di Luigi Ruscello
Sul quotidiano Il Foglio del 15 marzo è apparsa una divertente intervista a
Camillo Benso Conte di Cavour. Il bravo Rocco Todero autore dello scoop,
tuttavia, ha cercato di veicolare, piegandole alle sue convinzioni, una serie di
notizie sulla situazione attuale mediante l’autorevolissimo parere di Cavour.
Una delle domande che più mi hanno colpito
riguarda il debito pubblico e in particolare le spese per gli investimenti.
Infatti, alla obiezione “Eh no, Cavour, questo non può dirlo. Proprio lei che
indebitò il Piemonte all’inverosimile, non può deridere i governi italiani
sull’eccesso di debito pubblico”, fa rispondere che “… con quel denaro costruimmo 400 chilometri di ferrovie. Ha capito? E potrei aggiungere: fabbriche dappertutto,
il traforo delle Alpi, le banche, l’arsenale a La Spezia. Noi col debito realizzammo le infrastrutture indispensabili
a sostenere l’economia di un Paese moderno!”
Tutto vero,
per carità! Ma, se da un lato, ci sono le lodi di Einaudi, in quanto, mediante il debito, anticipava
l’accrescimento della produttività nazionale, dall’altro si pone Nitti che
evidenziava i limiti elevatissimi delle imposte piemontesi e che il regime
fiscale rappresentava una serie di sovrapposizioni continue fatte senza criterio;
con un debito pubblico enorme, su cui pendeva lo spettro del fallimento. Già all’epoca,
dunque, si parlava di default!
L’elemento
decisivo, però, è un altro: quel debito da chi fu ripagato? Il buon Pietro Maestri
ci fa apprendere che quando il Conte Bastogi istituì il Gran Libro del Debito
Pubblico, il totale del Regno d’Italia era pari a 2,4 miliardi di lire dell’epoca
e che di essi ben 1,3 facevano capo agli Stati Sardi. Cosicché, il 54,4% del
debito fu ripagato dall’intero Regno e principalmente dai meridionali, che non ne
avevano beneficiato affatto.
Il sistema
fiscale adottato dai piemontesi fu esteso infatti a tutto il Regno, creando
notevolissime differenze, tanto che lo stesso Sacchi, nominato da Cavour Segretario Generale delle
Finanze di Napoli, dovette riconoscere che, per la prima e la più importante delle risorse dello
Stato,
cioè la fondiaria, il sistema di percezione colà vigente era
incontrastabilmente il più spedito, semplice e sicuro che si avesse forse in Italia.
L’argomento che più mi interessa, invece, e che
comprova maggiormente quanto sostenuto prima, è l’affermazione che con quel
denaro furono costruiti 400 Km di ferrovie. Ma dove? E qui casca nuovamente l’asino,
in quanto le opere furono realizzate, per quanto ovvio, proprio negli Stati
Sardi.
Ma il problema non si ferma qui, e di ciò
Cavour non ha colpa, perché dal 1862 al 1898, nel Settentrione furono spesi 1,1
miliardi di lire per opere ferroviarie contro i 500 milioni del Sud. Tradotti
in lire pro capite i predetti importi diventano 81,62 al Nord e 55,92 al
Mezzogiorno continentale.
Vi sembra che oggi sia cambiata qualche cosa
o è ancora peggio?