di Giancristiano Desiderio
Il governo, attraverso una delle sue bellissime task
force, vuole che i cittadini scarichino sul telefonino un’applicazione che li
possa monitorare e “mappare”. L’App, credo si chiami Immuni, non sarebbe
obbligatoria, tuttavia chi decidesse di non averla non potrebbe muoversi
granché. Si potrebbe muovere solo il controllato perché lo farebbe con un
guinzaglio al collo. Ci troviamo palesemente in un mondo capovolto: non sono
più i liberi cittadini a controllare il potere ma, al contrario, è il potere a
controllare oltre misura i cittadini. Io credo che serva un’applicazione
per controllare il governo e non un’applicazione per controllare i cittadini
(ammesso che ce ne siano ancora). E’ la elementare differenza che c’è tra una
democrazia liberale e un regime totalitario verso il quale stiamo
progressivamente scivolando. L’applicazione serviva prima, molto prima per
essere usata come mezzo di controllo e contrasto dell’epidemia individuando i
positivi al Covid-19. Ora, invece, sarebbe solo un mezzo di controllo fine a sé
stesso nelle mani di uno Stato che già ci controlla fin troppo dalla culla alla
tomba.
Il potere, nelle fasi di emergenza, amplia sempre la
sua sfera di azione. Gli stessi cittadini chiedono protezione e così
allargandosi il potere statale accade che la sicurezza divori la libertà. Ma i
rapporti tra sicurezza e libertà sono molto delicati. Il potere statale,
infatti, una volta che l’emergenza è passata non fa quasi mai un passo
indietro. Così ciò che è nato come provvisorio diventa definitivo, ciò che
doveva durare solo a tempo determinato rimane in pianta stabile. La libertà,
una volta ceduta, non si sa quando sarà ripristinata o riconquistata. La sicurezza,
che si è affermata a discapito della libertà, non molla la presa e la società
si ritrova a vivere in un continuo stato eccezionale in cui il potere statale è
nella sostanza fuori controllo. E così non solo si perde la libertà ma anche la
sicurezza. Infatti, una volta passata l’emergenza, la sicurezza non è più tale
dal momento che non c’è più il pericolo, ma restando in servizio permanente
effettivo è ora proprio l’eccesso di sicurezza che si trasforma in insicurezza.
Il pericolo è ora rappresentato proprio dalla sicurezza che diventa insicura.
Non è, forse, questa l’attuale condizione dell’Italia?
Tutta questa storia, da quando è iniziata e ancora da
prima, ruota intorno al mito dell’immunità che nessuno, né un governo né un
Dio, ci può garantire senza ucciderci o disumanizzarci. Si tratta di un mito
utopico che, come tutte le utopie, quando trova applicazione si trasforma in
distopia: in una forma distorta e disastrosa di realtà. L’unica cosa che un
governo può fare in tempi di epidemia è provare a non aggiungere danno a danno.
Purtroppo, come sappiamo, il governo ha aggiunto danno al danno e tuttora
continua sulla strada del peggio. La scelta del cosiddetto lock down avrebbe
dovuto avere come suo scopo il recupero del tempo perduto. Invece, siamo giunti
quasi alla fine di aprile e già sappiamo che abbiamo perso solo tempo. L’unica
cosa chiara della Fase 2 è che siamo impreparati come nella Fase 1: se ci sarà
un nuovo contagio non siamo in grado di controllare l’epidemia sul territorio.
Il lock down non è servito a organizzarci ma a perdere libertà e impoverirci
materialmente e spiritualmente. Così ora il governo, sempre tramite una delle
sue bellissime task force, fa sapere che si potrebbero fare anche test
psicologici ai cittadini per capire se siamo ancora in grado di sopportare il
lock down. Anche in questo caso, io credo che il test psicologico vada fatto al
governo. Oppure organizziamoci e troviamo l’unica task force necessaria al
momento: quella che manda a casa il disastroso governo Conte.