di Alessandro Liverini
Nel 1882 tutta la provincia beneventana fu scossa da una
richiesta di autorizzazione a procedere della magistratura penale alla Camera
dei Deputati. Si trattava, segnatamente, della «Domanda di procedere in
giudizio contro il deputato Pacelli trasmessa dal ministro di grazia e
giustizia e dei culti Zanardelli», redatta il 28 febbraio 1882 e comunicata al
presidente della Camera per la seduta del 18 aprile 1882. Vi si legge quanto
segue: «Adempio il dovere di trasmettere a V.E. una istanza del Procuratore del
Re al tribunale civile e correzionale di Napoli, con cui domanda a codesta
onorevole Camera il permesso a procedere contro l’onorevole deputato
commendatore Salvatore Pacelli, imputato di libello famoso in danno
dell’onorevole deputato Nicola Polvere. Piaccia a V.E. sottoporre la detta
istanza con gli atti preliminari del processo che la corredano alla
deliberazione dell’onorevolissima Camera, salvo a farmene poi cortesemente
inteso».
La domanda della pubblica accusa - formulata in data 20
dicembre 1881 dal Procuratore del Re, Ludovici, operante presso il Tribunale
Civile e Correzionale di Benevento (nella menzionata nota di Zanardelli vi è un
errore, perché si legge “Napoli”) - suona così: «Il sottoscritto rassegna a
V.E. che nel 12 corrente mese l’onorevole commendatore Nicola Polvere ha sporto
querela contro l’onorevole deputato al Parlamento commendatore Salvatore
Pacelli per un lettera da questi inserita nel numero 12 del giornale La Voce del Sannio, pubblicato a
Benevento nel 4 detto mese. Le parole della lettera qualificate ingiuriose allo
indirizzo del deputato Polvere sono le seguenti: Se l’onorevole Polvere, firmando dopo sette mesi la suddetta
dichiarazione, naturalmente non si è ricordato di questo incidente, e quindi
non può meritare appunti, vorrà ora, quando io gli rammento il fatto, darmi una
pubblica smentita; io debbo ritenere, pur credendo fin’oggi alla sua
onorabilità, ch’egli è condotto dai malevoli a farsi mentitore pensatamente,
commettendo un’azione indegna di un gentiluomo.
E sono allusive ad una vertenza seguita nel Consiglio
provinciale di Benevento, in cui, discutendosi una proposta di un tal Minieri,
concessionario da questa provincia delle acque solfuree di Telese, per
riduzione di canone su l’uso di tali acque, il consigliere provinciale
Salvatore Pacelli, nel combattere la proposta Minieri, accennò ad una voce
corsa fra alcuni membri della Deputazione provinciale, che, cioè, il Minieri
avesse sborsato 40 mila lire per ottenere la riduzione del canone.
I deputati provinciali allora firmarono unanimi una
dichiarazione smentendo ciò che aveva asserito il Pacelli. E poiché questi
assumeva di avere appreso il fatto delle 40 mila lire dai deputati provinciali
Polvere e Cini, pubblicò nel giornale La
Voce del Sannio la lettera surriferita, e per la quale il commendatore
Polvere ha fatto istanza di punizione pel reato d’ingiuria fatta col mezzo
della stampa. Che l’onorevole deputato Pacelli fosse stato l’autore di questa
lettera non è cosa da mettersi in dubbio. E poiché con le parole finali di essa
l’onorevole Polvere si crede offeso, perché si possa procedere nei sensi della
privata istanza di punizione, il sottoscritto, ai termini dell’articolo 45
dello Statuto fondamentale del regno, Chiede che piaccia all’E.V. di promuovere
dalla rappresentanza nazionale l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole
deputato Salvatore Pacelli, per il delitto di che all’articolo 28 della legge
su la stampa».
La vicenda giudiziaria tra il Marchese Nicola Polvere -
originario di Pago Veiano, appartenente dal ramo materno alla nota famiglia
campolatterese dei De Agostini, capitano della Guardia Nazionale prima,
deputato liberale al parlamento nazionale poi - e il deputato Salvatore Pacelli
- originario di San Salvatore Telesino, anch’egli capitano della Guardia
Nazionale prima e deputato liberale al parlamento nazionale poi - trasse
origine da una più complessa vicenda personale e politica tra quest’ultimo e
l’imprenditore napoletano Eduardo Minieri - concessionario dal 1877 delle terme
di Telese e proprietario del quotidiano napoletano Il Corriere del Mattino, allora diretto da Martino Cafiero.
