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Cotarella, dio e demonio

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 28 Febbraio 2019
Tags: Cotarellavinouniversitàeconomia


di Antonio Medici

Riccardo Cotarella, l’enologo di fama mondiale che riceverà oggi la laurea honoris causa in Economia e Management dall’Università degli Studi del Sannio, è un perfetto uomo di vino. Non perché, lavorando nell’intero mondo con la sua società di consulenza fondata nel 1981, realizzi i migliori vini del mondo, piuttosto perché è l’incarnazione vivente della duplicità che il dio greco Dioniso conferì al suo dono sin dall’origine e che è rappresentata dal mito di Icario.
 
 Il vecchio e misero pastore attico, in cambio della generosa accoglienza offerta al dio, ricevette da questi un germoglio di vite, la sapienza per coltivarla e la tecnica per ricavarne vino. Icario finì, però, ucciso da altri pastori, i quali avendo bevuto in eccesso ed avvertendo di perdere il senno, credettero di essere stati avvelenati. “Dioniso diede agli uomini gioie e tormento”, così scrisse Esiodo.
 
 Riccardo Cotarella ripropone nella contemporaneità gioia e tormento, rappresentando al contempo un’autorità indiscussa nel campo dell’enologia e un demonio per il terroir, ovvero per quella caratteristica che lega intimamente le caratteristiche organolettiche di un vino al terreno e al territorio in cui sono allevate le uve. Cotarella dona profitti e stellette nelle guide mondiali ai clienti che scelgono di pagare le sue notoriamente onerose parcelle, ma intanto li espone al malcelato disprezzo dei fautori dei vitigni e dei vini autoctoni.
 
 La firma dei suoi vini è scritta, infatti, col linguaggio dei vitigni erranti, come potremmo designare le varietà internazionali che più facilmente si adattano a qualsiasi territorio. Mister Merlot è il nomignolo attribuito, non per caso e con una punta di disprezzo, al grande enologo umbro dai non pochi accaniti suoi nemici. Gli è imputata una certa spregiudicatezza nel corrompere le caratteristiche più autentiche dei vitigni territoriali, limandone forzatamente il carattere con un abuso del vitigno girondino, generoso di seducenti connotati gustativi.
 
 In una intervista di qualche anno fa, del resto, ha dichiarato che i suoi insuccessi sono legati tutti alle zone vocate, ovvero ritenute vocate.  
 
 Con la sua impronta, che si vuole omologante, però, Cotarella ha conquistato il mondo e conferito dignità vinicola internazionale a territori che non ne avevano. Se oggi la fama della Campania e del suo Aglianico ha una dimensione planetaria lo si deve anche al successo del Montevetrano, un vino realizzato da Cotarella agli inizi degli anni novanta del secolo scorso. L’Aglianico tagliato col Cabernet Sauvignon (altro vitigno errante) e il Merlot, stupì i grandi critici internazionali e per questa via emancipò l’immagine della viticoltura dell’intera regione.
 
 Non si contano le cantine mondiali che si sono avvalse della sua opera, così come i personaggi di levatura internazionale che, investendo i profitti di altre carriere, hanno deciso di produrre vino con la sua consulenza: Bruno Vespa, Massimo D’Alema per rimanere in Italia, Boris Titov, ganglo imprenditoriale del potere putiniano, per passare alle grandi potenze internazionali.
 
 Nel 2017 la Repubblica di Francia lo ha insignito della onorificenza di Chevalier de l’Ordre du Mérite Agricole.  
 
 L’azienda vitivinicola di famiglia, Falesco, è oggi una scuola di alta formazione enologica.  
 
 Accanto alle sue prestigiose cariche e alle amicizie importanti, Cotarella, da gran manager di se stesso, ha saputo ritagliarsi anche il ruolo di benefattore, con le attività svolte per la comunità di San Patrignano e per la cantina Cremisan in Palestina, retta da salesiani in cui si formano tecnici palestinesi.  
 
 Nel Sannio, Cotarella, impegnato con la cantina sociale di Guardia Sanframondi, La Guardiense, ha imposto un modello di alta managerialità e professionalità, capace di delineare strategie produttive che hanno aperto ai vini dei cooperatori guardiesi mercati nuovi e impensabili sino a pochi anni fa. I traguardi commerciali e gestionali della cooperativa sannita rappresentano, d’altro canto, un bechmark e un esempio virtuoso per quelle aziende interessate alla produzione di vini di grande gradevolezza seppur di minor peso identitario.
 
 Lo stile dei vini del Satana dell’identità può essere sgradito e ben si può criticare la sua filosofia, ciò che non si può disconoscere è il suo talento di-vino nel realizzare bottiglie che donano piacere a fette rilevanti di consumatori e ricchezza a chi li produce.  
 
 Cotarella è dio e demonio, e ciò conferma la sua grandezza.
 



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