di Giancristiano Desiderio
La Juventus è per gli antijuventini né più né meno che
la Rubentus, insomma ladri. La sola presenza della squadra che fu di Sivori e
di Platini basterebbe, secondo gli antijuventini, a falsare tutto. Il giudizio
degli antijuventini, che riguarda soprattutto napoletani e interisti, è
elementare: la Juventus vince perché, in un modo o nell’altro, è aiutata a
vincere dagli arbitri. Il pregiudizio antijuventino è talmente forte e convinto
che scatta anche in assenza della Juventus. Ad esempio, se il Napoli o l’Inter
perdono una partita per un errore arbitrale, il tifoso napoletano o interista
ricorre ad una sorta di argumentum ad hominem dicendo che alla Juventus
una cosa del genere non sarebbe mai accaduta e, comunque, ora che il fatto è
accaduto al Napoli o all’Inter chi se ne avvantaggia è proprio la Juventus e,
quindi, è evidente che esiste un complotto per far vincere la Juventus.
La teoria del complotto juventino è seconda solo alla
teoria marxista che vedeva nell’esistenza dello Stato di diritto della borghesia
un complotto universale contro il resto del mondo. La differenza sta nel fatto
che la teoria marxista della falsa coscienza è finita mentre la teoria del
complotto juventino gode di ottima salute e non c’è critica, prova, buonsenso che
possa smentirlo.
L’esistenza indiscutibile del complotto pro-Juventus non
solo per far vincere la Juventus ma anche per non far vincere il Napoli e l’Inter
è all’origine dell’introduzione della moviola in campo, la cosiddetta Var. Aldo
Biscardi, mitico inventore del Processo del lunedì, intuì che nei tifosi
italiani c’era un grande risentimento contro l’egemonia juventina e la innalzò
prima a dignità di calcio commentato, parlato, giudicato e poi le costruì un
vero e proprio tribunale con cui mettere sotto processo il campionato e,
quindi, la Juventus. La Var in campo altro non è che il famoso moviolone delle
trasmissioni di Aldo Biscardi che non a caso spingevano proprio per l’introduzione
della tecnologia nel calcio. Il moviolone, infatti, svelava che vi erano errori
nelle valutazioni arbitrali e, guarda caso, erano errori che andavano quasi
sempre - per non dire sempre e basta – a vantaggio della Juventus.
Il caso più clamoroso è quello del gol di Turone in
Juventus-Roma che fu annullato per fuorigioco: la bandierina alzata del guardalinee
annullò un gol regolare e cambiò la storia del campionato 1980/81 che fu poi
vinto dalla Juventus. Le recriminazioni della Roma e dei romanisti per quel gol
fantasma non sono mai finite. Il gol di Maurizio Turone sarebbe stato
convalidato se ci fosse stata la moviola in campo. Dunque, ecco la soluzione
per evitare le ruberie della Juventus e svelare al mondo intero il complotto
juventino: la Var.
Eccoci giunti ai giorni nostri. Sull’onda di una
filosofia tribunalizia e di un rancore giustizialista la Var è stata adottata
ma, cosa strana assai, la Juventus continua a vincere inarrestabilmente
il campionato. Basterebbe questo fatto per far crollare la teoria del complotto
juventino, ma un complotto non cade così facilmente. Infatti, chi crede ai
complotti è disposto a cambiare i fatti pur di salvare la (cattiva) teoria. Non
solo. L’uso della Var non ha né eliminato né ridotto gli errori arbitrali ma li
ha o trasformati o trasferiti. Questo dovrebbe condurre a capire che l’errore è
un elemento del gioco e che l’arbitro cadendo in errore senza la Var e con la
Var è in buonafede. Invece, per i complottisti la persistenza degli errori
conferma proprio ciò che smentisce: la malafede arbitrale e la non-volontà di
eliminare gli errori la cui esistenza è la prova provatissima dell’esistenza
del complotto universale pro-Juventus.
La Var si è trasformata in men che non si dica da
elemento di giustizia in fattore di ingiustizia. Avrebbe dovuto eliminare non
solo le polemiche ma soprattutto le ruberie e invece alimenta quella risentita
filosofia tribunalizia che vede in ogni manifestazione del mondo, sempre così
vario e interessante e gustoso, un’ingiustizia da processare e condannare. Il
campionato di calcio italiano sembra sia diventato l’origine stessa di questa
mania di ricorrere alla magistratura o a un tribunale o un giudice pur che sia
per ottenere per altra via ciò che non si ottiene sul campo. Dopo la partita
Napoli – Atalanta, un senatore e un deputato, Gaetano Quagliariello e Paolo
Russo, hanno presentato un’interrogazione urgente al ministro dello Sport. L’idea
è quanto mai semplice: avere giustizia fuori dal campo visto che in campo non c’è
giustizia e che lo stesso sistema che si è adottato per ottenere giustizia – la
Var – si è trasformato in un sistema massimamente ingiusto.
Nessuno sembra essere sfiorato dal dubbio che non vi è
ingiustizia e che, al contrario, proprio il convincimento di “far ricorso” ad
uno strumento per ottenere giustizia rischia di giustiziare il calcio in sé. La
discrezionalità arbitrale, infatti, è essa stessa parte del gioco e l’idea che
ci sia una sorta di leva extra-calcistica sulla quale poggiarsi per giudicare
produce solo un effetto anti-calcistico. Detto in due parole: la Var è
anti-calcistica e ne va fatto un uso limitato (proprio come per avere giustizia
è necessario fare un uso limitato del tribunale). Va bene per il
fuorigioco - dove sono in gioco
centimetri e, a volte, ridicolmente millimetri - ma non va bene per il gioco ossia per l’azione,
il contatto fisico, lo scontro. Il gioco del calcio non è un video-gioco.
Dunque, bisogna rassegnarsi: la Juventus va battuta
nell’unico modo possibile, sul campo, giocando, e non per via giudiziaria.
Bisogna rassegnarsi anche alle polemiche che, se viste nella loro giusta
dimensione, sono piacevoli, significative, gustose, argute e a volte creano una
sana e bella aneddotica e financo umanissima letteratura. Non a caso mi vengono
in mente le parole di Guglielmo da Baskerville ad Adso di Melk ne Il nome
della rosa che potete adattare al campionato italiano sostituendo amore con
Juventus: “Quanto sarebbe quieta la vita senza l’amore. Tanto sicura, tanto
calma…tanto noiosa”.