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Se ad emigrare sono i settentrionali

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 31 Marzo 2019
Tags: emigrazionesudnordconfindustria

di Luigi Ruscello

Venerdì 22 marzo è stato presentato il docufilm realizzato dalla Fondazione Paolo Cresci dal titolo “Italia addio, non tornerò – I nostri giovani gli emigranti degli anni 2000” e nel trailer si afferma che l’emigrazione italiana è tornata ai livelli del dopoguerra. Poi, nella stessa data, ho letto l’incipit di un post che riporta le espressioni usate dalla giornalista Barbara Pavarotti e il cui tenore era addirittura il seguente: «Circa 300.000 giovani lasciano l’Italia ogni anno. Uno ogni 5 minuti. Negli ultimi 12 anni sono partiti 2 milioni di italiani. Quasi una famiglia su tre ha un figlio all’estero o che pensa di andarci. Un giovane su due vorrebbe andarsene. L’Italia vorrebbe essere lasciata da quasi un terzo dei residenti. Secondo Confindustria questo esodo ci costa 14 miliardi all’anno di perdita di capitale umano.».

Ma è proprio così?

Come al solito, sono andato alla fonte perché ho imparato a non fidarmi, talvolta anche di personaggi insospettabili. Ebbene, ho consultato l’archivio statistico dell’Istat, che ho scaricato per uno studio più ampio, e ho ricostruito la serie degli espatri dal 1876 al 2017.

La scomposizione periodale degli oltre 140 anni, che non è il caso di riportare in questa sede, mostra effettivamente che dal 2007 al 2017 vi è stato un incremento degli espatri. Nel 2007, infatti, se ne ebbero 36mila fino a giungere nel biennio 2016-17 ad un numero tra i 114 e i 115mila. Il totale dell’undicennio, invece, ammonta a sole 774.743 unità. E quand’anche si aggiungessero i 46mila del 2006, per pareggiare il dodicennio, si ha un totale di 821mila. Ed è bene precisare che si tratta esclusivamente degli italiani che lasciano l’Italia.

Non si comprende quindi come si giunga ai 300mila all’anno ed ai complessivi 2 milioni, di cui al post citato.

Ma le sorprese non si fermano qui, in quanto estendendo l’analisi a livello circoscrizionale, cioè Nord, Centro e Sud-Isole, si scopre che, dal 2007 al 2017, ben 398mila appartengono al Nord (51%) 137 mila al Centro (18%) e 240mila al Sud-Isole (31%). Questi numeri, quindi, smentiscono clamorosamente la “vulgata” secondo cui è il Mezzogiorno protagonista della nuova emigrazione.

Ma non finisce qui, in quanto, scendendo ancora di livello territoriale, la sorpresa è ancora maggiore poiché, sempre per il periodo 2007-17, si ottiene che la regione col maggior numero di espatri è la Lombardia con 149mila unità, pari cioè al 19%. E il distacco dalla seconda, la Sicilia, è invero abissale, essendo il valore di quest’ultima meno della metà: 74mila, quasi uguale a quello del Veneto (73mila) e del Lazio (72mila). Per la Campania, che si situa al sesto posto, si hanno 50mila espatri, cioè quasi un terzo della Lombardia.

In definitiva, visti i numeri, sarebbe il caso di chiedersi perché i valori della Lombardia siano così elevati e di ragionare, quindi, in termini complessivi e su presupposti non condizionati dai soliti stereotipi, fermo restando che un certo numero di espatri, specie nell’odierno mondo globalizzato, è ineliminabile.



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
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