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Cala il lavoro, sale l'emigrazione

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 3 Aprile 2019
Tags: emigrazionelavorosole24ore

di Luigi Ruscello

In due precedenti interventi ho trattato il tema dell’emigrazione e, nell’ultimo, ho messo in dubbio il numero annuo di partenze per l’estero ipotizzato da diverse parti.

In realtà ritorno sull’argomento perché il fenomeno viene ingigantito a dismisura un po’ da tutti, tanto è vero che già nel 2017, in un articolo del 6 luglio, era stato il quotidiano Il Sole-24 Ore a lanciare l’allarme: Oltre 250mila italiani emigrano all’estero, quasi quanti nel Dopoguerra.
 
In verità, nell’articolo si riportavano i dati di una ricerca effettuata da IDOS, in partenariato con CONFRONTI e in collaborazione con l’UNAR. Ma l’autorevolezza del quotidiano confortava la veridicità delle cifre.

Secondo tale ricerca, infatti, i valori dell’Istat dovrebbero essere moltiplicati almeno per 2,5, giungendo così a 285 mila, se non 300 mila, uguagliando quelli del dopoguerra. In effetti, nel periodo 1946-1961, la media annua degli espatri è stata di 278mila circa, dopo di che si è scesi progressivamente fino ai 37mila del 1988. Dal 1989 al 2006, invece, la media italiana è risultata pari a circa 46mila unità annue.

Tutti questi numeri, però, li ho calcolati sui dati reali dell’Istat, per cui, applicando la stessa metodologia dell’IDOS, cioè la moltiplicazione per 2,5, il numero medio del periodo 1946-1961 salirebbe a ben 696mila espatri, cioè un numero più che doppio rispetto alla presunzione odierna.

Insomma, si potrebbe dire che non solo il numero dei morti di Pontelandolfo non torna, ma anche quello dei nostri migranti. Tuttavia, un altro motivo, ben più pregnante di quello della contestazione dei numeri, mi ha indotto a ritornare per la terza volta sul problema. Due notizie degli ultimi giorni, infatti, mi permettono di avanzare osservazioni più precise e puntuali sul fenomeno o, quantomeno, più ragionate.

La prima notizia è quella relativa alla pubblicazione, da parte del MEF, dei dati delle dichiarazioni dei redditi del 2018, relativi cioè all’anno d’imposta del 2017. Nel comunicato si legge che, nel 2017, pur in presenza di una crescita del Pil dell’1,6%, in termini reali, il reddito medio degli italiani del 2017 ammonta a 20.670 euro, con un calo dell’1,3% rispetto al reddito medio dichiarato l’anno precedente.

La seconda è data dalla pubblicazione, il 26 marzo scorso, di uno studio dell’ETUI (European Trade Union Institute), secondo il quale le retribuzioni dei lavoratori in 8 paesi dell'UE sono in media inferiori - in termini reali (corretti per l'inflazione) - rispetto a dieci anni fa. E tra gli 8 paesi interessati vi è anche l’Italia.

Insomma, e per concludere, non è che il fenomeno dell’emigrazione sia in aumento anche a causa della precarizzazione del lavoro e dei salari troppo bassi?
 
 
 



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