blog - giancristiano desiderio

Vai ai contenuti

Non solo la gassosa, anche la vita è un'altra cosa

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 21 Giugno 2019
Tags: Sant'AgatadeiGotiArnonegassosaslogan

di Giancristiano Desiderio

La storia della gassosa ha mosso la curiosità di Andrea De Rosa che mi ha scritto una letterina affettuosa ricordando che lo slogan “è un’altra cosa” non riguarda la gassosa ma la Spuma Rosa e io accolgo la cosa assai graziosa con prosa baldanzosa come una notte rosa. Vale la pena, allora, ritornare sul tema bibitaro perché in poche righe, che potete leggere in coda al precedente articolo  - La gassosa Del Tufo e l’estetica della bottiglia -, vi sono non pochi spunti che conviene prendere appunti.

Quanta nostalgia, carissimo preside, in quelle poche righe. Grazie per la citazione di papà e la nostalgia è proprio là: nel ricordo amorevole di un amico, perché l’amicizia, che non è rabbiosa come l’amore, è il più nobile dei sentimenti umani. E forse la nostalgia in questo caso abbraccia più uomini e più amici  - è citato anche Nando Del Tufo -  e si distende nel tempo delle estati fuggite che sono invincibili solo nel calore della memoria mentre si affacciano alla finestra Toni Pin, mitico portiere del Padova, e quel Nereo Rocco che per papà, e credo anche per il suo amico Andrea, era qualcosa di più, molto di più di una grande allenatore di giocatori fino a essere visto come un allenatore di uomini e un maestro di varia umanità. Non è così? Ma sì che è così. Io lo ricordo bene mio padre e gli argomenti che gli riempivano il petto e gli fiammeggiavano gli occhi erano due su tutti: Fausto Coppi e Nereo Rocco. L’animo umano si forma non con mille parole ma con l’esempio dei maestri che non sempre e quasi mai son dietro una cattedra ma per le vie del mondo perché la nostra vita è un fiume nel quale, se vogliamo capirci ed essere qualcosa, è necessario calarsi non solo per risciacquare i panni e la lingua nell’Arno ma anche per far nostri i panni e la lingua altrui, dei padri e dei nonni. Non solo la gassosa Arnone, anche la vita è un’altra cosa.

Lo slogan, senz’altro felice, è casareccio, fatto in casa, senza pretese ma cortese, a rima baciata se è vero che fu ideato per la Spuma Rosa e magari per una bella donna Rosa. Tuttavia, nel tempo lo slogan, che ebbe successo, divenne uno slang, un modo di dire con cui si identificò il marchio stesso di Arnone la cui gassosa risale, infatti, al 1907. Ricordo, ma potrei senz’altro ricordare male, che c’era anche uno spot davvero casalingo in cui il vino era allungato con la gassosa e a farlo era un priore, per cui la dolce bevanda diventava anche “la gassosa del priore”. La gassosa si trovava anche nella salumeria dei genitori di Andrea De Rosa che era una sorta di piccolo santuario dei generi alimentari che stava giusto di rimpetto, nell’angolo a sinistra, al duomo di Nostra Signora dell’Assunta. La salumeria De Rosa, di Vincenzo De Rosa, era ricca di colori e di odori e c’era talmente tanta roba, perfino i salumi e i caciocavalli appesi che avrebbero fatto sorridere Antonio Labriola, che il bancone con la vetrina quasi scompariva sotto i salumi, i formaggi, le olive, il pane, il pesce in tortiera, la pasta, il vino e, appunto, anche la gassosa. Io in questa salumeria ci andavo con mia madre e la cosa oggi mi sembra proprio incredibile: non solo perché ho ancora davanti agli occhi la signora Elvira che fino a tarda età, finché ha potuto, ha servito pane e companatico ma anche perché c’è stato un tempo in cui si andava a fare la spesa nel centro storico fin laggiù e le donne, le madri di famiglia, si caricavano buste piene di salumi, formaggi, pane, pasta, frutta passando da un negozio all’altro, botteghe assiepate com’erano intorno alle scale del Tempio. E’ davvero una roba da non crederci, perché oggi è inimmaginabile poter andare a fare la spesa fin laggiù e l’unica superstite dei tanti negozi che vi erano con le loro cassette di frutta e verdure che si riversavano su via Roma rinfrescandola e vivendola è la signora Teresa  - zi’ Teresa -  , e che il Signore la conservi ancora a lungo come testimone del tempo che non c’è più.

