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Storia politica di Giovanni Pascale

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 8 Marzo 2019
Tags: senatorepascalemedicinaFaicchio


di Alessandro Liverini

La sera del 28 ottobre 1936 morì a Napoli il professore Giovanni Pascale. Aveva 77 anni. Due giorni prima fu colpito da un malore mentre era intento ad eseguire un intervento chirurgico su un paziente affetto da una rara forma tumorale. Prima di perdere coscienza e di accasciarsi al suolo sussurrò ai suoi assistenti, i chirurghi Pede e Tommazzolli, «voi proseguite, non pensate a me».

Giovanni Pascale nacque a Faicchio il 19 marzo 1859 da Alessio e da Filomena Palmieri. Condusse gli studi di medicina a Napoli tra il 1878 e il 1884 e si avviò alla professione sanitaria e accademica sotto il magistero del siciliano Antonino D’Antona (1842 – 1913), allievo di Antonio Cardarelli (1831 – 1927). Iniziò la carriera di insegnante come libero docente in patologia chirurgica, in clinica chirurgica e semiotica chirurgica, della quale divenne professore straordinario nel 1903. Nel 1913, alla morte del D’Antona, Giovanni Pascale gli successe nella prima cattedra di clinica chirurgica. Iniziò, invece, la carriera di chirurgo come primario presso l’Ospedale dei frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio, noto a Napoli come Ospedale della Pace ed ivi situato nel centro storico.

I funerali furono celebrati a Faicchio il 31 ottobre. Intervenne il podestà Alberto Lavigna. Il giorno precedente il feretro era stato accompagnato in corteo alla stazione ferroviaria di Napoli dalla casa situata alla via Montecalvario. Prima di essere condotto nel paese natio il corpo di Giovanni Pascale fu salutato – presso l’atrio dell’ateneo – dal rettore Giunio Salvi (1869 – 1952). Dalla stazione di Telese partì, giovane, per conquistare il mondo. Alla stazione di Telese tornò per riposare in eterno.

Oltre al grande prestigio scientifico – tributatogli al momento della morte finanche dal Corriere del Connecticut del 6 novembre 1936 – Giovanni Pascale si impose sulla scena internazionale per il suo impegno sociale. Durante la prima guerra mondiale, infatti, presiedette, come generale medico, il comitato sanitario del X e XI Corpo D’Armata e diede impulso alla costruzione nella città di Napoli dell’ospedale Napoli MCMXVI poi divenuto Asilo Vittorio Emanuele III per i figli e gli orfani dei militari, destinato ad ospedale di riserva per la cura dei feriti di guerra. Anche a Benevento diresse l’ospedale territoriale di riserva della Croce Rossa nel settembre del 1915. Cessate le ostilità belliche, si adoperò perché sorgessero adeguati sanatori per i tubercolotici di guerra, dedicandosi in special modo alla prevenzione, onde evitare la diffusione della malattia tra i bambini. In quegli anni istituì a Capodimonte, presso la Prima clinica chirurgica dell’Università di Napoli, il Centro diagnostico e curativo per i tumori maligni, che diresse fino al 1934. Non dimentico del suo paese natio istituì, in Faicchio, la Fondazione Pascale per l’accoglienza e l’educazione dei bambini orfani.

Fu, inoltre, membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, preside della facoltà di medicina dell’università di Napoli e, dal 1921 al 1922, presidente della Società italiana di chirurgia, nonché presidente della Lega italiana per la lotta ai tumori.

Giovanni Pascale, però, fu conosciuto nel Sannio - e, in particolare, nella valle telesina - come il senatore. La fama di uomo politico non la conquistò tanto con la nomina a senatore del regno nel 1919 (il giuramento fu prestato il 10 dicembre 1919) o come membro del gruppo parlamentare Unione democratica sociale (poi Unione democratica), quanto per aver partecipato alle elezioni politiche del 1913. L’Associazione democratica liberale di Benevento gli propose di battersi nel collegio elettorale uninominale di Cerreto Sannita e di sfidare Antonio Venditti.

