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La vita è una ferita

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Povera e nuda · 20 Marzo 2020
Tags: Covid19epidemialibertàvitagoverno

di Giancristiano Desiderio

L’epidemia da Covid-19 ci ha messo davanti a una drammatica alternativa: o la vita o la libertà. Almeno così appare. Provo a scrivere poche essenziali righe per vedere dentro questo apparire.

Davanti al pericolo è stata decisa la quarantena per salvare la vita limitando fortemente la libertà fino a negarla militarizzando la vita civile. La quarantena è così particolare da non essere neanche una quarantena: milioni e milioni di persone – gli italiani sono circa 60 milioni – hanno l’obbligo di restare a casa e non uscire se non per stretta e documentata necessità. In questo modo, annullando la libertà, si ritiene di salvare la vita.

La libertà è un valore positivo ed è diventato negativo. E’ un elemento naturale vitale, come l’aria l’acqua la terra il fuoco, ed è diventata immonda, un elemento infetto. Essa stessa è il virus da eliminare. Gli Italiani, che a loro dire non avrebbero mai rinunciato alla libertà per niente al mondo, posti dinanzi all’alternativa “o la vita o la libertà” non ci hanno pensato su due volte e hanno rinunciato alla libertà.

Tuttavia, siamo certi che l’alternativa sia reale? Ossia siamo certi che da una parte ci sia la vita e dall’altra la libertà e che per salvare la prima dobbiamo buttare a mare la seconda? L’alternativa è solo apparente e a mostrarcela così è proprio la condizione estrema dell’epidemia. In realtà, non c’è vita senza libertà e non c’è libertà senza vita. Anche chi ha invocato le case chiuse con gli abitanti dentro, scegliendo una sorta di schiavitù volontaria, è libero: si è liberato del peso della libertà per rimettersi nelle mani del potere legale nel convincimento di salvarsi. Viceversa, anche chi si tiene stretta la libertà o, meglio, vorrebbe che la libertà fosse non negata ma garantita sa che la libertà deve fare i conti con la vita e con le vite degli altri e, in definitiva, con i suoi stessi limiti senza i quali non esisterebbe. Dunque, vita e libertà non sono tra loro alternative ma in relazione. A volte, però, entrano in contrasto. E’ così necessario un terzo termine che svolga la necessaria funzione di mediazione. Il termine medio è il governo (in realtà è il pensiero che è governo della vita).

La mediazione del governo in una democrazia liberale è la forma che assume il potere come governo limitato. Il governo è limitato per un motivo semplice: perché non si può giustificare razionalmente un potere illimitato. Detto in due parole: il governo non può tutto perché non sa tutto. Diciamolo ancora meglio: nessuno sa tutto e nessuno può tutto. Dunque, paradossalmente quelli che chiamiamo diritti non sono il frutto della natura o della conoscenza bensì della storia e di una conoscenza che limita se stessa perché altro non può fare che ri-conoscere l’alterità della vita libera. Come si vede, il compito della conoscenza è quello di legittimare il potere limitato giacché la legittimazione di un potere illimitato non è possibile. Ogni potere che diventa illimitato è un abuso che conserva sé distruggendo gli altri e gli altri poteri poteri ma alla fine si si auto-distrugge.

Il potere che diventa illimitato e sospende le garanzie costituzionali tende a giustificare se stesso con forme di conoscenza. Ad esempio, la scienza. Oggi viviamo sotto una sorta di governo scientifico o degli scienziati. Tuttavia, già sappiamo che la conoscenza, compresa la scienza, è tale proprio perché è limitata. Ogni tentativo di giustificare un potere illimitato è destinato a fallire. Quindi, quando il potere politico diventa illimitato è perché ha fatto una scelta: ha privilegiato un obiettivo o ha tutelato un bene tralasciandone un altro. La vita anziché la libertà.

La scelta di uno dei due termini fa venire meno la mediazione che, si è visto, è necessaria per l’esistenza della democrazia e della stessa umanità che è vita libera. La vita umana è un continuo possedere e lasciare, controllare e abbandonare, pensare e agire. La vita umana è ferita. E’ una ferita. Non è ferita dal virus. E’ ferita proprio perché scoppia di salute. E’ vitale. Ogni uomo vivente è ferito a morte. La vita, la vita che ci piace, la vita che vogliamo, la vita che desideriamo, la vita che creiamo è ferita perché per essere se stessa deve essere insicura. L’uomo che vive non fa altro che ferirsi. La funzione del potere è mediare e ri-conoscere la ferita della vita. La ferita viva. Il potere, come sa ogni cristiano, è impotente sul fiore della vita. E’ impotente sulla bellezza, sulla verità, sull’abito morale della vita. Rivolgersi al potere affinché renda la vita un sistema di sicurezza è un controsenso perché il potere può e deve solo ri-conoscere la ferita senza offenderla.

L’Italia con l’epidemia da Covid-19 è precipitata oltre che in un brutto film anche in un controsenso? Sì, per certi versi sì. La immunizzazione della vita è una contraddizione in termini. Naturalmente, ciò non significa che la vita non vada salvata. Al contrario, va salvata ma sapendo che la sua separazione dalla libertà è nei fatti temporanea e in istoria impossibile: la ferita, infatti, in quanto sanguinante, come Cristo in croce, è insanabile e mostra che il potere che vuole costruire un infallibile sistema di sicurezza si capovolge in un massimo sistema di insicurezza. La libertà, come insegna Croce, ha davvero per sé l’eterno e la comprensibilità di ciò che accade, nel bene e nel male, in democrazia e in dittatura, nella “normalità” e nella “sospensione”, dipende dalla libertà umana dinanzi alla cui sofferente affermazione mi inchino.

Qual è il senso di queste righe? Che l’epidemia, ogni epidemia, mette sì in pericolo i corpi ma mette a rischio ancor di più le anime. Bisogna esser consapevoli che quando il potere non media ma afferma solo sé è necessario non solo ricordare la libertà come azione – la ferita – ma anche il valore del pensiero che è in grado di alimentare la coscienza o cultura della libertà che ci mostra che la vita umana è essa stessa l’espressione della libertà che regge la storia, la ferità. In gioco non c’è solo la vita corporale ma anche la vita dell’anima. Si è liberi non solo perché si resiste al potere ma anche perché si mostra la libertà. E’ un esercizio necessario che dà insieme conforto e pena.

Salviamo i corpi senza mettere il pensiero in quarantena. Bisogna essere consapevoli che sostenere la limitazione della libertà fino addirittura a negarla per immunizzare la vita è pericoloso fino al punto da diventare un rimedio peggiore del male. Si ammala non solo il corpo ma anche l’anima. Si tende a interpretare i fatti e le azioni con la logica del capro espiatorio, si compiono delazioni, si va alla ricerca di colpevoli, si evoca la giustizia del popolo, si trasforma il potere in un idolo, si criminalizzano le persone, le categorie sociali, si diventa più realisti del re, si invocano multe, arresti, si chiama l’esercito che, non a caso, è già in strada. Si militarizza lo spirito. Ma vendere l’anima per salvare il corpo è solo una tentazione diabolica con cui si perde l’anima e non si salva il corpo. Salvate anche l’anima.



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