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Il reddito di cittadinanza secondo Keynes

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 6 Aprile 2019
Tags: redditodicittadinanzarecessionekeynes

di Luigi Ruscello

Se il meccanismo del “moltiplicatore” è così semplice ed automatico, perché si va in crisi? Forse, leggendo il mio articolo precedente, qualcuno si sarà posta la domanda.

Ebbene, tutto dipende dalle iniezioni di nuova liquidità immesse nel circuito economico dalle imprese e dallo Stato e dalle intenzioni dei consumatori. Se questi ultimi, per un qualsiasi motivo riducono le spese, oppure le imprese e lo Stato non investono, ecco che l’ammontare della domanda non aumenta o addirittura diminuisce ed opera al contrario, andando così in recessione.
Ma allora, hanno ragione coloro che chiedono maggiori investimenti?
Certo che sì, ma anche in questo caso bisogna distinguere tra investimenti produttivi e sprechi.

Ad esempio, qualche anno fa l’Ance calcolò che investire un miliardo di euro in edilizia genera una ricaduta complessiva sull’economia (effetti diretti, indiretti e indotti) di oltre 3,3 miliardi e crea 17.000 posti di lavoro di cui circa 11.000 nelle costruzioni e 6.000 nei settori collegati. Per intenderci, e chi ha letto il precedente intervento lo comprende meglio, il moltiplicatore sarebbe uguale a 3,3.

Comunque, la vera crescita economica non si ottiene con la spending review o con il cosiddetto reddito di cittadinanza, ma con l’ampliamento della base produttiva nazionale. E mi spiego.
Come è ben noto, il Governo Renzi istituì il famoso bonus di 80 euro ed ora è stato approvato il reddito di cittadinanza. Ed è naturale che, rispetto al bonus, vi sarà un più alto aumento dei consumi poiché sono interessati i soggetti con la maggiore propensione al consumo, cosicché il moltiplicatore sarà più alto.

Ma non è detto che ciò sia foriero di sviluppo, come è già accaduto con i famosissimi 80 euro di origine renziana.

Se è vero, infatti, che la domanda globale aumenta e, di conseguenza, crescono i consumi, dall’altro, osservo che il meccanismo non è così automatico come si crede, in quanto bisogna interrogarsi sulla provenienza dei beni e sulle preferenze dei consumatori.

Le preferenze dei consumatori, infatti, sono condizionate fortemente dall’elemento psicologico, ed oggi sembra prevalere quello che Keynes denominò motivo precauzionale, ovvero la quantità di moneta che viene trattenuta per far fronte ad eventi incerti. Ed è questo il motivo dell’insuccesso del bonus. I suoi destinatari, infatti, non erano i più poveri, bensì coloro che avevano già un discreto reddito e non essendo sicuri del mantenimento di tale cifra ne hanno spesa solo una minima parte (basta considerare il considerevole numero di coloro che lo hanno dovuto restituire).

Inoltre, è da considerare che un conto è se la domanda sia soddisfatta da beni di produzione italiana e un altro se lo sia da beni stranieri.

Come credo sia intuitivo, solo nel primo caso ci troveremmo di fronte ad uno sviluppo autogeno, o autopropulsivo che dir si voglia, poiché vi sarebbe un incremento della produzione nazionale e, successivamente, dell’occupazione. Nel secondo, vi sarebbe solo un sostegno indiretto con gli utili delle attività commerciali.

Insomma, con il reddito di cittadinanza, a differenza degli 80 euro, vi sarà sicuramente un maggior incremento della domanda globale. Ma resterebbe incerta la capacità di crescita a meno che la spesa non sia indirizzata verso beni nazionali.



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
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