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Cavour e il "debito" meridionale

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 23 Marzo 2019
Tags: Cavournordsuddebitiferrovie

di Luigi Ruscello

Sul quotidiano Il Foglio del 15 marzo è apparsa una divertente intervista a Camillo Benso Conte di Cavour. Il bravo Rocco Todero autore dello scoop, tuttavia, ha cercato di veicolare, piegandole alle sue convinzioni, una serie di notizie sulla situazione attuale mediante l’autorevolissimo parere di Cavour.
Una delle domande che più mi hanno colpito riguarda il debito pubblico e in particolare le spese per gli investimenti.

Infatti, alla obiezione “Eh no, Cavour, questo non può dirlo. Proprio lei che indebitò il Piemonte all’inverosimile, non può deridere i governi italiani sull’eccesso di debito pubblico”, fa rispondere che “… con quel denaro costruimmo 400 chilometri di ferrovie. Ha capito? E potrei aggiungere: fabbriche dappertutto, il traforo delle Alpi, le banche, l’arsenale a La Spezia. Noi col debito realizzammo le infrastrutture indispensabili a sostenere l’economia di un Paese moderno!

Tutto vero, per carità! Ma, se da un lato, ci sono le lodi di Einaudi, in quanto, mediante il debito, anticipava l’accrescimento della produttività nazionale, dall’altro si pone Nitti che evidenziava i limiti elevatissimi delle imposte piemontesi e che il regime fiscale rappresentava una serie di sovrapposizioni continue fatte senza criterio; con un debito pubblico enorme, su cui pendeva lo spettro del fallimento. Già all’epoca, dunque, si parlava di default!

L’elemento decisivo, però, è un altro: quel debito da chi fu ripagato? Il buon Pietro Maestri ci fa apprendere che quando il Conte Bastogi istituì il Gran Libro del Debito Pubblico, il totale del Regno d’Italia era pari a 2,4 miliardi di lire dell’epoca e che di essi ben 1,3 facevano capo agli Stati Sardi. Cosicché, il 54,4% del debito fu ripagato dall’intero Regno e principalmente dai meridionali, che non ne avevano beneficiato affatto.

Il sistema fiscale adottato dai piemontesi fu esteso infatti a tutto il Regno, creando notevolissime differenze, tanto che lo stesso Sacchi, nominato da Cavour Segretario Generale delle Finanze di Napoli, dovette riconoscere che, per la prima e la più importante delle risorse dello Stato, cioè la fondiaria, il sistema di percezione colà vigente era incontrastabilmente il più spedito, semplice e sicuro che si avesse forse in Italia.
L’argomento che più mi interessa, invece, e che comprova maggiormente quanto sostenuto prima, è l’affermazione che con quel denaro furono costruiti 400 Km di ferrovie. Ma dove? E qui casca nuovamente l’asino, in quanto le opere furono realizzate, per quanto ovvio, proprio negli Stati Sardi.

Ma il problema non si ferma qui, e di ciò Cavour non ha colpa, perché dal 1862 al 1898, nel Settentrione furono spesi 1,1 miliardi di lire per opere ferroviarie contro i 500 milioni del Sud. Tradotti in lire pro capite i predetti importi diventano 81,62 al Nord e 55,92 al Mezzogiorno continentale.

Vi sembra che oggi sia cambiata qualche cosa o è ancora peggio?



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