di Luigi Ruscello
Il
9 novembre 1989 cadeva il “muro” di Berlino e il mondo si apriva alla
globalizzazione. Oltre al “muro”, infatti, si abbassava anche la cosiddetta “cortina
di ferro” eretta nel famoso accordo di Yalta in cui il mondo fu diviso in due:
il blocco occidentale e quello dell’est. Da ciò la NATO e il Patto di Varsavia.
Tali accordi, inoltre, generarono la altrettanto nota “guerra fredda”. D’altronde,
alla chiusura della conferenza, il britannico «Time» scrisse: «Tutti i dubbi
che potevano sussistere sulla possibilità che i Tre Grandi fossero in grado di
cooperare in pace come avevano cooperato in guerra sono spazzati via per
sempre».
Perché
questo incipit? Perché una delle conseguenze dell’accordo di Yalta fu la divisione
della Germania tra le potenze vincitrici della guerra. Cosicché la parte
orientale della Germania, cioè quella oltre i fiumi Oder e Neisse, fu attribuita
al controllo della Russia. E la stessa sorte toccò a Berlino dove, nel 1961, fu
edificato dai russi, appunto, il “muro”, per evitare le fughe verso l’Ovest. Ricorre
quindi il trentesimo anniversario e molti si chiedono se la Germania sia
riuscita a pareggiare le condizioni di vita, ossia a risolvere quella che in
Italia dura da oltre centocinquant’anni, cioè la “questione meridionale”. Anche
la Germania, infatti, è caratterizzata da un dualismo territoriale che, a differenza
dell’Italia, riguarda l’Ovest e la ex DDR.
L'analogia
tra i problemi economici del Mezzogiorno e della Germania Est è stata oggetto
di numerose ricerche, le quali hanno dimostrato che ci sono somiglianze nelle
due regioni, in termini di cause della loro situazione economica. Secondo Sinn
e Westermann, ad esempio, sono entrambe vere economie di trasferimento, il cui consumo
supera di gran lunga la produzione. Al di là degli svantaggi di localizzazione,
lo studio identifica, tra l’altro, nell’alta spesa per la sicurezza sociale
e nella malattia olandese (declino del settore manifatturiero) le ragioni fondamentali del cattivo andamento
economico. Inoltre, è
stato posto in rilievo il fatto che, nei Paesi dualistici, come la Germania e
l’Italia, le politiche tese a favorire le aree arretrate finiscono per avere un
impatto positivo nelle zone più ricche, come, ad esempio, in Italia, il credito
d’imposta.
D’altronde,
in Campania, come è stato dimostrato da uno studio di SRM, per ogni cento euro
investiti nel settore manifatturiero se ne generano settantasei come effetto
endogeno e duecentottantaquattro come effetto esogeno, per cui, come ben si
comprende, i maggiori benefici vanno all’esterno della regione.
Ma,
ritornando alla Germania, contrariamente a quanto affermato anche da figure nazionali
di primo piano il differenziale tra Est e Ovest non è stato colmato. Anzi, non
è stata raggiunta nemmeno quella che Vera Lutz definì «parità
approssimativa», cioè il settantacinque per cento del reddito pro-capite dell’Ovest.
Infatti, anche se il risultato è ben maggiore di quello italiano, il rapporto
tra reddito pro-capite dell’Est si è stabilizzato da molti anni sul sessantotto
per cento. E ciò, nonostante siano stati impiegati ben più di duemila miliardi
dal 1991. Questa cifra è quattro volte maggiore di quella italiana impiegata dal
1950. D’altronde, ove si rapportino tali cifre al PIL, si ottiene che in Italia
non hanno mai raggiunto l’uno per cento, contro un valore tra il 5/6 per cento
tedesco.
Un
ulteriore indice del mancato raggiungimento dell’obiettivo è costituito dall’andamento
della popolazione. Se il Mezzogiorno, infatti, solo dal 2013 presenta una
riduzione dei residenti, in Germania, i cinque nuovi Länder hanno
perso ben tre milioni di abitanti dal 1991.
In conclusione, vorrei solo ricordare ai
critici del reddito di cittadinanza, che in Germania il 47% della popolazione dell’Est tuttora viene
assistito, in quanto i famosi flussi di finanziamenti dall’Ovest all’Est in
realtà vanno a finanziare i consumi.
Nonostante
ciò, come dimostrato dalle recenti elezioni, si sta creando una situazione di
insofferenza sia all’Est che all’Ovest. Anzi, e sembra di stare in Veneto, come
ha scritto recentemente James Hawes: «La Germania occidentale dovrebbe smettere
di sprecare soldi nel tentativo di compiacere una regione che è impossibile
compiacere. Dovrebbe concentrarsi su di sé».