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I pastori, le pecore e il lupo

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 28 Febbraio 2019
Tags: pastorisardipecorelupo

di Giancristiano Desiderio

I pastori sardi hanno grandi difficoltà a vendere il latte di pecora ad un prezzo per loro conveniente e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha espresso loro solidarietà facendo sapere che non sono soli e che si troverà un modo per superare la regola della domanda e dell’offerta. In Sardegna sono in corso le elezioni regionali, l’affluenza è alta e stamane ad Orune, nella provincia di Nuoro, i pastori hanno bloccato un’autocisterna che trasportava latte, hanno fermato il conducente e hanno riversato il latte sulla strada. Gli uomini hanno agito a volto coperto e con le armi in pugno. Il ministro Salvini darà loro ancora solidarietà e comprensione?

La domanda è legittima e per nulla retorica. Il leader della Lega, del resto, sempre stamane è intervenuto nel cosiddetto “silenzio elettorale” e ha dichiarato “oggi vinciamo in Sardegna come abbiamo fatto in Abruzzo e Molise, a Trento e Bolzano”. Proprio il ministro dell’Interno ha il dovere e il compito istituzionale di vigilare con discrezione ma con rigore sulla regolarità delle elezioni per consentire che tutto si svolga secondo legge. Ma cosa accade se è proprio il ministro che ha la responsabilità della guida del Viminale il primo a non rispettare la regola aurea del “silenzio elettorale”?

Forse, i pastori sardi nel concepire l’assalto al camion-cisterna, mascherati e armati, avranno pensato di avere dalla loro parte anche il ministro dell’Interno? Chissà. Non ho la capacità di entrare nelle teste degli altri. Tuttavia, il problema esiste per un motivo semplice e concreto: Salvini non solo va spesso e volentieri al di là dei suoi effettivi compiti istituzionali, ma addirittura usa la sua stessa funzione per trasgredire quelle stesse norme che lui stesso dovrebbe rispettare e far rispettare. L’uso che ha fatto finora delle varie divise d’ordinanza, dalla polizia ai carabinieri alla guardia forestale ai pompieri, assume qui un rilievo significativo fino a diventare una metafora del suo modo tracotante di interpretare il ruolo di responsabile dell’ordine pubblico. E’ un problema serio perché l’ordine ha bisogno di discrezione e di esempio, altrimenti a lungo andare si perde autorevolezza e persino autorità e l’ordine con una capriola si capovolge in disordine.

E’ il caso che qualcuno nella Lega, magari il più saggio Giorgetti, glielo faccia notare. Può darsi che Salvini sia esaltato per i numeri dei sondaggi e per le facoltà di Luigi Di Maio e del suo Movimento di essere sempre sotto scopa. Eppure, non ci vuole molto a capire che la fortuna di Salvini nasce dalla sua posizione che gli permette di giocare su due tavoli  - quello nazionale e quello locale -  e con due forni: quello grillino e quello del centrodestra. Basterebbe chiudergli un forno per ridimensionarlo. Prima o poi accadrà. Accadrà quando nessuno ci penserà. Accadrà in modo naturale. Forse, accadrà per reazione agli stessi insoliti abiti istituzionali indossati da Salvini. La politica di Salvini è semplicemente illiberale e inutilmente illiberale: i risultati sull’immigrazione ci sarebbero stati anche solo continuando le politiche del suo predecessore Minniti, mentre i risultati disastrosi sul piano economico non ci sarebbero stati se il governo giallo-verde non avesse adottato provvedimenti di evidente demagogia. Togliere la fiducia a Salvini è il compito non più derogabile dei moderati e dei liberali. Non è più tempo di fare le pecore dietro Salvini che, per la pazienza altrui e la fiducia malriposta, crede erroneamente di essere un lupo.

(l’articolo è stato scritto domenica 24 febbraio 2019)






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