Dapprima uniti dall’intento di costituire insieme una
società per la gestione delle terme telesine (tanto è vero che gli stessi
avevano stipulato un contratto preliminare avente ad oggetto anche le terme
Jacobelli, che, nel frattempo, il Minieri aveva acquistato all’asta dopo il
fallimento dell’imprenditore sanlupese Jacobelli), i due gentiluomini non
riuscirono a trovare il giusto equilibrio economico e sciolsero i patti.
Ciascuno andò per la sua strada. Il Minieri prese in concessione le terme dalla
Provincia di Benevento; il Pacelli abbandonò l’idea imprenditoriale (che lo
avrebbe visto dedicarsi alla costruzione e gestione di un grande albergo in San
Salvatore Telesino) e si dedicò alla politica. Solo qualche anno dopo acquistò
i mulini telesini, senza però riuscire a trarre grandi fortune economiche.
La vicenda personale tra il Minieri e il Pacelli ebbe uno
strascico politico all’interno del consiglio provinciale di Benevento, laddove
il Pacelli ostacolò con ogni mezzo la richiesta ivi formulata del Minieri di
riduzione del canone concessorio. Per chi fosse interessato a conoscere nei
dettagli tale vincenda rimando a “Pacelli
e la concessione Telese: spiegazioni e documenti del concessionario” di
Eduardo Minieri nonché a “Risposta
all'opuscolo Pacelli e la concessione di Telese” di Salvatore Pacelli, il
quale contiene pure il verbale n.11
del 5 novembre 1872 e il verbale n. 1 del 29 maggio 1877 del Consiglio
provinciale di Benevento. Sono stati scritti entrambi del 1881 e sono entrambi
consultabili presso la biblioteca provinciale Mellusi di Benevento.
Questa vicenda fu - come sovente accade in politica -
l’occasione per un regolamento di conti interno al consesso rappresentativo
provinciale. Polvere infatti apparteneva alla corrente del cerretese Michele
Ungaro, del tutto ostile al sansalvatorese Pacelli, il quale alle elezioni del
1876 era stato preferito proprio a Michele Ungaro nella candidatura nel
collegio di Caiazzo, collegio nel quale Ungaro era stato eletto nel 1874. A
causa della pubblica denuncia contro Polvere (denuncia pesante in quanto gli si
addebitava di essere stato presente, e allusivamente anche protagonista, ad un
episodio di corruttela), Pacelli fu da questi sfidato a duello, con lettera
trasmessagli dai padrini dell'onoreveole Polvere il 9 ottobre 1881. Il duello
non fu tenuto per l'intervento di comuni amici, fra cui l'avvocato Cirelli e il
barone Francesco Farina.
La lite personale e politica, però, trovò proprio lo sfogo
giudiziario che innescò la sopra richiamata richiesta di autorizzazione a
procedere, la quale fu trattata dalla Camera dei Deputati nella seduta del 26
aprile 1882. La Giunta per le autorizzazione, rappresentata dal relatore Luigi
Ferrari aveva manifestato il proprio unanime assenso allo svolgimento del
processo penale stante «l’indole [...] delicatissima della vertenza, la quale
vieta al relatore di addentrarsi nei minuti particolari di essa» e così di
seguito motivando: «[...] se non è ormai più posto in dubbio che coll’articolo
45 dello Statuto siasi il legislatore prefisso lo scopo di tutelare
l’indipendenza e il libero esercizio delle funzioni del deputato contro le
eventuali mene del potere esecutivo, è evidente che trattandosi di un deputato,
il quale, come nel presente caso, intende difendere la sua onorabilità offesa
da un collega, nulla poteva essere più alieno dalla mente del legislatore
stesso, che frapporre il menomo ostacolo a questo prezioso diritto». La Camera autorizzò.
Alla luce degli odierni episodi di cronaca politica, si può
dire che il nodo gordiano di gossip, politica e giustizia rappresenta una
costante della storia universale, perché attinge alla dimensione della lotta
dell’uomo contro l’uomo. Alla incessante archetipica lotta per il potere. Che è
la vita stessa.