Le elezioni politiche del 1913 si tennero il 26 ottobre (al primo turno) ed il 2 novembre (al ballottaggio), col sistema elettorale uninominale. La tornata elettorale è nota per l’applicazione della Legge 30 giugno 1912 n. 666, e quindi come il primo suffragio universale maschile della storia italiana, nonché come l’elezione in cui fu siglato il Patto Gentiloni tra i liberali e i cattolici. Vi fu una nettissima affermazione della fazione giolittiana, con l’elezione di 270 deputati ed una nettissima sconfitta dei ministeriali di Sonnino, aggregatisi nel Partito Democratico Costituzionale, che ottenne solo 29 seggi. Nel corso della legislatura, i ministeriali ritornarono nei ranghi giolittiani.

Pur essendo stato sconfitto, Giovanni Pascale divenne il simbolo della lotta allo strapotere di Antonio Venditti (1858 – 1932), vero e proprio signore del collegio telesino dopo la vittoria alle elezioni politiche del 1904. Quest’ultimo, infatti, fu deputato dal 1904 (XXII legislatura del regno) al 1921 (XXV legislatura del regno) e andò consolidando il proprio potere politico dopo aver sconfitto l’avvocato cerretese Giuseppe D’Andrea (1849 – 1934), il quale a sua volta ricoprì la carica di deputato dal 1890 (XVII legislatura del regno) al 1904 appunto. Ritiratosi dall’agone politico locale nel 1904, il D’Andrea non fu più candidabile alla camera dei deputati, essendo stato nominato nel frattempo senatore il 26 gennaio 1910. Egli continuò comunque a dedicarsi alla vita politica nazionale, anche dopo l’avvento al potere di Benito Mussolini, fino alla morte.

A Cerreto, e in tutto il collegio elettorale, Venditti e D’Andrea erano considerati capi partito. Il partito di D’Andrea era conosciuto come il partito d’coppa, in riferimento alla collocazione topografica della sua abitazione in Cerreto. Il partito di Venditti era, invece, denominato il partito d’ sotto, perché la sua casa era ubicata nella parte bassa del paese. La tradizione vendittiana sopravvisse all’epoca fascista, con l’impegno politico di Mario Venditti, figlio di Antonio, senatore liberale della prima (1948 – 1953) e della terza legislatura repubblicana (1958 – 1963). Quella dandreiana, invece, si esaurì nel ventennio. Furono diverse le ragioni della sua dissoluzione.

In primo luogo, il fatto che il figlio Nicola, ottimo avvocato, pur provandoci e pur essendo presente a tutte le riunioni politiche di maggiore rilievo, non riuscì ad imporsi sulla scena politica locale. Dopo le elezioni del 1913 l’eredità dandreiana fu raccolta dal guardiese Luigi Maria Foschini (1867 – 1943), presidente del consiglio provinciale di Benevento dal 1914 al 1923 e deputato dal 1924 (XXVII legislatura) al 1943 (XXIX legislatura).

In secondo luogo, l’isolamento politico del D’Andrea dopo il processo ad Emilio De Bono. Egli, infatti, fu nominato membro della Commissione permanente d'istruzione dell’Alta Corte di Giustizia che doveva giudicare il quadrumviro Emilio De Bono, senatore e capo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, sulle accuse a lui rivolte in ordine alle responsabilità nel delitto Matteotti e nelle aggressioni contro altri politici antifascisti. Il D'Andrea accettò l'incarico, ma, dopo le prime sedute, a causa della sua volontà di fare luce effettivamente sulle vicende, ricevette un avviso anonimo scritto su carta intestata della Camera dei Deputati: «Illustre Senatore, Siamo perfettamente informati che Ella nella Commissione inquirente della Alta Corte di Giustizia rappresenta la corrente astiosamente ostile a S.E. De Bono, in quanto per ignobili rancori politici vorrebbe vederlo ingiustamente sacrificato alle vendette dell'Aventino. Badi che il giuoco potrebbe essere molto pericoloso per Lei e per tutto ciò che Le è caro. Al punto cui sono giunte le cose non si possono avere scrupoli o pietà neanche per il così detto santuario della vita privata. D'altra parte la lotta ora è impegnata in modo che una persona di più o di meno trovata stesa ad un canto della strada non ha alcuna importanza. Tanto ho creduto di doverLe comunicare per cercare di evitare avvenimenti dolorosi ed irreparabili. Uno che sa».

La candidatura di Giovanni Pascale, in sostituzione di Giuseppe D’Andrea, fu decisa a Benevento, presso la sede dell’Associazione democratica liberale, in una riunione svoltasi sabato 23 novembre 1912. Vi presero parte i rappresentanti politici di tutti i comuni del collegio cerretese.

