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Il misterioso castello di Pugliano

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 21 Novembre 2020
Tags: PuglianoTeleseCarloMartello

di Alessandro Liverini

Molti degli abituali frequentatori di Monte Pugliano sanno che sul versante sud-orientale, ai confini fra San Salvatore, Castelvenere e Telese, sono visibili strutture di età medievale. Ai numerosi amici da me accompagnati a visitare il sito ho narrato le cose apprese sulle seguenti pubblicazioni.

Sulla preziosa planimetria illustrata di Monte Pugliano realizzata da Legambiente Valle Telesina in occasione del convegno “Monte Pugliano custode di bellezza”, svoltosi a Telese il 29 aprile 2016, ove si legge che: «Sembra che la collina sia stata occupata anche in età medievale. A tale epoca potrebbero risalire i resti individuati nel settore centro-meridionale dell’altura, comprendenti una piccola chiesa con absidi e ulteriori ambienti». A tale breve descrizione è affiancata una planimetria disegnata dall’architetto Leucio Iacobelli.

Sulla “Carta archeologica e ricerche in Campania. Fascicolo 4: Comuni di Amorosi, Faicchio, Puglianello, San Salvatore Telesino e Telese Terme” (2010) e, in particolare, nel capitolo redatto da Giuseppina Renda “La zona dal torrente Titerno al fiume Calore”, ove al sito 180, si dà un’approfondita descrizione del sito, richiamando una relazione archeologica di Angelo Panzera, datata 1955 e commissionata dalla locale Soprintendenza archeologica. Fra le altre interessanti informazioni è dato leggere che: «Intorno all’edificio sacro, oltre ai vani di abitazione, si rinvennero due tombe in muratura, con ossa umane alla rinfusa, presumibilmente pertinenti alla necropoli annessa al complesso religioso. [...] All’entrata della chiesa si trovò uno scheletro. [...] I resti delle strutture e della necropoli sono stati gravemente compromessi dalla costruzione, negli anni ‘80, del Novecento, di una strada, che ha comportato in particolare la distruzione di una delle absidi e del protiro della chiesetta. In questa occasione i materiali, tra cui le due colonne in marmo, vennero gettati in una scarpata vicina. Non vi sono elementi per proporre una datazione del complesso».

Su “Guardia Sanframondi da vicus a castrum longobardo di Luigi R. Cielo, in Rendiconti dell’Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti, Volume LXIII, 1991 - 1992” (estratto fruibile dalla biblioteca on-line dell’Associazione storica valle telesina, in www.asvtelesina.org), ove il sito è dall’autore inquadrato storiograficamente nel «vasto fenomeno dell’incastellamento, che in Campania ricorre nella seconda metà del X secolo» e, in particolare, assieme a Limata e alla rocca di San Salvatore, viene dall’autore considerato come un esempio di «insuccesso dell’incastellamento», in contrapposizione al più eclatante esempio di successo di tale fenomeno: Guardia Sanframondi, che, appunto, da vicus diviene castrum, anche grazie alla favorevole posizione di controllo dell’asse che dall’area capuano-alifana penetra nel Molise.

Qualche giorno fa, del tutto casualmente, mi è capitato di leggere in “Telesia. Ricordi e speranze” di Luigi Riccardi (1927) - in “Telese tra storia e cronaca negli scritti di Luigi Riccardi” a cura di Salvatore D’Onofrio (1991) - il suggestivo capitolo «Lotta tra il vescovo di Telese e il signore di Pugliano», ove l’autore scrive: «Era signore del feudo di Pugliano nell’ambito di Telese, Pietro Baher, uno dei grandi del Regno, che non disdegnava dimorare nel castello del suo feudo che mostra ancora i suoi ruderi dalla parte della collina che sovrasta ai bagni di Telese». Nessun dubbio può esservi sul fatto che il Riccardi intendesse riferirsi proprio al sito medievale di cui sto scrivendo, dal momento che lo stesso si trova proprio «dalla parte della collina che sovrasta ai bagni di Telese», proprio come il castello di Pietro Braerio. Dubbi, invece, restano sul fatto che quello fosse effettivamente il castello del conte francese, precettore di Carlo Martello. Luigi Riccardi non riporta la fonte di questa notizia: non dice se si tratti di una tradizione orale, di un fatto documentato o di una sua invenzione.

Il recentissimo e pregevole studio di Antonietta Cutillo su Pietro Braerio (A. Cutillo, “Prime note sul cavaliere Pietro Braerio, milite angioino e Giustiziere di Terra di Lavoro sepolto nel monastero di S. Salvatore de Telesia”, in Annuario dell’Associazione storica valle telesina, 2018) nulla dice sulla sua dimora telesina, mentre, d’altro canto, narra la bella storia della traslazione della sua epigrafe sepolcrale (dall’Abbazia di San Salvatore Telesino dove Braerio, morto nel 1298, fu sepolto, al Museo Marrocco di Piedimonte Matese). Non avendo supporti documentali, ma non essendoci motivi per ritenere che l’avvocato Riccardi abbia inventato tutto, trattandosi di un giornalista e avvocato incline alla precisione argomentativa, mi piace pensare che la notizia sia stata attinta alla locale tradizione orale.

E mi piacerebbe pensare che con questo mio scritto, la tradizione orale del castello di Pietro Braerio - o, forse meglio, questa fantasiosa ma entusiasmante leggenda - possa continuare a vivere nella storia telesina.



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