di Luigi Ruscello
Come è noto nel 1840 Pierre-Joseph Proudhon scrisse Qu'est ce
que la propriété? Per Proudhon l'unica e legittima fonte di proprietà è il
lavoro. Quando infatti disse "la proprietà è un furto", si riferiva
ai possidenti terrieri e ai capitalisti i cui proventi considerava come furti
nei confronti dei lavoratori. Ebbene, sembra che anche due dei più accreditati economisti dell’attuale
“mainstream” si siano convertiti al proudhonismo.
La famosa accoppiata Alesina/Giavazzi in un fondo del Corriere
della Sera del 26 ottobre scorso ha affrontato il tema delle disuguaglianze
e, nella sostanza, mi sembra che i due professori accolgano la tesi di Proudhon
quando affermano che i ricchi rimangono ricchi per generazioni anche se fanno
poco o nulla, mentre i poveri rimangono affossati nella povertà anche se si
impegnano per uscirne. In particolare, per arginare la disuguaglianza all’interno
di un Paese, e aumentare la mobilità sociale, suggeriscono di tassare, con
opportuni accorgimenti legati al reddito e con aliquote progressive, eredità e donazioni
infra-familiari «inter vivos». Al riguardo, mi meraviglia il fatto che non
venga fatto cenno all’istituto del “trust”.
Comunque, il maggior gettito
dovrebbe essere utilizzato per finanziare politiche che favoriscano le pari
opportunità. Politiche che, peraltro, non sono specificate. Anzi l’unico
esempio portato sembra contrastare con il loro assunto: «A questo andrebbe accompagnata
la detassazione delle quote di eredità destinate a enti no-profit (ospedali,
scuole, università) per finanziare, ad esempio, borse di studio per i meno
abbienti.» In effetti, la soluzione proposta,
da un lato, altro non è se non quella di tassare ancor più la “proprietà” mediante
le imposte sulle successioni e donazioni, il che potrebbe anche essere giusto,
e, dall’altro, di un esproprio sotto mentite spoglie.
Tanto varrebbe allora andare oltre il proudhonismo, che pur
ammette la “proprietà”, stabilendo che l’asse ereditario vada totalmente allo
Stato.
Al di là della provocazione e andando al concreto, mi permetto
osservare, che nel capitolo 1239 delle entrate statali confluiscono le imposte
di registro, ipotecarie e catastali, applicate in misura fissa sugli immobili
dell’asse ereditario, ed in misura proporzionale nel caso in cui le donazioni o
altra liberalità tra vivi sia a favore di soggetti diversi dal coniuge, dai
parenti non in linea retta e dagli altri parenti fino al quarto grado.
Ebbene, dalla lettura del Bollettino delle entrate tributarie (allegato
statistico) si apprende che nel 2015 si sono incassati 676 milioni, 724 nel
2016, 789 nel 2017 e 805, come preconsuntivo, nel 2018. Dal 2015 al 2018, quindi,
vi è già stato un incremento di 129 milioni, pari al +19%.
In definitiva, di quanto dovrebbero aumentare ancora le entrate
derivanti dalle imposte sulle successioni e donazioni per finanziare le
indefinite politiche che favoriscano le pari opportunità?
In
conclusione, nell’articolo vi sono solo enunciazioni di opinabili principi e
non sono forniti numeri sulle risorse occorrenti, per cui, non essendo in grado
di rispondere, lascio volentieri al cortese lettore
la soluzione.