Luigi Maria Foschini – che fino a qualche giorno prima aveva giocato ogni carta per la candidatura, onde poi cedere dinanzi alla caratura di Giovanni Pascale – fu nominato per acclamazione presidente dell’assemblea. Smentì pubblicamente ogni rivalità con il Pascale. Dopo gli interventi, il consigliere provinciale morconese Raffaele Lombardi, chiesta ed ottenuta la parola, propose il seguente ordine del giorno: «L’assemblea udita la discussione, ravvisando nell’illustre prof. G. Pascale direttore della Clinica Chirurgica dell’Università di Napoli, l’uomo che per l’alto posto conquistato nel mondo della scienza per il lungo e nobile lavoro professionale, e per la vita tutta spesa a sollievo di sventura e di dolori; considerando che il nome di lui, per la sua fede schiettamente democratica, sempre ed ovunque affermata, sia conforme all’indirizzo dato da S.E. Giolitti al governo del Paese, che sospinge l’Italia al raggiungimento degl’ideali della più sana ed ordinata democrazia; lo proclama candidato politico nel Collegio di Cerreto».

Dopo la votazione unanime dell’ordine del giorno, il candidato in pectore Giovanni Pascale prese la parola ed esclamò: «La mia antica fede democratica, schiettamente democratica, potrà esservi arra fedele che io non tradirò mai il mandato, che in questi sensi piacerà affidarmi. Ma per affrontare la lotta io ho bisogno di tutto il vostro affetto, di tutta la vostra energia e salda fratellanza. Solo così potremo esser forti e sicuri di raggiungere la meta cui aspiriamo. Accetto adunque e vi ringrazio del mandato che mi affidate e che io cercherò di mantenere elevato e immacolato, riserbandomi di esporre in altra riunione intero il programma, che dovrà essermi di guida».

La lunghissima campagna elettorale, durata quasi un anno, ebbe toni accesi e fu svolta sulle colonne dei periodici locali dell’epoca e nelle piazze dei comuni del collegio.
 
Quanto alla stampa, la competizione si articolò con un serrato botta e risposta tra La squilla sannitica. Quindicinale politico, sociale e letterario, stampato a Cerreto Sannita nella tipografia De Crosta, diretto da Ciro Sanzari, inaugurato il 7 aprile 1912 e schieratosi con Antonio Venditti e Vita del Sannio. Giornale settimanale della Provincia di Benevento, stampato a Benevento nella tipografia Borrelli, diretto da Vincenzo Bozzi, nato il 13 giugno 1909 dalla fusione di Vita nuova con Il Sannio e schieratosi con i dandreiani guidati da Giovanni Pascale.

La squilla sannitica impostò la campagna elettorale - da un lato - sull’inesperienza politica del Pascale e - dall’altro lato - sui risultati ottenuti dal 1904 dal Venditti. Sul primo tema, la squilla si riempì di invettive come questa: «La politica (economica finanziaria, sociale nel più vasto senso della parola) intorno alla quale si popolarizzano i più importanti problemi moderni per il popolo e per i lavoratori vi troverebbe, è vero, insediato pomposamente sulla vostra cattedra automatica: ma a stomaco perfettamente digiuno. Il parlarvi di diritto pubblico, la cui nozione almeno elementare è più di ogni altra indispensabile per le più ovvie funzioni di deputato, significherebbe presso a poco voler parlare dei logaritimi di Napier ad una mummia egiziana». Sul conto del Venditti, invece, è possibile leggere riferimenti al suo impegno di deputato e di presidente del consiglio provinciale di Benevento. A tal proposito, giova ricordare che sin dalla primavera del 1908 Antonio Venditti si era impegnato - con la presentazione di un disegno di legge alla camera dei deputati - per ottenere l’autonomia comunale di Ponte dal dirimpettaio comune di Paupisi e che proprio nel corso della campagna elettorale del 1913, lo stesso riuscì ad ottenere lo storico risultato. Questa operazione fu un vero e proprio capolavoro politico, dal momento che il comune di Paupisi era ascritto ad un altro collegio elettorale e il neonato comune di Ponte, inserito nel collegio cerretese, votò quasi plebiscitariamente per Venditti (Venditti ottenne 186 voti, mentre Pascale ne ottenne soltanto 72). L’impatto dell’operazione si coglie se solo si pone mente al fatto che Venditti vinse (in tutto il collegio) per soli 322 voti e che solo a Ponte riuscì a guadagnarne su Pascale 104.

