di Giancristiano Desiderio
Il virus venuto dalla Cina ha portato con sé anche un
convincimento stupido e malsano secondo il quale una democrazia liberale non è
così efficiente nel controllo e nel contrasto di un’epidemia come invece lo
sarebbe la dittatura. Si tratta di una persuasione al limite dell’autoinganno
perché dovrebbe essere abbastanza ragionevole ritenere che se si sopprime la
libertà e le attività umane che ne sono espressione non solo si stanno negando
diritti fondamentali ma ci si sta anche privando di risorse intellettuali,
morali ed economiche che sono necessarie a debellare il morbo naturale e l’ammorbamento
sociale. Il capo politico e istituzionale che vuole tutelare la salute e
salvaguardare la propria nazione non può nemmeno lontanamente pensare di
rinchiudere tutto il suo popolo nelle case ma, al contrario, deve far leva
sulla forza morale di quel popolo per contrastare l’epidemia, altrimenti alla
lunga, ma nemmeno poi tanto alla lunga, farà come il celebre barone di Munchhausen
che pretendeva liberarsi dalla sabbie mobili sollevandosi per il codino o come
quel tale che seduto sul ramo di un albero lo tagliava per sentirsi più al
sicuro.
La scelta del professor Giuseppe Conte di svestire i
panni di presidente del Consiglio e indossare quelli di un dittatore romano per
sospendere la vita nazionale attraverso l’adozione di confusi decreti del
presidente del consiglio dei ministri – DPCM – si è rivelato un rimedio
inefficace sia sul piano sanitario sia sul piano politico, istituzionale e
costituzionale che ha finito per innescare un altro tipo di contagio con la proliferazione
su scala regionale e comunale di capi e capetti, duci e ducetti, con annessi
sotto-capetti e camerieri. Per fronteggiare l’epidemia da Covid-19 non
bisognava inventare nulla di nuovo ma attenersi alle leggi, al previsto piano
di emergenza e alla via maestra della Costituzione che, invece, è stata
abbandonata proprio da quella classe politica che l’ha sempre esaltata,
evidentemente per puro esercizio retorico.
Su questa linea costituzionale, quasi una sorta di
linea del Piave, io mi son sempre ritrovato non solo per non mettere in
discussione la libertà e la sua vita civile ma anche per contrastare l’epidemia
non contro bensì attraverso e grazie alla forza della libertà costituzionale.
Mi son ritrovato solo o con pochi altri, ma non è certo la solitudine che mi
spaventa perché: “Qui io sto fermo, non posso fare altrimenti, Dio mi aiuti.
Amen”. Ora, però, vedo, e da più parti, che iniziano a levarsi voci che si appellano
al presidente Mattarella affinché sia rispettata la Costituzione, si riapra il
Parlamento e si riporti il governo nei suoi argini. Questo – è bene chiarirlo –
non solo per tener saldo il nostro regime politico-istituzionale ma anche e soprattutto
perché le nostre libertà politiche e civili sono il presupposto per tutelare la
salute dei malati e dei cittadini.
Ecco perché stamane mi ha fatto gran piacere leggere il
“fondo” di Sabino Cassese sul Corriere della Sera in cui finalmente si
dice a chiare lettere: “E’ comprensibile – ma non è giustificabile – l’avere
scelto la strada sbagliata di creare in fretta e furia un nuovo diritto dell’emergenza
sanitaria, uscendo dai binari delle leggi di polizia sanitaria già esistenti, a
partire dalle norme della Costituzione sulla profilassi internazionale fino a
quelle del Servizio sanitario sulle epidemie e al testo unico delle leggi
sanitarie”. Il governo italiano aveva il dovere di seguire le leggi dello Stato
italiano e il piano sanitario nazionale per contrastare le epidemie (con la
strategia della sorveglianza attiva che è il rimedio classico nelle epidemie).
Se lo avesse fatto non avremmo avuto il disastro sanitario tuttora in corso? La
domanda è destinata a restare senza risposta. Senz’altro, però, si può dire che
al certo e attuale disastro sanitario non si sarebbe aggiunto anche l’enorme danno
economico-sociale, nonché una condizione nazionale e una situazione
politico-istituzionale che oscilla tra la follia collettiva e la manipolazione
delle masse. Ecco perché, per usare i concetti e le parole della virologa
Ilaria Capua, da tutti stimata, noi oggi dobbiamo da un lato pensare a tutelare
le categorie di persone più fragili e più esposte al virus e dall’altro
dobbiamo iniziare a ritornare alla nostra vita, alla nostra vita civile e
libera che ci darà la forza per ricominciare. La strada sbagliata va
abbandonata. Si ritorni sulla retta via.