di Luigi Ruscello
Venerdì 22
marzo è stato presentato il docufilm realizzato dalla Fondazione Paolo Cresci dal
titolo “Italia addio, non tornerò – I nostri giovani gli emigranti degli anni 2000”
e nel trailer si afferma che l’emigrazione italiana è tornata ai livelli del
dopoguerra. Poi, nella stessa data, ho letto l’incipit di un post che riporta le espressioni usate
dalla giornalista Barbara Pavarotti e il cui tenore era addirittura il
seguente: «Circa 300.000
giovani lasciano l’Italia ogni anno. Uno ogni 5 minuti. Negli ultimi 12 anni
sono partiti 2 milioni di italiani. Quasi una famiglia su tre ha un figlio all’estero
o che pensa di andarci. Un giovane su due vorrebbe andarsene. L’Italia vorrebbe
essere lasciata da quasi un terzo dei residenti. Secondo Confindustria questo
esodo ci costa 14 miliardi all’anno di perdita di capitale umano.».
Ma è proprio
così?
Come al solito,
sono andato alla fonte perché ho imparato a non fidarmi, talvolta anche di
personaggi insospettabili. Ebbene, ho consultato l’archivio statistico dell’Istat,
che ho scaricato per uno studio più ampio, e ho ricostruito la serie degli espatri
dal 1876 al 2017.
La scomposizione
periodale degli oltre 140 anni, che non è il caso di riportare in questa sede,
mostra effettivamente che dal 2007 al 2017 vi è stato un incremento degli
espatri. Nel 2007, infatti, se ne ebbero 36mila fino a giungere nel biennio
2016-17 ad un numero tra i 114 e i 115mila. Il totale dell’undicennio, invece,
ammonta a sole 774.743 unità. E quand’anche si aggiungessero i 46mila del 2006,
per pareggiare il dodicennio, si ha un totale di 821mila. Ed è bene precisare
che si tratta esclusivamente degli italiani che lasciano l’Italia.
Non si comprende
quindi come si giunga ai 300mila all’anno ed ai complessivi 2 milioni, di cui
al post citato.
Ma le sorprese
non si fermano qui, in quanto estendendo l’analisi a livello circoscrizionale,
cioè Nord, Centro e Sud-Isole, si scopre che, dal 2007 al 2017, ben 398mila
appartengono al Nord (51%) 137 mila al Centro (18%) e 240mila al Sud-Isole
(31%). Questi numeri, quindi, smentiscono clamorosamente la “vulgata” secondo
cui è il Mezzogiorno protagonista della nuova emigrazione.
Ma non finisce
qui, in quanto, scendendo ancora di livello territoriale, la sorpresa è ancora
maggiore poiché, sempre per il periodo 2007-17, si ottiene che la regione col
maggior numero di espatri è la Lombardia con 149mila unità, pari cioè al 19%. E
il distacco dalla seconda, la Sicilia, è invero abissale, essendo il valore di
quest’ultima meno della metà: 74mila, quasi uguale a quello del Veneto (73mila)
e del Lazio (72mila). Per la Campania, che si situa al sesto posto, si hanno
50mila espatri, cioè quasi un terzo della Lombardia.
In definitiva, visti
i numeri, sarebbe il caso di chiedersi perché i valori della Lombardia siano
così elevati e di ragionare, quindi, in termini complessivi e su presupposti non
condizionati dai soliti stereotipi, fermo restando che un certo numero di
espatri, specie nell’odierno mondo globalizzato, è ineliminabile.