di Giancristiano Desiderio
La sinistra riformista è sempre sconfitta dalla
sinistra massimalista. E’ sempre stato così, fin dai tempi del revisionismo di
fine Ottocento. La Prima repubblica è finita non con il fallimento del
comunismo sovietico, né con Tangentopoli ma con la eliminazione della sinistra
riformista ad opera della sinistra comunista. E’ un dato storico che la Seconda
repubblica sia nata e si sia sviluppata in totale assenza di una sinistra
riformista. Poi il ventennio prenderà il nome da Silvio Berlusconi - il Berlusconismo - ma è solo un effetto ottico perché in realtà i
venti anni di Seconda repubblica, che hanno originato il super-uomo-massa del
M5S, sono i due decenni della sinistra ex e post-comunista che ha immobilizzato
l’Italia e che non ha mai fatto i conti politici e culturali con il suo
massimalismo ideologico che si è rapidamente trasformato in pratico e funzionante
giustizialismo.
Il Pci, poi Pds, quindi Ds, ora Pd non ha mai assunto
su nessun problema rilevante una posizione liberale. Sul piano delle riforme
istituzionali la sinistra si è sempre schierata per la conservazione. Sul piano
politico la sinistra ha sempre demonizzato l’avversario. Sul piano economico la
sinistra ha sempre osteggiato la riforma del lavoro. Sul piano culturale la
sinistra ha sempre rifiutato di rivedere i dogmi gramsciani e togliattiani. I
venti anni del berlusconismo sono in realtà i venti anni della sinistra politica,
sindacale, culturale che ha impedito ogni tentativo di riformare il
sistema-Italia. La sinistra, in altre parole, è stata semplicemente reazionaria
e illiberale, naturalmente senza dimenticare di dare lezioni di civiltà,
umanità e moralità alla destra, a Berlusconi, ai vivi, ai morti e al mondo
intero. Risultato: un paese in decadenza che ha generato il mostruoso
risentimento sociale del grillismo che sulla scorta del giustizialismo e dello
statalismo è il fratello gemello del massimalismo comunista.
Non è un caso che Renzi e il renzismo, che hanno
provato a interpretare una sinistra riformista fuori tempo massimo, siano stati
sempre percepiti, sopportati e mal tollerati all’interno del Pd. La sinistra
reazionaria ha, infatti, tuttora una concezione leninista della politica: ossia
un partito che occupa le istituzioni e che piega la società ai suoi voleri. I
caposaldi della democrazia liberale -
proprietà, libero mercato, pluralismo, garantismo - sono accettati a parole ma svuotati nei fatti.
Il Pd di Zingaretti, che si ritrova in convento per cambiare nome e per riunire
tutta la sinistra senza Renzi, altro non è che il Pds che aveva fresco fresco
alle spalle il cadavere del Pci. Stiamo sempre lì: la vittoria del massimalismo
a spese del riformismo.
L’incontro tra il Pd e il M5S non è un incidente ma un
destino. C’è aria di famiglia. Al di là di riferimenti culturali e figurine
Panini che lasciano il tempo che trovano, “l’album di famiglia” è il medesimo.
Al giustizialismo del Pci-Pds-Ds-Pd ha fatto seguito il giustizialismo del
grillismo. Al risentimento e alla coltivazione dell’invidia sociale della
sinistra reazionaria ha fatto seguito il rancore dei grillini. Alla demonizzazione
dell’avversario sempre ben orchestrata dalla macchina propagandistica del
massimalismo ha fatto seguito il fanatismo social del M5S.
Così l’intesa del Pd
con il M5S sulla illiberale e giacobina riforma della giustizia, con la fine
della prescrizione e del giusto processo, è pressoché perfetta. Che tutto sia
contro “la Costituzione più bella del mondo”, un tempo difesa e mummificata dalla
sinistra reazionaria, conta molto poco perché ciò che realmente conta è
modificare ciò che si può e si deve modificare, anche principi sacrosanti di
garanzia e di libertà, stando al governo e occupando le istituzioni con la
cultura statalista. Se fosse necessario assecondare il delirio illiberale del
M5S sul vincolo di mandato per avere non deputati ma emissari, non un Parlamento
ma una caserma, il Pd e la diffusa sinistra reazionaria di questo sciagurato
Paese lo asseconderebbe. Dando lezioni di civiltà, umanità e moralità al mondo
intero, s’intende.