blog - giancristiano desiderio

Vai ai contenuti

La difficoltà di credere

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Povera e nuda · 23 Marzo 2021
Tags: fedesant'agatadeigotialfonsodeliguori

di Giancristiano Desiderio

E’ un peccato che don Antonio Abbatiello, per circa mezzo secolo parroco della Cattedrale di Sant’Agata dei Goti, abbia scritto saggi sparsi e pubblicato poco (ma avrà scritto senz’altro di più di ciò che è edito). Lo dico a ragion veduta perché, per fare un solo esempio, la sua introduzione all’Origine della Città di Sant’Agata de’ Goti, ristampato tempo fa dalla Pro Loco – Fileno e la famiglia Rainone a Sant’Agata dei Goti – è uno scritto non solo erudito ma anche di bella fattura letteraria che invoglia alla conoscenza della storia religiosa e civile dell’antica diocesi che fu retta alla fine del Settecento dalla figura santa e carismatica di Alfonso de Liguori. Queste due qualità – storia religiosa e storia civile – si ritrovano nei versi raccolti da don Antonio ne Il rotolar de la pietra in occasione della conclusione del suo “cammino di parroco”. Si tratta di venticinque componimenti che il sacerdote nelle “Indicazioni ai lettori” invita a chiamare proprio così, “componimenti, senza alcuno aggettivo. Non chiamateli poesie” perché – dice con un giusto pudore che è tipico di chi sa cos’è poesia – “Io non sono un poeta!”.

I componimenti, però, sono proprio il frutto del “rotolar de la pietra” perché non hanno la loro origine in un gioco letterario ma in “circostanze vissute con una certa intensità” in cui immagini e idee prima hanno fermentato e poi hanno spinto “la mano a scriverle”. Dice il prete: “Perché li scrivevo? Nemmeno io lo so”. C’è da credergli. La necessità di esprimere un sentimento è senza scopo, si direbbe che è “senza perché” come la rosa di Angelus Silesius, e non tende ad un obiettivo che non sia il bisogno dell’espressione. La prima volta che i componimenti furono stampati fu quando don Antonio volle fare una prova: lasciava singoli foglietti sui banchi della chiesa e le anime di passaggio raccoglievano l’invito alla lettura: “Questo mi ha dato la spinta per farne una piccola pubblicazione” per amici, parenti, conoscenti e – perché no? – sconosciuti ai quali i componimenti potranno cadere tra le mani e potranno farsi ascoltare, come il seme che cade in un terreno fertile.

I componimenti sono numerati e, soprattutto per i lettori santagatesi che avranno ricevuto il libro, potrei indicare i versi da leggere: il numero 1, il 2, il 7 e quello del terzo gruppo – Suggestione – il 17 che è il frutto di una traduzione dal Rimas Sacras di Lope de Vega che inizia: “Cosa possiedo io, Signor/ da farti ricercar la mia amicizia?” e termina: “E il freddo gelido/ ha bruciato le piaghe/ dei tuoi santi piedi/ nell’attesa del mio sì./ Se mi chiamassi ancora!/ Forse l’ora è giunta”.

Ne Il rotolar de la pietra c’è un cammino che va dal fanciullo incantato nella “valle dei ciliegi” al giovane sacerdote che si mette sulla “strada diretta” indicata dal vescovo Ilario Roatta, fino a giungere alla contemporaneità in cui il tempo sempre si compie e “resta solo l’attesa, ma senza macerare il cuore” in cui il cuore di don Antonio, che abita i luoghi alfonsiani, dice a mo’ di appello: “Sì, ti attendo”. Il sacerdote, che i parrocchiani hanno imparato a conoscere nel corso degli anni e dei decenni, qui mette a nudo il suo cuore e, forse, i suoi amici e conoscenti potrebbero anche non riconoscerlo. La pietra che rotola via è sì la vita che va via, che passa e noi diciamo che il tempo è volato via, è passato, mentre in realtà siamo passati noi; ma è anche la vita che è tale nell’unico modo in cui può essere sé stessa: rotolando, divenendo, finendo. La pietra rotolata via è anche il masso del Sepolcro che Maria Maddalena, nella mattina della Pasqua, trova spostato e il Sepolcro è vuoto. Cos’è? E’ – dice don Antonio, ripetendo il senso della fede cristiana ma anche il battito del cuore inquieto che è dell’uomo, di ogni uomo – “la difficoltà di credere”: difficoltà che “sperimentavo non solo negli uomini del mio sacro contatto giornaliero, ma anche e tante volte in me stesso”.

La fede cristiana è una continua riconquista del valore della vita. Sia che sia la fede religiosa, che chiede infelice la vita eterna, sia che sia la fede laica, che crea dignitosa la vita delle opere, c’è un bisogno della fede per dare forza al povero, agostiniano e inquieto cuore umano, troppo umano che è continuamente visitato dal demone della dissolvenza.



Blog di critica, storia e letteratura di Giancristiano Desiderio.
Questo sito non è una testata giornalistica: è un blog. Il blog non è un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina di cui all’art. 1, comma III della L. n. 62 del 7.03.2001, quindi ogni singolo blogger è responsabile di quanto scrive.
Torna ai contenuti