di Luigi Ruscello
Il ministro per il Sud e la coesione territoriale,
Giuseppe Provenzano, e quello per gli Affari regionali e le Autonomie,
Francesco Boccia, sono meridionali ed entrambi appartengono al Pd, cioè quel
partito icasticamente definito da Desiderio “del potere inutile”.
Il primo è siciliano e vice direttore della Svimez dal
2016. Il secondo, invece, è pugliese e dal 1998 insegna discipline economiche
all’Università Cattaneo di Castellanza dove, dal 1998 al 2005, ha diretto il CERST.
Dal 2016 è presidente del Centro di Ricerca interdisciplinare su Governance e
Public Policies presso l'Università degli Studi del Molise.
Ma perché questo pistolotto?
Per dimostrare che non sono due mezze calzette
pentastellate, almeno secondo la vulgata mainstream, ma due meridionali “acculturati”.
Tanto premesso, il ministro Boccia, non è dato
sapere se di concerto con Provenzano, ha inviato alle
Regioni la proposta di legge quadro che dovrebbe fare da cornice alle intese
con i singoli territori per l’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della
Costituzione, relativo al regionalismo differenziato.
Essa
si compone di soli due articoli. Il primo, definisce la metodologia da seguire
per le intese; mentre, il secondo entra più nei particolari, come, ad esempio,
i LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Ma, come al solito, poiché la
fantasia italiana non ha limiti, viene considerata una nuova figura, come se
già non bastassero quelle esistenti. Ai LEA, LEP, costi standard, costi storici
assoluti e pro-capite, fabbisogni standard, si vengono ad aggiungere gli “obiettivi
di servizio”. Trovandosi ad ampliare lo spettro degli indicatori, potevano essere
contemplati anche i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals
– SDGs), contenuti nell’Agenda ONU 2030.
La
cosa più grave però è costituita da un piccolo particolare (!) e cioè quanto
stabilito nell’art. 2. In esso, tra
l’altro, è previsto che i livelli essenziali delle prestazioni, gli
obiettivi di servizio e i fabbisogni standard, se non individuati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di approvazione dell’intesa, saranno determinati da un Commissario,
con buona pace della Repubblica parlamentare. Al riguardo, è da precisare che la
SOSE, pur richiamata nella bozza, ha già presentato al Parlamento il suo
rapporto a gennaio del 2017. Ma, poiché i LEP sarebbero troppo favorevoli per
il Sud, è stato subito accantonato. Inoltre, come già evidenziato a suo tempo da
Viesti, nell’ultimo comma viene posto un termine di dieci anni per la verifica.
E se le cose non sono andate bene? Si ritorna indietro? E come?
Comunque, al di là delle critiche più
specificamente giuridiche, ma anche di merito e del tutto condivisibili,
avanzate da Villone, che mi appare ormai come l’ultimo dei mohicani, non mi
sembra che si siano registrate ferme prese di posizione sulla legge quadro, come
invece si fece durante il governo giallo-verde (chissà cosa ne pensa la Svimez
e in particolare il vice direttore).
Anzi, la fretta mostrata dal ministro Boccia
sembrerebbe darmi ragione perché il 27 settembre scorso, nel concludere il mio
intervento in una manifestazione organizzata a Venosa da “La piazza pubblica”,
mi auguravo che le
imminenti elezioni regionali non provocassero le stesse “voglie” del 2001, con
la mai abbastanza deprecata riforma costituzionale.
Ma,
purtroppo, sembra che i fatti mi diano effettivamente ragione se il 14 scorso il Corriere della Sera,
nell’edizione di Bologna, titolava: “Autonomia, assist di Roma
all’Emilia”.
In
conclusione, dove non è riuscito Salvini ci stanno provando, pervicacemente, i
nostri eroi meridionali, cui intitoleremo strade e piazze (non ditelo ai
neoborbonici, per carità).
E i parlamentari 5Stelle? Penso che siano
diventati ferventi ammiratori di Cronin.
P.S.: non è previsto da nessuna norma che l’autonomia
differenziata si debba per forza concedere, come precisato dallo stesso art.
116, c. 3, della Costituzione:
«Ulteriori forme e condizioni particolari di
autonomia, …, possono essere attribuite ad altre Regioni, …».