di Giancristiano Desiderio
La storia del Covid-19 ruota, fin da quando è
iniziata, intorno a tre concetti e tre fatti: governo, vita, libertà. L’effetto-sorpresa
del virus, che pur circolava dall’autunno scorso, ha indotto l’esecutivo ad
assumere una decisione drastica del tipo “a mali estremi, estremi rimedi”. La
decisione è stata questa: assicurare la vita eliminando la libertà attraverso
un governo assoluto. Fin da subito, insieme con pochissime altre mosche
bianche, ho protestato e criticato mostrando che l’eliminazione della libertà avrebbe
avuto un effetto contrario a quello desiderato: non guarigione ma malattia, non
sicurezza ma insicurezza. Infatti, chi pensa che la vita possa essere resa
sicura tramite un governo totale ritiene che la vita sia immune ma, al
contrario, siccome la vita per sua natura non è immune accade che non solo non
si riesca a immunizzarla ma, eliminando la libertà, si perda anche quel po’ di
sicurezza che proprio la democrazia liberale con il suo governo temperato
garantisce. Insomma, il perfetto marchingegno totalitario tipico del Novecento
che, mutatis mutandis, si è ripresentato all’inizio del nuovo millennio
su scala mondiale, con caratteristiche tecnocratiche e sul terreno sanitario.
Una trappola nella quale cade chi la escogita.
La cronaca di questi giorni – dal discorso di Conte
che parla come un despota illuminato del 1700 al delirio del commissario
Arcuri, dalle posizioni, finalmente, di alcuni costituzionalisti come Cassese e
Baldassarre ai silenzi e ai giudizi della Cartabia, presidente della Corte
costituzionale, che asseconda gli atti incostituzionali del governo, fino alla
palese impreparazione della cosiddetta Fase 2 – dimostra in modo evidente che l’Italia
non solo è di fatto caduta in un regime illiberale ma vi è stata condotta per
mano dal governo e dagli Italiani mossi dallo strabiliante convincimento che
non solo si possa ottenere sicurezza senza libertà ma che, addirittura, si
possa salvare la libertà rinunciandovi. Dimostrando così che gli studi
scolastici e accademici di filosofia e di diritto non sono serviti a nulla – e questo
è quasi scontato – ma che anche la stessa esperienza della storia politica
italiana è del tutto vana. Non a caso è proprio dalla cultura antifascista,
quella abituata a lanciare ogni settimana almeno tre allarmi di fascismo alle
porte, che è venuto il maggior entusiastico appoggio alla nascita del nuovo
autoritarismo italiano. A conferma, se ce ne fosse bisogno, che non basta essere
antifascisti per essere democratici e che nella cultura italiana è del tutto
assente la necessaria coscienza anti-totalitaria sia della politica sia della
cultura.
Il governo assoluto è allo stesso tempo un mito e un
abuso. Un mito perché promette ciò che non può. Un abuso perché esercita il
potere al di là della sua legittimità. Mi sia permesso dirlo con un brevissimo
dialogo:
A : “Tu che difendi la
libertà, che certezze hai per la sicurezza della vita?”.
B: “La questione non è che certezze ho io. La
questione è che chi toglie la libertà per la sicurezza garantisce una certezza
che non ha”.
A: “Un’illusione?”
B: “Può essere tante cose:
illusione, alibi, inganno, autoinganno. Ma una cosa è certa”.
A: “Ah, ecco: quale?”.
B: “È un rimedio peggiore del
male. Ecco perché tutto ciò che accade deve accadere nella libertà”.
La mitologia di governo ha
insistito molto, attraverso una grande operazione retorica tramite televisione
e social, sulla responsabilità. Ma siccome la responsabilità è individuale e
non collettiva si è generato un effetto contrario: si è riusciti a
deresponsabilizzare gli italiani i quali non sono più attivi ma passivi, non
più cittadini ma sudditi. Il governo assoluto, anche con l’uso delle scienze
sociali come sociologia, psicologia, economia, comunicazione, ha voluto il
controllo totale ma alla fine, come è evidente, ha ottenuto una situazione
fuori controllo che rincorre con provvedimenti illegittimi, abusivi, stupidi.
Che le scienze sociali, con gli immancabili esperti, facciano parte della partita
non c’è da stupirsi visto che per loro statuto si occupano del controllo del
comportamento umano e non hanno in conto la vitale libertà delle scelte. In
altre parole, il governo entrando in una materia nella quale non sarebbe mai
dovuto entrare e che avrebbe, invece, dovuto garantire – la libertà, le libertà
– si è di fatto sostituito a Dio. Non è un caso che le chiese sono chiuse, che
le forze dell’ordine sono arrivate sull’altare, che la libertà religiosa è
soppressa. Lo Stato si è fatto Chiesa, il potere temporale ha mangiato il
potere spirituale e lo stesso pontefice, dimenticando di essere non solo “solo”
ma anche soltanto il vicario di Cristo e non Cristo ha consegnato il divino al
governo. Insomma, ci troviamo innanzi a un peccato di idolatria con cui non
solo si profanano le cose sacre ma si sacralizzano indebitamente le cose
profane. Con il risultato drammatico, ai fini pratici, che il governo, sia di
Roma sia delle Regioni, non riesce a garantire nemmeno quella sicurezza minima
o relativa che sarebbe, questo sì, suo compito specifico garantire.
Questi sono i mali del
governo dei padreterni, come si esprimeva Einaudi, ossia di quei governi che
tralasciano le cose di loro competenza e si dedicano alle cose impossibili
generando così mostruosità. Si ritiene che la libertà sia piacere, arbitrio,
benessere mentre è prima di tutto dovere, lotta, fatica con cui si ottengono a
volte benessere, ristoro, pace. L’idea che ognuno di noi debba fare il proprio
dovere e che il resto appartiene agli deì o alla vecchia cara
provvidenza cristiana è stata del tutto rimossa e si preferisce credere all’idolo
della soluzione definitiva. Ma è proprio questo il male assoluto - la hybris,
la tracotanza - dal quale guardarsi. Il vecchio filosofo, Croce – perché la
filosofia pur serve a qualcosa, eccome se serve – lo diceva con queste parole
mirabili: “Qual uomo, del resto, per sicuro che si senta dell’alta sua capacità
intellettuale e politica, o per superbo concetto che nutra di se stesso, qual
uomo che non sia folle, accetterebbe di decidere, se un Dio gliele ponesse tra
le mani, le sorti del mondo, arrogandosi di regolarle con tal criterio che
invano poi cercherebbe nella sua mente, perché l’unico criterio in questo caso
è il processo delle cose stesse?”.
Il governo dei padreterni si
è arrogato questo potere e non vedendo che libertà e umanità sono la medesima
cosa sta mortificando l’umanità già sofferente di suo.