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Trentaquattro anni fa

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Povera e nuda · 3 Marzo 2019
Tags: MaradonaNapoliJuventusgolpunizione


di Giancristiano Desiderio

Trentaquattro anni fa. Napoli – Juventus. Porta della curva sud. Secondo tempo. 27° minuto. Punizione a due in area di rigore (oggi è cosa rarissima) della squadra di Trapattoni. Eraldo Pecci e Maradona sulla palla. Pecci a Maradona: “Da qui non si segna. E’ impossibile”. Maradona a Pecci: “No palabras. Dammi la palla”. Pecci tocca piano con tacchetti e suola. Maradona mette el pibe sotto. La barriera è a cinque metri scarsi. La palla si alza e non fa in tempo a scendere che è già in rete, mentre Tacconi si accartoccia al palo sinistro e il San Paolo è in Cielo. Enrico Ameri non crede a ciò che ha visto e si ingarbuglia con le parole. Non palabras, non parole. Dammi la palla.

Trentaquattro anni dopo si rigioca, come ogni anno, quella partita. Mi è tornata alla mente quella punizione  - che in tanti diranno magica, altri diranno sfuggire alle leggi della fisica -  dopo aver letto la poesia di Mimmo Liguoro dedicata all’argentino- napoletano nel volumetto di versi epico-calcistici La testa nel pallone con profili in versi da Monzeglio a Maradona.
 

Quando il piede sinistro
 
toccava il pallone,
 
uno stormo di bianchi colombi
 
s’innalzava in volteggio,
 
stralunando portieri e terzini,
 
trasformando i minuti del gioco
 
in orgasmo di fiaba,
 
e fermando nel tempo dei sogni
 
orologi stremati.
 

Un anno e mezzo dopo quel 3 novembre 1985, Napoli e Diego Armando avrebbero vinto il loro primo scudetto. Tuttavia, quel gol impossibile che Maradona sentiva nel piede e nella sensibilità della gamba sinistra che gli risaliva dalla caviglia alla testa  - perché un grande calciatore certe cose le sente, le avverte, le anticipa in immagine -  segna il punto d’incontro tra el pibe de oro e il Napoli e Napoli che da quel momento ha ritrovato un pescivendolo, un re, un lazzaro, una maschera, un corpo, un ideale, un giocatore in cui credere per vivere e rivedere la vita, piangere e fottere.

La sfida di oggi con la Juventus di Cristiano Ronaldo  - CR7, una formula di una tristezza aerea infinita -  è cosa molto diversa. Sono tanti i punti di differenza tra le due squadre e il Napoli, nonostante i sogni di grandezza, accoglie la Juventus come fa una squadra minore con la prima della classe. Trentaquattro anni fa era un’altra cosa. Era un’altra storia. In campo c’erano Platini e Maradona e il Napoli iniziava a vivere come in un sogno. Era quello un altro calcio che oggi rivediamo nella sua eterna freschezza come fosse, e lo è, l’eterna incarnazione delle idee platoniche che danno forma alle acque eraclitee della vita e del campo da gioco.

E’ cosa strana legare calcio e filosofia, calcio e poesia? E’ la cosa più umana e più naturale che vi sia che risale alle cose nascoste e visibili fin dalla fondazione del mondo. E’ il Gioco di cui facciamo parte e del quale siamo insieme, come giocatori in campo e sugli spalti dell’esistenza, alla maniera del centromediano Hegel servi e padroni, signori e schiavi per la gioia e il dolore di vivere e liberarci. Anche Leopardi, che rimase schiacciato dal peso di una vita fatale, vide nell’eroe Carlo Didimi di Treia, campione nel gioco del pallone, un raggio di luce e del giocatore fece un esempio al quale ispirarsi per affrontare lotte e travagli con i versi, forse non facili, di A un vincitore nel pallone:

Di gloria il viso e la gioconda voce,
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
Magnanimo campion (s'alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l’echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella
Ai fatti illustri il popolar favore;
Te rigoglioso dell'età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara.
 

E’ la solitudine dell’ala destra, come direbbe Ferdinando Acitelli  - dove sei amico mio -  che mi spinge ancora a correre su e giù sotto il campanile della chiesa della Santissima Assunta per inseguire le forme della vita che passano in una partita di calcio. Trentaquattro anni fa, come ieri, come oggi. Così è sempre stato, così sempre sarà.



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
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