Che peccato, che grande peccato contro Sant’Agata dei Goti. Il centro storico santagatese è un’area commerciale che ha rinunciato alla sua vocazione. Ci si dà sempre tante arie con la storia e la solfa della cultura - più si è fessi e più lo si fa -  e non ci si avvede che la prima forma di cultura è il lavoro e i liberi commerci della frutta e della gola che, purtroppo, sono stati mortificati invece di farne un segno di riconoscimento della stessa arte della stessa storia di Sant’Agata dei Goti. Sarà anche per questo che si stenta a capire anche cosa sia il centro storico e dove inizi e dove finisca. Ecco perché la giusta precisazione dell’amico Andrea  - amico di papà, allievo di nonno e preside del de Liguori per almeno due generazioni di santagatesi e di ragazzi di Dugenta, Limatola, Durazzano, Moiano, Airola - che l’area che gravita intorno all’Annunziata è for’ a Nunziata, in ricordo del fatto che la chiesa sorse extra moenia, è più interessante di quanto non s’immagini. Ancora oggi si sente dire for’ a Nunziata ossia fuori alla Annunziata e il modo di dire ha la sua origine senz’altro intra moenia cioè all’interno delle mura della città. Tuttavia, i modi di dire cambiano nel tempo non solo con il passare delle stagioni ma anche con i cambi di stagione. Il modo di dire for’ mur’ è significativo perché indica le vie che girando intorno a Sant’Agata dei Goti  - che in fondo si fonda su tre strade: una centrale e due esterne collegate da tante spine di pesce -  e che un tempo erano al di là delle mura ma ora, da secoli, almeno a partire dal Settecento, sono al di qua delle mura e, quindi, sono via interne che hanno per confine le case a strapiombo. Il detto, dunque, resta ma cambia significato. Così accade con l’area dello slargo dell’Annunziata: quando nasce il paese nuovo al di là del ponte e le case sono costruite anche sulle colline circostanti, s’inizia a dire abbasc’ a Nunziata che ha, infatti, anche il corrispettivo in italiano giù all’Annunziata e che, del resto, è un calco di abbasc’ a vocc’ ossia giù alla Bocca.

Questa parte di Sant’Agata dei Goti va considerata centro storico o no? Già altra volta ho evidenziato  - si veda anche il libro Storia di Sant’Agata dei Goti nell’età liberale -  che se si considera il centro storico solo con l’inizio di via Roma, allora, nasce un vero paradosso perché i tre grandi monumenti, forse i maggiori, che sono l’Annunziata, San Menna e il Castello (che è addirittura monumento nazionale, anche se non significa più niente ormai) si troverebbero fuori dal centro storico. Eppure, la concezione che si ha del centro storico è proprio questa ristretta perché in realtà si crede che sia centro storico lì dove le vie si restringono e le automobili si muovono come delle intruse. Invece, bisognerebbe coltivare un senso più vero ossia più storico del centro storico ma per farlo è necessario amare e conoscere la storia di Sant’Agata dei Goti e avere l’ambizione, magari, di arricchirla piuttosto che di arricchirsi. Se lo si facesse ci si renderebbe conto che lì dove sorge il monumento ai Caduti dovrebbe nascere una grande Piazza Castello con al centro proprio il monumento del 1933. Così Sant’Agata dei Goti avrebbe una sua bella piazza signorile recuperando alla vita della cittadina il colosso normanno che oggi è abbandonato a sé stesso nel vento e nel sole come un soldato morto in battaglia. Una piazza laica, per una volta senza una chiesa, quella piazza laica che è sempre mancata al paese dei figli dei preti.

Come si vede, non solo la gassosa Arnone, anche la vita è un’altra cosa.



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
Questo sito non è una testata giornalistica: è un blog. Il blog non è un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina di cui all’art. 1, comma III della L. n. 62 del 7.03.2001, quindi ogni singolo blogger è responsabile di quanto scrive.
Torna ai contenuti