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Storia dei mulini di Telese e altre imprese

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 23 Febbraio 2019

di Alessandro Liverini

Non è per mero caso o per il merito delle pur straordinarie capacità imprenditoriali di Filippo e Michele Liverini se la Mangimi Liverini s.p.a. compie cinquant’anni di vita e li compie con il suo presidente diventato presidente di confindustria Benevento e con il suo amministratore delegato diventato vice-presidente nazionale dell’associazione di categoria (Assalzoo).
È anche merito della storia di Telese, dello spirito di libertà e di impresa che qui vive e prospera. La storia decennale della Mangimi Liverini s.p.a. s’innesta integralmente nella storia centenaria dei mulini di Telese. Telese non è solo la storia delle sue acque e delle sue terme, ma è anche la storia dei suoi mulini e dei suoi mugnai.

Nel Quaternus redditum civitatis thelesie del 1426 - un antesignano dell’odierno catasto - si fa riferimento al «Judex Antonius» e al suo «frater», quali titolari del diritto di sfruttare l’acqua per far funzionare il mulino - diritto denominato «pro aqua molendini narium». Ciò comprova la presenza a Telese in epoca medievale di almeno un mulino; circostanza peraltro suffragata dall’esistenza - all’interno degli Statuti di Telese (trascritti nel 1426 dal notaio Antonello da Cerreto, ma risalenti al secolo precedente) - di un intero capitolo, denominato «De molinariis», dedicato appunto alle regole della macinazione.

Nel Catasto onciario di Telese e Solopaca del 1742 - fra i beni e diritti del Duca di Maddaloni - sono ricomprese «tre moline site in Telese», tutte traenti la forza meccanica dal fluire dell’acqua del Grassano. Questi mulini - infeudati - consentivano ai Carafa di Maddaloni, che li affittavano, di ritrarre una rendita annua di 563 carlini, come si legge nel Relevio del 1765.

All’inizio del XIX secolo - con l’abolizione del sistema feudale e la liberalizzazione del proprietà privata - i mulini di Telese passano nelle mani dei privati. La prima esperienza imprenditoriale moderna a Telese è l’impresa della molitura dei cereali. Ai mulini del Grassano se ne viene ad aggiungere un altro - inaugurato da Ottavio Fasano il 25 giugno 1808 - sulle «acque de li corsi di Telese» in località «Ponte delle tavole» o «S. Biase», oggi corrispondente al ponte che consente a via Roma di attraversare il «canale Purgatorio», che nasce dalla sorgente S. Lucia nelle terme, costeggia il Grassano sulla sponda sinistra, attraversa piazza Mercato per sfociare nella Seneta. La circostanza trova riscontro nel Catasto provvisorio del Comune di Solopaca e Telese (anno 1815 - busta 1707 dell’Archivio di Stato di Benevento), ove è assegnato a Ottavio Fasano un «molino in località Seneta».

Nel 1852 i mulini del Grassano passano dal Duca di Casacalenda ad Achille Jacobelli. Uno dei due viene impiegato per azionare una segheria di marmo. Il terzo mulino resta invece alla famiglia Fasano. I fratelli Vincenzo Americo Fasani e Domenico Americo Fasani, nel 1880, ingaggiano una battaglia prima giornalistica e poi giudiziaria con Eduardo Minieri. Oggetto della tenzone fu la costruzione di una briglia idraulica al ponte delle tavole che consentiva loro di dare più potenza al mulino (si trattava dello specchio d’acqua, adiacente all’edificio scolastico a monte del ponte, eliminato circa quindici anni fa in occasione dei lavori di rifacimento di Piazza Mercato e di ristrutturazione dell’edificio scolastico). Minieri sosteneva che ivi s’impaludassero le acque, così da generare ristagni e quindi zanzare e quindi malattie e quindi inibizione dei flussi turistici. Della questione si occupò il quotidiano napoletano Corriere del Mattino nelle edizioni del 22 e del 25 aprile 1880.

Nel 1893 i mulini del Grassano furono espropriati al Cavaliere Jacobelli e acquistati dal deputato sansalvatorese Salvatore Pacelli e dai suoi figli, i quali affidarono all’ingegnere Udalrigo Masoni l’incarico di studiare una graduale trasformazione dell’impianto per realizzare un grande molino ad alta macinazione. Per l’occasione furono realizzate una serie di opere idrauliche di contenimento del Grassano.

Dopo la gestione Pacelli i mulini sul Grassano furono acquistati, alla fine della prima guerra mondiale, dagli imprenditori beneventani Lamparelli. Questi ultimi, a dire il vero, acquistarono anche il mulino Fasani nel 1921. Domenica 2 febbraio 1913, nel cortile del mulino Fasani, oggi ancora esistente ed appartenente alla famiglia Liverini, il candidato alle elezioni politiche Giovanni Pascale, il rinomato chirurgo oncologico di origini faicchiane, tenne un memorabile comizio. Esso - come ho sostenuto nel volume Telese moderna. Protagonisti e storie della terza comunità telesina che uscirà a breve - diede un impulso fondamentale al movimento politico che condusse nel 1934 all’autonomia comunale da Solopaca.
Ai Lamparelli succedettero i Capasso e Romano sui mulini del Grassano e i Liverini sul mulino di Ponte delle Tavole. A riguardo dei mulini del Grassano va specificato che un più piccolo mulino, situato a valle della proprietà Capasso e Romano, rimase a Menotti Lamparelli (u’ mulin e Zi’ Menott) fino agli anni sessanta, onde poi essere raso al suolo.
A riguardo del vecchio mulino Fasani, va detto che il 22 febbraio 1946, gli eredi del cavaliere Raffaele Lamparelli (morto a Telese il 3 settembre 1934) vendettero il «molino a palmenti denominato Ponte delle Tavole o Fasani» ai fratelli guardiesi Filippo e Silvio Liverini.

Di questa straordinaria e gloriosa tradizione telesina - fatta di farina, di acqua, di lavoro, di tecnica - l’intrapresa di Filippo e Michele Liverini - e prima di loro, di Mario e Giuseppe Liverini, che partirono per terre lontane per poi ritornare - è la più viva depositaria.

Telese non è solo città di servizi e non è città senza storia. Telese è città di sudore, di sacrificio, di artigianato, di commercio, di libertà. Di acqua e di pane. Telese è città di radici profonde.




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