di Giancristiano Desiderio
Fu Indro Montanelli a dire che “i veri interpreti di
un Paese non sono i suoi esaltatori, ma i suoi detrattori e castigatori”. Se si
ama l’Italia non si raccontano servili bugie ma si esercita l’arte della
critica per capire cosa fare e cosa no. Da quando è nata la nuova figura del
politico sovranista-populista non è più lecito criticare il governo e chi, a
suo rischio e pericolo, lo fa è accusato nientemeno che di essere anti-italiano.
La cosa buffa è che la cosiddetta Terza repubblica è come la Prima con una
differenza: nella Prima vi era una partitocrazia con i partiti, nella Terza vi
è una partitocrazia senza partiti. Il risultato è la parodia di sé stessi: una
partitocrazia nazionalista gaglioffa che va alla ricerca del nemico di turno
per addossargli le proprie irresponsabilità e incapacità. Una specie di opera
dei pupi.
A proposito di pupi. Il più grave problema italiano è
un segreto di Pulcinella: il lavoro. Non è un caso che l’unica economia in
recessione in Europa sia quella italiana e non è un caso che il Pil di casa
nostra sia la maglia nera del vecchio continente. Si può smontare la legge
Fornero e si può creare un reddito di cittadinanza ma se si continua a dividere
la torta senza impastarla ed a spendere soldi senza produrli arriverà un
momento, molto vicino - vicino come la
prossima legge di Bilancio -, in cui si andrà in pensione senza pensione e si
riscuoterà il reddito senza cittadinanza. I governi precedenti non hanno avuto
il coraggio di riformare lavoro e fisco. Il governo attuale ha fatto un passo
avanti: ha sostituito il lavoro direttamente con il sussidio.
Molto spesso dimentichiamo - o, forse, ce ne siamo dimenticati subito
- che nella storia della Seconda repubblica
ci sono stati due omicidi politici legati alla riforma del lavoro: gli
assassinii di Massimo D’Antona e di Marco Biagi. Mettere mano a questa riforma
ha voluto dire, alla lettera, aver paura di morire. Sia i governi di destra sia
i governi di sinistra non sono riusciti a riformare concretamente il mercato
del lavoro e si sono trovati contro: ordini professionali, sindacati, piazze,
organizzazioni armate (Brigate rosse). Alla fine i governi del cosiddetto
ventennio berlusconiano - ventennio che
è, ormai, diventato trentennio ma non più berlusconiano - hanno gettato la spugna e posti davanti alla
questione se riformare ma morire o rinunciare ma tirare a campare hanno finito
per adagiarsi su quella gestione dell’ordinario che, poi, nel risentimento di
una nazione inevitabilmente in declino per scelta è diventata la Casta.
Potrà non piacere ma la storia che abbiamo alle spalle
o che crediamo di avere alle spalle, perché in fondo è davanti a noi, è questa
e se ci sono colpe nessuno ne è immune. Ecco perché coloro che oggi additano il
passato come il nemico interno che ci ha ridotti ad essere l’altra Grecia
dell’Europa fanno solo una propaganda che sfrutta il malcostume nazionale in
cui il risentimento delle colpe collettive si rovescia su un capro espiatorio
che ora è Renzi, ora è il Pd, ora è Berlusconi, ora è Monti-Fornero mentre la
realtà dei fatti storici recenti ci dice che siamo stati un Paese che non ha
accettato la necessaria sfida dell’economia globale.
Siamo la palla al piede dell’Europa ma è solo colpa
nostra e dirlo è l’unico atto patriottico serio e valido. Proprio come ha
insegnato Montanelli: “I veri interpreti di un Paese non sono i suoi
esaltatori, ma i suoi detrattori e castigatori”.
tratto da nicolaporro.it del 12 marzo 2019