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La forza visionaria della Terza Telese

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 25 Gennaio 2020
Tags: TeleseJacobelliterme

di Alessandro Liverini

Nel mio ultimo lavoro “Telese moderna. Protagonisti e storie della terza comunità telesina”, edito dalla casa editrice “Edizioni 2000Diciassette”, ho sostenuto una precisa tesi storiografica: che la Telese contemporanea - la Telese che noi oggi abitiamo - non sia l’effetto storico dell’autonomia comunale (ottenuta nel 1934 per distaccamento dal Comune di Solopaca) bensì la definitiva affermazione di una comunità sociale-politica-economica - la “Telese moderna” appunto - la quale, da un lato si pone quale causa dell’autonomia comunale del 1934, dall’altro lato costituisce la riemersione (direi pure, la continuazione) della Telesia antica (rectius, romana) e della Telesis nova medievale.

Sia detto, incidentalmente, che la collocazione topografica della Telese altomedievale antecedente alla Telesis nova (questa, di sicuro, riedificata nell’attuale località episcopio di Telese Terme) rappresenta un problema storiografico ancora aperto. Segnatamente, si dibatte ancora sul “se” il capoluogo del gastaldato longobardo (la Telese alto-medievale appunto) - prima preso d’assalto e distrutto dai saraceni nel IX secolo d.C., poi ricostruito “in planitiem sui cognominis” (la Telesis nova appunto) - si trovasse già nell’area attualmente pertinente alla Telese contemporanea (Grassano, Potechelle, Episcopio) oppure “se” fosse collocata all’interno e nelle pertinenze delle mura romane (dunque nell’area attualmente pertinente a San Salvatore Telesino).

Tanto precisato, ritengo che - quale che sia la precisa collocazione topografica della Telese alto-medievale (se, per intenderci, nella odierna San Salvatore Telesino ovvero nella odierna Telese Terme) - non possa essere revocato in dubbio il fatto che la Telese medievale (che io ho definito la “seconda Telese”) sia entità storica unitaria collegata alla Telesia romana da un elemento specifico: fino al 1349 (l’anno del terribile terremoto) essa gioca il ruolo di baricentro geografico-politico-economico-religioso dell’intero Sannio Telesino (nel triangolo definito dai fiumi Calore Volturno e Titerno). Ne sono testimonianza gli importantissimi Statuti di Telese risalenti al XIV secolo, la prima diocesi con la cattedrale e le documentate donazioni dei fedeli ai monasteri di San Vincenzo al Volturno e Montecassino.

Da quel momento in poi, però, lentamente Telese declinò. Iniziò un processo storico centrifugo, che condusse al suo svuotamento e alla implementazione urbanistica-demografica-economica dei vici e dei castra limitrofi (Solopaca, San Salvatore, Puglianello, Castelvenere, Cerreto, Guardia, San Lorenzello). Resistettero a Telese solo pochissimi contadini. E i mugnai, la cui attività, come ho sostenuto in una recente pubblicazione, non subì soluzioni di continuità.

Il mito di una grande Telese, però, non si estinse e attraversò i secoli nella mente e nel cuore degli abitatori e dei frequentatori di queste terre.
Si pensi al feudatario Cristoforo Grimaldi, il quale, nel 1572, comprò e infeudò Telese e assunse l’obbligo di riportarla agli antichi fasti. Libero Petrucci, nel volume “Storia di Telese”, ci dice che il Grimaldi “ergé a sé un Palazzo … costruì molte case …. cinse o meglio rifece le mura antiche, e dopo chiamò delle famiglie da’ Comuni limitrofi per aumentare il numero de’ Cittadini”. Sempre il Petrucci sostiene che tutto ciò era testimoniato da una “lapida, che prima esisteva in Telese sul ponte, che dà il passaggio alle acque, che animano i molini” (e che poi nel 1846 fu trasportata a Napoli nella villa del marchese di Pietracatella Don Giuseppe Ceva Grimaldi) e che suonava così: “Vetustiss. Samnitum / Telesium / Viris RomoaldoR. Cladib / Funditus eversum / Cristofarus Grimaldi / Incolis et muris /Restituit”.
Si pensi, inoltre, ai locali movimenti massonici e carbonari ottocenteschi, i quali, pur orbitando attorno ai centri di Cerreto e Guardia Sanframondi, assunsero il nome di “Telesini risorti”.

Ebbene, come ho avuto modo di sostenere nella mia ultima opera, con l’eversione della feudalità, all’inizio del XIX secolo, il processo storico centrifugo si trasforma in processo storico centripeto. Inizia a vivere la terza Telese, la Telese moderna. Grazie alla liberalizzazione della proprietà terriere, all’opera visionaria di Achille Jacobelli, al passaggio della ferrovia, alla scoperta delle proprietà delle acque solfuree, Telese inizia a vivere una nuova vita. Libero Petrucci, chiude la sua opera più importante - Storia di Telese - cogliendo la fase embrionale di questo enorme processo storico. Della Telese di metà ottocento scrive: “è un decennio che il Cavaliere Achille Jacobelli di S. Lupo avendo comprato i molini, e la Taverna, ha pensato al Paese. Egli oltre di aver aumentate le macine de’ molini, oltre di aver aggiunte altre fabbriche servienti alla sega de’ marmi idraulici, che ivi ha stabilito, oltre di aver nettato i corsi, e coverti, che in qualché maniera sonosi diminuite l’esalazioni miasmatiche, oltre di aver tolto i stagni, che impaludavano nell’Abitato, ha reso Telese il centro di tutte le Strade Regie di questi contorni. Ora si sta principiando la ferrovia, che avrà una delle Stazioni in Telese. Chi conosce Telese un decennio dietro resta meravigliato de’ miglioramenti, che si sono eseguiti, e può dirsi che Telese sia risorta nuovamente a vita Civile”.

I paesi limitrofi si svuotano e Telese cresce. Non è per mero caso se oggi Telese sia l’unico comune della zona in crescita demografica. Ciò è la risultante di un processo storico che inizia nel XIX secolo.

Se tutti gli attori politici e sociali della zona avranno la capacità o il coraggio di comprendere che questo processo storico è ineluttabile, e lavoreranno a consolidare la centralità di Telese, facendo massa critica per competere con altri territori sul livello regionale e nazionale, allora potremo sperare nel successo di tutta la nostra parte di Sannio. Se, invece, continueranno - gli attori politici e sociali dei paesi limitrofi - a lavorare in direzione contraria, illudendosi di per ostacolare questo processo, in un’ottica di isolazionismo protezionistico e campanilistico, faranno un danno enorme non tanto a Telese quanto ai loro stessi comuni.



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