di Giancristiano Desiderio
La campagna elettorale infinita, finanziata dagli
italiani nell’anno I dell’era del Cambiamento, passa sotto lo striscione
dell’ultimo chilometro di un’altra tappa del Giro d’Italia: le europee senza
Europa. Domenica sapremo finalmente quanti voti avrà il Capitano e quanti voti
avrà l’Illuminato. Tuttavia la domanda decisiva, formulata direttamente dalle
tasche sempre degli italiani, non è quanto consenso avranno, ma cosa ne
faranno? Fino ad oggi il Capitano e l’Illuminato lo hanno usato solo prima per
amarsi e poi per armarsi l’uno contro l’altro.
A volte i dialoghetti e gli insulti tra il ministro
degli immigrati e il ministro del sottosviluppo sono proprio illuminanti.
Matteo: “Abolire il reato d’abuso d’ufficio? Sì.
Abbiamo paura di firmare gli atti”.
Luigi: “Abolire l’abuso d’ufficio? Il governo va
avanti ma più lavoro e meno stronzate”.
Ora, come si può capire, il reato che va abolito, e
per farlo non serve una legge, è il reato di abuso della pazienza degli
italiani. Perché, soprattutto per l’extra-comunitario Salvini, proprio questo è
il punto: il consenso sale, le aspettative crescono, ma i risultati non si
vedono. L’esperienza, la storia e la cronaca ci dicono che ci sono, al
riguardo, precedenti chiari e pericolosi. Fino a quando l’elettorato leghista,
che è quello che tira la carretta Italia, potrà ancora aver pazienza? Capitano
avvisato mezzo salvato.
A proposito di stronzate e di abolizioni. Ma Di Maio,
illuminato da una conoscenza superiore, ha abolito la povertà? L’ha aumentata.
Qualunque sia il giudizio sul governo Conte, è evidente che i conti tornano
solo in peggio: il governo dei nazionalsocialisti ha preso in consegna
l’azienda-Italia un anno fa e ne ha aumentato i debiti che dovranno essere
pagati con il gioco delle tre carte: patrimoniale, Iva, deficit.
Il voto europeo di domenica è l’inizio della fine. Ciò
che finirà sarà quella che Giuseppe Marotta chiamava l’oro di Napoli: la
pazienza.
Concludo con un altro dialogo che rubo a Ennio Flaiano
e Federico Fellini. E’ davvero illuminante e lo riadatto per l’occasione.
Si
incontrano davanti a un bar di Roma un populista e il popolo.
POPULISTA: “Oh, a Po’’”
POPOLO: “Che vvòi?”
POPULISTA: “Vàttela a pjà ‘nder culo”
Pausa
POPULISTA. “A Po’, no, stavo a penzà ‘na cosa”.
POPOLO: “Cosa?”
POPULISTA: “Perché non te la vai a pjà ‘nder culo?”.
Nuova pausa
POPULISTA: “A Po’”
POPOLO: “Oooh!”
POPULISTA: “Lo sai chi t’ho incontrato, ieri?
Moccoletto. E sai che m’ha detto?!”.
POPOLO: “No!?”.
POPULISTA: “M’ha detto che te la devi andà a pjà ‘nder
culo!”.
La morale del dialoghetto, che potete adattare alle europee e alle amministrative, è chiara: Fino a quando il
populista potrà abusare della pazienza del popolo che prende per il culo?