Vita del Sannio contribuì, invece, al dibattito della campagna elettorale con lunghi e documentati reportage dei comizi che Giovanni Pascale tenne nei vari comuni del collegio. L’edizione del periodico, che era costituito di quattro pagine e che si occupava in genere di tutta la provincia, all’indomani dei pubblici incontri del Pascale veniva assorbita quasi per intero dalla narrazione dei grandi comizi. Fra i più importanti, non tanto per il peso elettorale, quanto per la valenza simbolica in riferimento a ciò che si è appena detto sull’autonomia del comune di Ponte, va ricordato il grande comizio di Telese, tenutosi domenica 2 febbraio 1913 nel cortile del molino Fasano. Per l’occasione fu inaugurato il vessillo e la sede sociale della Lega democratica Telesia, costituita nel mese di luglio del 1912. Giovanni Pascale, giunto alla stazione di Telese in una piovosa domenica invernale, fu accompagnato in corteo sul luogo del comizio. Dopo gli interventi si tenne un rinfresco nella villa del farmacista Alfonso Boccagna. Questi fu uno dei pionieri - insieme al barone Costanzo Iannotti, all’insegnante Amilcare Di Mezza e ad Achille Tancredi – dell’autonomia comunale telesina. Al centro della discussione vi fu appunto il completo stato di abbandono della frazione. Della mancanza degli elementari servizi pubblici (fontane di acqua potabile, illuminazione, strade, servizio medico locale) e dello stato indecoroso della chiesa e del camposanto parlò il maestro Amilcare Di Mezza. Il suo intervento gli costò il licenziamento. In qualità di maestro elementare presso Telese era un dipendente del comune di Solopaca, che allora era retto da un’amministrazione apertamente vendittiana. Purtuttavia il Di Mezza riuscì a spuntarla. Il Consiglio scolastico provinciale accolse il suo ricorso. Giovanni Pascale tenne un memorabile comizio e si schierò in favore della battaglia telesina. Fu accolto con un’ovazione il ricordo degli anni dell’università, il ricordo delle partenze dalla stazione ferroviaria di Telese alla volta di Napoli. Non mancarono i cenni alle enormi potenzialità della stazione termale.

La campagna elettorale del 1913 e i grandi comizi tenuti da Giovanni Pascale nei comuni del collegio cerretese rappresentano l’ultima grande esperienza politica che il Sannio telesino visse nella storia dell’Italia liberale. La prima guerra mondiale non soltanto travolse l’ordinamento giuridico liberale, ma aprì le porte a una nuova dimensione spaziale delle relazioni politiche e sociali. I totalitarismi novecenteschi si affacciavano nella storia.
 
Nella lettera di condoglianze scritta da Mario Venditti (figlio di Antonio Venditti) a Luigi Pascale (fratello di Giovanni Pascale) traspare la consapevolezza e l’amarezza per il fatto che la morte di questo grande soldato non è mero fatto privato, ma assurge ad evento simbolico rappresentativo della conclusione di un’epoca storica. La morte di Giovanni Pascale – Antonio Venditti era morto nel 1932 e Giuseppe D’Andrea era morto nel 1934 – estinse un’intera generazione politica. La tradizione politica liberale della valle telesina usciva per sempre dalla storia.

La prepotente evidenza di un’attualità palpitante che avvince Mario Venditti non è nient’altro che la percezione dell’imporsi di una nuova dimensione planetaria della storia umana, non più conchiusa negli stati nazionali e nelle culture locali, ma aperta su spazi indefiniti e sconfinati.

Oggi rifiorisce l’interesse per i luoghi. Ci si avvede dell’illusorietà di poter radicarsi nell’agorà globale in assenza di un vincolo terrestre.
 
L’impegno politico di Giovanni Pascale ci conduce a Faicchio, a Telese, a Cerreto e ci parla della nostra tradizione di pensiero e di azione. Esso ci dice che per appagare il bisogno di vivere nel mondo - con un fondamento esistenziale autentico - dobbiamo rinnovare giorno per giorno il legame con il nostro passato e con la nostra terra.

Il saggio, corredato di note bibliografiche e di approfondimento, è stato pubblicato sull’Annuario 2018 dell’Associazione Storica Valle Telesina. L’Annuario sarà presentato sabato 9 marzo 2019 presso l’Abbazia Benedettina di San Salvatore Telesino.



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