di Giancristiano Desiderio
Durante l’epidemia
dell’inverno e della primavera, che sembra esser passata invano, abbiamo
vissuto una forma di dispotismo condiviso e terapeutico. Le funzioni di governo
sono state esercitate attraverso decretazioni del presidente del Consiglio –
come avviene ancora tuttora – che tutto il Paese, insieme con la Chiesa, ha
accettato passivamente. Gli editti statali hanno assunto un valore quasi
religioso, sacrale, dogmatico. Il valore della Salute è stato reso assoluto.
L’informazione – la stampa, la televisione, il gran mare dei social – ha spesso
e volentieri alimentato la paura invece di razionalizzarla e addomesticarla,
addolcirla. La libertà non solo ne ha sofferto ma è stata persino negata e
individuata come un ostacolo di cui sbarazzarsi per garantire ciò che nessuno,
nemmeno Dio, può garantire con assoluta certezza: la sicurezza di una vita
invulnerabile. E, allora, ecco la domanda che ci dovrebbe togliere il sonno e
che invece neanche viene formulata: chi può assicurarci che ciò non si ripeterà
e che lo stato d’emergenza, sostituito allo Stato di diritto, non possa essere
istituzionalizzato?
L’interrogativo è posto
con grande lucidità nell’ultimo libro di Aldo Maria Valli ora edito dalla Liberilibri
di Aldo Canovari: Virus e Leviatano. Ve ne consiglio vivamente la
lettura. Perché le cose che sono accadute in Italia in questi mesi – e,
sottolineo, in Italia perché altrove pur accadendo cose straordinarie non sono
mai arrivati fino al punto di una “svolta autoritaria” – le dobbiamo ricordare
bene per, se ne siamo capaci, trarne la giusta lezione. In pochissimo tempo,
pochi giorni, forse due minuti, l’Italia nel tentativo maldestro di contrastare
una situazione medico-sanitaria, è stata trasformata da democrazia
rappresentativa in regime dispotico. Dice giustamente Valli: “Se una svolta
autoritaria è avvenuta in così breve tempo e senza opposizione di sorta, cosa
impedisce che possa avvenire di nuovo, magari riutilizzando un altro allarme
riguardante la salute pubblica?”. E, infatti, la seconda volta – la “seconda
ondata” – è già arrivata e noi siamo ancora una volta alle prese con uno
scambio immondo tra sicurezza e libertà che, in realtà, è un sofisma, un
inganno e persino un autoinganno perché senza libertà non c’è nessuna
sicurezza, nessuna salute, nessuna vita.
Tuttavia, se questa
situazione di involuzione dalla democrazia alla democratura si è facilmente
imposta e si ripropone è perché proprio la nostra cultura democratica era già
malata o ferita a morte. Il dispotismo che è nato in Italia in due minuti tra
febbraio e marzo è un particolare tipo di dispotismo in cui le vittime invocano
il carnefice. Aldo Maria Valli lo definisce così: dispotismo statalista
condiviso e terapeutico. Detto in due
parole: il dispotismo oscurantista è voluto dagli stessi Italiani, sempre
cantori dell’antifascismo ma ignari dell’anti-totalitarismo, che sono favorevoli
a mettere da parte le garanzie costituzionali per affidare il proprio destino a
uno Stato trasformato in una sorta di divinità capace, secondo le volontarie
vittime sacrificali, di salvarli dal virus. Un perfetto sistema di auto-inganno
che diventa un alibi collettivo. Giustamente Valli pone in esergo al testo una
frase attribuita al cardinale Carlo Carafa: Vulgus vult decipi, ergo
decipiatur ossia Il popolo vuole essere ingannato, e allora sia ingannato.
E’ questa la condizione culturale in cui versa l’Italia? E’ doloroso
ammetterlo, ma rendersene conto è già fonte di salute.
Ma che cosa può spingere
un popolo a suicidarsi per la paura di morire? La cattiva informazione. In
Italia ne abbiamo avuta e ne abbiamo tanta. I giornalisti, molti, tanti, per
fortuna non tutti, invece di essere i cani da guardia della libertà e della
costituzione – che è sempre la costituzione un tempo definita “la più bella del
mondo” – si sono trasformati in cani da guardia della volontà del potere
illimitato e illusoriamente salvifico. La conseguenza è che un problema di
ordine sanitario e, dunque, da affrontare con strumenti e risorse mediche e
critico-scientifiche, è stato trasformato in una questione
politico-istituzionale in cui ciò che realmente vale e conta, libertà e lavoro,
è stato rovesciato in disvalore e presentato come un impedimento di cui
sbarazzarsi per rimettersi all’unica volontà valida e salvifica: il Leviatano
terapeutico. Una follia.
Il meccanismo infernale,
vecchio come il cucco, funziona così. La Salute è il valore supremo a cui tutto
va sacrificato. La libertà va immolata perché è addirittura l’origine del male.
Il Terrore è l’arma della persuasione. La narrativa dei mezzi di informazione
demonizza, marginalizza, esclude chi critica e dissente. Il dispotismo
condiviso non tollera il dissenso che è alla base di ogni democrazia mediamente
decente. Questo è il ritratto del Leviatano terapeutico che, come si vede, ha i
tratti visibili della vecchia ideologia comunista. Ma il mostro, come tutti i
Leviatani, non tarderà a divorare i suoi figli, i suoi ideologi, le sue vittime
che chiedono salvezza al carnefice.
(tratto dal www.nicolaporro.it)