di Alessandro Liverini
Molti degli abituali frequentatori di
Monte Pugliano sanno che sul versante sud-orientale, ai confini fra San
Salvatore, Castelvenere e Telese, sono visibili strutture di età medievale. Ai
numerosi amici da me accompagnati a visitare il sito ho narrato le cose apprese
sulle seguenti pubblicazioni.
Sulla preziosa planimetria illustrata di Monte
Pugliano realizzata da Legambiente Valle Telesina in occasione del convegno
“Monte Pugliano custode di bellezza”, svoltosi a Telese il 29 aprile 2016, ove
si legge che: «Sembra che la collina sia stata occupata anche in età medievale.
A tale epoca potrebbero risalire i resti individuati nel settore
centro-meridionale dell’altura, comprendenti una piccola chiesa con absidi e
ulteriori ambienti». A tale breve descrizione è affiancata una planimetria
disegnata dall’architetto Leucio Iacobelli.
Sulla “Carta archeologica e ricerche in Campania.
Fascicolo 4: Comuni di Amorosi, Faicchio, Puglianello, San Salvatore Telesino e
Telese Terme” (2010) e, in
particolare, nel capitolo redatto da Giuseppina Renda “La zona dal torrente
Titerno al fiume Calore”, ove al sito 180, si dà un’approfondita descrizione
del sito, richiamando una relazione archeologica di Angelo Panzera, datata 1955
e commissionata dalla locale Soprintendenza archeologica. Fra le altre
interessanti informazioni è dato leggere che: «Intorno all’edificio sacro,
oltre ai vani di abitazione, si rinvennero due tombe in muratura, con ossa
umane alla rinfusa, presumibilmente pertinenti alla necropoli annessa al complesso
religioso. [...] All’entrata della chiesa si trovò uno scheletro. [...] I resti
delle strutture e della necropoli sono stati gravemente compromessi dalla
costruzione, negli anni ‘80, del Novecento, di una strada, che ha comportato in
particolare la distruzione di una delle absidi e del protiro della chiesetta.
In questa occasione i materiali, tra cui le due colonne in marmo, vennero
gettati in una scarpata vicina. Non vi sono elementi per proporre una datazione
del complesso».
Su “Guardia Sanframondi da vicus a castrum longobardo
di Luigi R. Cielo, in Rendiconti dell’Accademia di Archeologia Lettere e Belle
Arti, Volume LXIII, 1991 - 1992” (estratto
fruibile dalla biblioteca on-line dell’Associazione storica valle telesina, in www.asvtelesina.org), ove il sito è dall’autore
inquadrato storiograficamente nel «vasto fenomeno dell’incastellamento, che in
Campania ricorre nella seconda metà del X secolo» e, in particolare, assieme a
Limata e alla rocca di San Salvatore, viene dall’autore considerato come un
esempio di «insuccesso dell’incastellamento», in contrapposizione al più
eclatante esempio di successo di tale fenomeno: Guardia Sanframondi, che,
appunto, da vicus diviene castrum, anche grazie alla favorevole posizione
di controllo dell’asse che dall’area capuano-alifana penetra nel Molise.
Qualche
giorno fa, del tutto casualmente, mi è capitato di leggere in “Telesia. Ricordi
e speranze” di Luigi Riccardi (1927) - in “Telese tra storia e cronaca negli
scritti di Luigi Riccardi” a cura di Salvatore D’Onofrio (1991) - il suggestivo
capitolo «Lotta tra il vescovo di Telese e il signore di Pugliano», ove
l’autore scrive: «Era signore del feudo di Pugliano nell’ambito di Telese,
Pietro Baher, uno dei grandi del Regno, che non disdegnava dimorare nel
castello del suo feudo che mostra ancora i suoi ruderi dalla parte della
collina che sovrasta ai bagni di Telese». Nessun dubbio può esservi sul fatto
che il Riccardi intendesse riferirsi proprio al sito medievale di cui sto
scrivendo, dal momento che lo stesso si trova proprio «dalla parte della
collina che sovrasta ai bagni di Telese», proprio come il castello di Pietro
Braerio. Dubbi, invece, restano sul fatto che quello fosse effettivamente il
castello del conte francese, precettore di Carlo Martello. Luigi Riccardi non
riporta la fonte di questa notizia: non dice se si tratti di una tradizione
orale, di un fatto documentato o di una sua invenzione.
Il recentissimo e
pregevole studio di Antonietta Cutillo su Pietro Braerio (A. Cutillo, “Prime
note sul cavaliere Pietro Braerio, milite angioino e Giustiziere di Terra di
Lavoro sepolto nel monastero di S. Salvatore de Telesia”, in Annuario
dell’Associazione storica valle telesina,
2018) nulla dice sulla sua dimora telesina, mentre, d’altro canto, narra la
bella storia della traslazione della sua epigrafe sepolcrale (dall’Abbazia di
San Salvatore Telesino dove Braerio, morto nel 1298, fu sepolto, al Museo
Marrocco di Piedimonte Matese). Non avendo supporti documentali, ma non
essendoci motivi per ritenere che l’avvocato Riccardi abbia inventato tutto,
trattandosi di un giornalista e avvocato incline alla precisione argomentativa,
mi piace pensare che la notizia sia stata attinta alla locale tradizione orale.
E mi piacerebbe pensare che con questo mio scritto, la
tradizione orale del castello di Pietro Braerio - o, forse meglio, questa
fantasiosa ma entusiasmante leggenda - possa continuare a vivere nella storia
telesina.