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La questione meridionale tedesca

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Forche caudine · 8 Novembre 2019
Tags: murodiberlinogermaniamezzogiorno

di Luigi Ruscello

Il 9 novembre 1989 cadeva il “muro” di Berlino e il mondo si apriva alla globalizzazione. Oltre al “muro”, infatti, si abbassava anche la cosiddetta “cortina di ferro” eretta nel famoso accordo di Yalta in cui il mondo fu diviso in due: il blocco occidentale e quello dell’est. Da ciò la NATO e il Patto di Varsavia. Tali accordi, inoltre, generarono la altrettanto nota “guerra fredda”. D’altronde, alla chiusura della conferenza, il britannico «Time» scrisse: «Tutti i dubbi che potevano sussistere sulla possibilità che i Tre Grandi fossero in grado di cooperare in pace come avevano cooperato in guerra sono spazzati via per sempre».

Perché questo incipit? Perché una delle conseguenze dell’accordo di Yalta fu la divisione della Germania tra le potenze vincitrici della guerra. Cosicché la parte orientale della Germania, cioè quella oltre i fiumi Oder e Neisse, fu attribuita al controllo della Russia. E la stessa sorte toccò a Berlino dove, nel 1961, fu edificato dai russi, appunto, il “muro”, per evitare le fughe verso l’Ovest. Ricorre quindi il trentesimo anniversario e molti si chiedono se la Germania sia riuscita a pareggiare le condizioni di vita, ossia a risolvere quella che in Italia dura da oltre centocinquant’anni, cioè la “questione meridionale”. Anche la Germania, infatti, è caratterizzata da un dualismo territoriale che, a differenza dell’Italia, riguarda l’Ovest e la ex DDR.

L'analogia tra i problemi economici del Mezzogiorno e della Germania Est è stata oggetto di numerose ricerche, le quali hanno dimostrato che ci sono somiglianze nelle due regioni, in termini di cause della loro situazione economica. Secondo Sinn e Westermann, ad esempio, sono entrambe vere economie di trasferimento, il cui consumo supera di gran lunga la produzione. Al di là degli svantaggi di localizzazione, lo studio identifica, tra l’altro, nell’alta spesa per la sicurezza sociale e nella malattia olandese (declino del settore manifatturiero) le ragioni fondamentali del cattivo andamento economico. Inoltre, è stato posto in rilievo il fatto che, nei Paesi dualistici, come la Germania e l’Italia, le politiche tese a favorire le aree arretrate finiscono per avere un impatto positivo nelle zone più ricche, come, ad esempio, in Italia, il credito d’imposta.

D’altronde, in Campania, come è stato dimostrato da uno studio di SRM, per ogni cento euro investiti nel settore manifatturiero se ne generano settantasei come effetto endogeno e duecentottantaquattro come effetto esogeno, per cui, come ben si comprende, i maggiori benefici vanno all’esterno della regione.
Ma, ritornando alla Germania, contrariamente a quanto affermato anche da figure nazionali di primo piano il differenziale tra Est e Ovest non è stato colmato. Anzi, non è stata raggiunta nemmeno quella che Vera Lutz definì «parità approssimativa», cioè il settantacinque per cento del reddito pro-capite dell’Ovest. Infatti, anche se il risultato è ben maggiore di quello italiano, il rapporto tra reddito pro-capite dell’Est si è stabilizzato da molti anni sul sessantotto per cento. E ciò, nonostante siano stati impiegati ben più di duemila miliardi dal 1991. Questa cifra è quattro volte maggiore di quella italiana impiegata dal 1950. D’altronde, ove si rapportino tali cifre al PIL, si ottiene che in Italia non hanno mai raggiunto l’uno per cento, contro un valore tra il 5/6 per cento tedesco.

Un ulteriore indice del mancato raggiungimento dell’obiettivo è costituito dall’andamento della popolazione. Se il Mezzogiorno, infatti, solo dal 2013 presenta una riduzione dei residenti, in Germania, i cinque nuovi Länder hanno perso ben tre milioni di abitanti dal 1991.

In conclusione, vorrei solo ricordare ai critici del reddito di cittadinanza, che in Germania il 47% della popolazione dell’Est tuttora viene assistito, in quanto i famosi flussi di finanziamenti dall’Ovest all’Est in realtà vanno a finanziare i consumi.
Nonostante ciò, come dimostrato dalle recenti elezioni, si sta creando una situazione di insofferenza sia all’Est che all’Ovest. Anzi, e sembra di stare in Veneto, come ha scritto recentemente James Hawes: «La Germania occidentale dovrebbe smettere di sprecare soldi nel tentativo di compiacere una regione che è impossibile compiacere. Dovrebbe concentrarsi su di sé».



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