Professore del baccalà - giancristiano desiderio

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Professore del baccalà

l'ingordo
Critica del giudizio gastronomico


Il Professore del baccalà
di Antonio Medici

Nello sciatto e opprimente giro d’orizzonte di una strada molto trafficata, tra pompe di benzina e negozi di elettrodomestici che cazzottano per annunciarsi con insegne giganti, come la migliore espressione di degrado urbanistico pretende, a poche centinaia di metri da uno degli snodi autostradali chiave del collegamento sud - nord, varcare la porta dell’Osteria del Baccalà è un po’ come finire nella tana di Bianconiglio, come entrare nel paese delle meraviglie (del baccalà).
Qui, nell’alto casertano, a Vairano Scalo, la mirifica tana è quella del professore Antonio Ruggiero, docente di istituti alberghieri, oste, sommelier, assaggiatore di formaggi, degustatore di oli, selezionatore di ottimi fornitori di baccalà, fantasioso ideatore di formule commerciali (baccaliata, olio aperitivo) e chissà cos’altro.
Il personaggio è vivace ed è l’antitesi dello stereotipo dell’oste che sta nella cucina del ristoro come nella cucina di casa, accogliendo gli ospiti familiarmente, con genuinità e grande inconsapevolezza di se stesso. Essere oste, in fondo, è un modo d’essere, presentarsi come si è, più che un mestiere. Ruggiero, tutt’altro, è uomo sicuro, audace, sa il fatto suo e fa quel che vuole non ciò che capita.
Qui ha allestito l’ambiente d’osteria tendente kitsch, con filari di agli e peperoni che calano da pertiche appese ai solai, tinteggiatura di giallo carico asfissiante, confusione di bottiglie alle pareti, vecchie puntine conficcate nei legni per fissare annunci plastificati. Tovaglie rigorosamente quadrettate e utilmente cartacee. Servizio cordiale e svagato. Carta dei vini inesistente. Eppure è un locale da non perdere.
Una nuvola odorosa di gadus morhua salinato (definizione tecnica di baccalà) investe gli avventori all’ingresso, illanguidendoli senza tradimento. Ciascun piatto è strepitoso. Il pasto è un percorso di espressioni e ululati di stupore. Dall’antipasto di carpaccio con mela, insalatina e peschiole, all’immancabile fritto. Il Fil di Ferro è una delle espressioni dell’eccentricità di Ruggiero: bavettine cotte molto al dente condite con aglio, olio, peperoncino e baccalà. Il sapore è intensissimo, il sughetto finale da iscrivere tra i piaceri lascivi della vita. Di altro registro la genovese di cipolle e baccalà, a dispetto di quel che ci si attenderebbe, un piatto carezzevole.
Il mussillo con peperone crusco è servito a mo’ di ventaglio aperto, con la carne del baccalà leggermente sfogliata. L’apprezzabile estetica denuncia la qualità assoluta del pesce.
La meraviglia finale, però, è un piatto da cucina del riuso: il fritto don Raffaele. Ispirato dal racconto di un cliente, il baccalà fritto del giorno prima è ripassato in abbondante sugo di pomodoro e condito con olio piccante.
C’è spazio per una chiacchiera finale con il professore che declama la filosofia della sua cucina, ma sarebbe meglio dire della cucina che dirige: “no ai metodi di cottura che modificano la struttura del cibo”. E su questo tema potrebbe aprirsi un simposio internazionale, meglio troncare e lasciare questo locale che vale la sosta e addirittura il viaggio.
Conto sui 25 euro, bevande escluse.
Osteria del baccalà
Vairano Scalo – via Napoli, 220



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