
di Giancristiano Desiderio
La
settimana scorsa mi è stata somministrata una dose di AstraZeneca. Non ho avuto
alcuna conseguenza: né febbre, né dolori. Solo un leggero mal di testa che
credo sia stata più suggestione che realtà. Fra due mesi ho il “richiamo” per
la seconda dose. Non ho motivi per rifiutare la seconda iniezione: la farò per
tutelare me, i miei cari e ritornare a una vita che non sarà più “quella di
prima”, ma che pur deve riacquistare i caratteri della vita civile – relazioni,
amicizie, lavoro – che rendono la vita degna di essere vissuta.
Eppure, intorno
ai vaccini si è diffuso un tale clima di paura che gli insegnanti – o un numero
non piccolo di insegnanti – ritengono di non vaccinarsi o di rinunciare alla
seconda dose. Tale sentimento di sfiducia, che sconfina nell’irrazionalità, va
contrastato con esempi e argomenti. Tuttavia – e ce lo dobbiamo dire con onestà
intellettuale –, la sfiducia non è il frutto di un capriccio ma di una
mentalità insieme anti-scientifica e anti-costituzionale che fin dall’inizio
dell’epidemia da Covid-19 è stata adottata proprio dai rappresentanti sia della
scienza sia delle istituzioni in nome del mito da cui tutto discende: la Sicurezza
Assoluta.
In
Inghilterra su dieci milioni di vaccinati con AstraZeneca si sono verificati
193 casi con effetti collaterali importanti. Quindi, una cosa come lo 0,002 per
cento E, allora, la domanda da porsi è questa: un Paese moderno, quale l’Italia
è o ritiene di essere, che crede nei suoi mezzi scientifici e istituzionali può
mettere in conto un rischio di tale entità e avviarsi così ad uscire da
un’epidemia che da un lato ha mietuto più di centomila vittime e dall’altro ha
piegato la evidentemente debole vita civile ed economica? Se rispondiamo di no,
allora, sacrifichiamo sull’altare del mito ossia della inesistente sicurezza assoluta
anche le utili ragioni sperimentali della ricerca scientifica, dopo avervi
sacrificato i due caposaldi della democrazia liberale: libertà e lavoro.
Nella
prima fase della storia della pandemia ci siamo adattati, per difendere la
fragilità del sistema sanitario, allo scambio tra sicurezza e libertà. I
risultati che abbiamo ottenuto sono sotto gli occhi di tutti. Nella seconda
fase, con il caso dei vaccini AstraZeneca, lo scambio è tra sicurezza assoluta
e sicurezza relativa: per avere la prima, che non esiste, si rinuncia alla
seconda che non solo esiste ma è anche molto affidabile ed è il frutto di quell’etica
del lavoro e di quella libertà che mai si devono scambiare con beni inferiori o
relativi per il semplicissimo motivo che lavoro e libertà non sono di
impedimento per la sicurezza e di ostacolo alla salute ma ne sono la necessaria
pre-condizione.
Dall’anno
di epidemia, pandemia, infodemia abbiamo senz’altro molto da imparare. La prima
lezione riguarda la consapevolezza della inesistenza di un mondo sicuro al
cento per cento. Non c’è, non esiste. La vita umana è insicura per definizione
e lo scambio tra sicurezza e libertà è equivoco perché la prima non esiste
senza la seconda. Chi vuole la sicurezza assoluta si faccia Dio e cambi le
regole del gioco (ammesso e non concesso che Dio possa cambiare le regole del
gioco).
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 13 marzo 2021