Andrea De Rosa che era una sorta di piccolo santuario dei generi alimentari
che stava giusto di rimpetto, nell’angolo a sinistra, al duomo di Nostra
Signora dell’Assunta. La salumeria De Rosa, di Vincenzo De Rosa, era ricca di
colori e di odori e c’era talmente tanta roba, perfino i salumi e i caciocavalli
appesi che avrebbero fatto sorridere Antonio Labriola, che il bancone con la
vetrina quasi scompariva sotto i salumi, i formaggi, le olive, il pane, il
pesce in tortiera, la pasta, il vino e, appunto, anche la gassosa. Io in questa
salumeria ci andavo con mia madre e la cosa oggi mi sembra proprio incredibile:
non solo perché ho ancora davanti agli occhi la signora Elvira che fino a tarda
età, finché ha potuto, ha servito pane e companatico ma anche perché c’è stato
un tempo in cui si andava a fare la spesa nel centro storico fin laggiù e le
donne, le madri di famiglia, si caricavano buste piene di salumi, formaggi,
pane, pasta, frutta passando da un negozio all’altro, botteghe assiepate
com’erano intorno alle scale del Tempio. E’ davvero una roba da non crederci,
perché oggi è inimmaginabile poter andare a fare la spesa fin laggiù e l’unica
superstite dei tanti negozi che vi erano con le loro cassette di frutta e
verdure che si riversavano su via Roma rinfrescandola e vivendola è la signora
Teresa - zi’ Teresa - , e che il Signore la conservi ancora a lungo
come testimone del tempo che non c’è più.
Che
peccato, che grande peccato contro Sant’Agata dei Goti. Il centro storico
santagatese è un’area commerciale che ha rinunciato alla sua vocazione. Ci si
dà sempre tante arie con la storia e la solfa della cultura - più si è fessi e più lo si fa - e non ci si avvede che la prima forma di
cultura è il lavoro e i liberi commerci della frutta e della gola che,
purtroppo, sono stati mortificati invece di farne un segno di riconoscimento
della stessa arte della stessa storia di Sant’Agata dei Goti. Sarà anche per
questo che si stenta a capire anche cosa sia il centro storico e dove inizi e
dove finisca. Ecco perché la giusta precisazione dell’amico Andrea - amico di papà, allievo di nonno e preside
del de Liguori per almeno due generazioni di santagatesi e di ragazzi di
Dugenta, Limatola, Durazzano, Moiano, Airola -
che l’area che gravita intorno all’Annunziata è for’ a Nunziata,
in ricordo del fatto che la chiesa sorse extra moenia, è più
interessante di quanto non s’immagini. Ancora oggi si sente dire for’ a
Nunziata ossia fuori alla Annunziata e il modo di dire ha la sua
origine senz’altro intra moenia cioè all’interno delle mura della città.
Tuttavia, i modi di dire cambiano nel tempo non solo con il passare delle
stagioni ma anche con i cambi di stagione. Il modo di dire for’ mur’ è
significativo perché indica le vie che girando intorno a Sant’Agata dei
Goti - che in fondo si fonda su tre strade:
una centrale e due esterne collegate da tante spine di pesce - e che un tempo erano al di là delle mura ma
ora, da secoli, almeno a partire dal Settecento, sono al di qua delle mura e,
quindi, sono via interne che hanno per confine le case a strapiombo. Il detto,
dunque, resta ma cambia significato. Così accade con l’area dello slargo
dell’Annunziata: quando nasce il paese nuovo al di là del ponte e le case sono
costruite anche sulle colline circostanti, s’inizia a dire abbasc’ a
Nunziata che ha, infatti, anche il corrispettivo in italiano giù
all’Annunziata e che, del resto, è un calco di abbasc’ a vocc’ ossia
giù alla Bocca.
Questa
parte di Sant’Agata dei Goti va considerata centro storico o no? Già altra
volta ho evidenziato - si veda anche il
libro Storia di Sant’Agata dei Goti nell’età liberale - che se si considera il centro storico solo
con l’inizio di via Roma, allora, nasce un vero paradosso perché i tre grandi
monumenti, forse i maggiori, che sono l’Annunziata, San Menna e il Castello
(che è addirittura monumento nazionale, anche se non significa più niente
ormai) si troverebbero fuori dal centro storico. Eppure, la concezione che si
ha del centro storico è proprio questa ristretta perché in realtà si crede che
sia centro storico lì dove le vie si restringono e le automobili si muovono
come delle intruse. Invece, bisognerebbe coltivare un senso più vero ossia più
storico del centro storico ma per farlo è necessario amare e conoscere la
storia di Sant’Agata dei Goti e avere l’ambizione, magari, di arricchirla
piuttosto che di arricchirsi. Se lo si facesse ci si renderebbe conto che lì
dove sorge il monumento ai Caduti dovrebbe nascere una grande Piazza Castello
con al centro proprio il monumento del 1933. Così Sant’Agata dei Goti avrebbe una
sua bella piazza signorile recuperando alla vita della cittadina il colosso
normanno che oggi è abbandonato a sé stesso nel vento e nel sole come un
soldato morto in battaglia. Una piazza laica, per una volta senza una chiesa,
quella piazza laica che è sempre mancata al paese dei figli dei preti.
Come
si vede, non solo la gassosa Arnone, anche la vita è un’altra cosa.