di Luigi Ruscello
Dopo che il governo il 26 febbraio 2018 ha
regolamentato l’attuazione delle ZES, previste dagli articoli 4 e 5 della L.
123/2017, la Regione Campania, questa volta per prima, ha approvato il Piano di
Sviluppo Strategico.
Al riguardo, essendo uno di quelli che si
sforza di seguire con un po’ di maggiore attenzione tali fatti (e mi scuso per
la presunzione), molto sommessamente mi permetto formulare talune osservazioni.
Innanzitutto, inquadrando il provvedimento
nell’ambito della politica meridionalistica (sic!), osservo che al comma 5,
dell’art. 5, si legge che «Agli oneri derivanti dai commi 2, 3 e 4 valutati
in 25 milioni di euro nel 2018; 31,25 milioni di euro nel 2019 e 150,2 milioni
di euro nel 2020 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo
Sviluppo e la Coesione programmazione 2014-2020». Insomma, al di là della
pochezza delle risorse, con una mano si dà e con l’altra si leva.
Per quanto concerne Benevento, vorrei
ricordare, a cominciare da me stesso, che negli ultimi anni (articolo 37 dl 179/2012
convertito con la legge 221/2012) la Città è già stata oggetto di un
provvedimento similare e non credo che in molti lo rammentino bene o lo
sappiano addirittura. Mi riferisco alle ZFU, cioè alle Zone Franche Urbane, che
hanno interessato i Rioni Ferrovia e Libertà, della nostra Città.
Si è accorto qualcuno, dal punto di vista
della crescita economica, di tale iniziativa? Credo proprio di no. Mi si potrà
obiettare che, se non ci fossero state le ZFU nel Capoluogo, la situazione
sarebbe stata ancora più drammatica. E si potrebbe essere anche d’accordo. Ma,
purtroppo, non mi sembra che siano sorte o si siano trasferite, in entità
significativa, imprese appartenenti al settore economico che viene definito
“industria in senso stretto”.
Ma cosa sono le ZES? In concreto, sono la
riedizione ingrandita delle citate ZFU, con i porti elementi centrali e qualificanti.
Molto sinteticamente, i benefici previsti sono quelli della semplificazione
amministrativa e di esenzioni fiscali per un triennio, nonché una parziale
decontribuzione e un credito d’imposta.
Dalla lettura del Piano regionale, di cui
al BURC n. 26 del 28 marzo 2018, si ricava che nessuna opera è prevista per la
infrastrutturazione delle due aree beneventane; mentre, dal punto di vista strategico,
a pagina 80 si legge che la scelta delle aree
interne è strettamente connessa alla realizzazione dell’Alta Velocità Napoli-Bari
per supportare il trasporto ferroviario delle merci. Ma il completamento di
tale opera avverrà, se tutto procederà, non bene ma benissimo, addirittura nel
2026. E fino ad allora?
Se fosse solo la “fregatura”
dei fondi si potrebbe anche transigere, ma c’è di più. Bisogna registrare,
infatti, l’ennesima beffa ai danni del Mezzogiorno perché, nel dicembre 2017, il governo Gentiloni, con un
emendamento alla legge di Bilancio per il 2018 ha previsto nuove zone franche a
burocrazia zero per attrarre investimenti nei porti del Nord. Si chiamano
«Zls», acronimo che sta per Zone logistiche speciali, e l’unica differenza
rispetto alle Zes sta nel fatto che non hanno il credito d'imposta, ma avranno
le stesse semplificazioni fiscali e burocratiche per attrarre gli investimenti.
Insomma, e per concludere, la “secessione dei
ricchi” è nei fatti e non da ora.