
di Alessandro Liverini
Quelli
che oggi si reputano “veri telesini” o “telesini doc” pretendono di legittimare
il proprio “lignaggio” geografico sul mero dato temporale. Cioè a dire: i “veri
telesini” o i “telesini doc” sarebbero solo coloro i quali possono vantare un
cospicuo numero di anni di residenza a Telese, al quale numero di anni possono
aggiungere quello della propria famiglia di origine. Dunque: i “veri telesini”
o i “telesini doc” sarebbero soltanto i “telesini di … ennesima, immemorabile,
antichissima ... generazione”.
A
ben vedere, però, anche questi presunti telesini appartengono a famiglie di
forestieri che un tempo (non molto lontano) giunsero a Telese dai paesi
limitrofi o da luoghi lontani. Il mero dato anagrafico perciò è radicato sul
nulla. Su un infruttifero regressus ad infinitum.
Allora
la natura di telesino verace va radicata su un elemento di diversa natura.
Direi, su un elemento storico-esistenziale.
Orbene.
I forestieri giunti a Telese dai paesi limitrofi erano per lo più contadini o
piccoli possidenti, per i quali, in effetti, il legame - pur flebile e remoto -
con l’abbandonata Telese medievale non era mai morto. Si pensi, a mero titolo
di esempio, che i carbonari guardiesi della prima metà del XIX secolo ebbero a
definirsi “Telesini risorti”.
I
forestieri giunti a Telese da luoghi lontani (dalla Puglie, dalla Terra di
Lavoro, da Napoli), invece, erano piccoli o grandi imprenditori attratti dalle
enormi potenzialità economiche e geografiche della rinata Telese ottocentesca.
Quella che io ho di recente definito la “Terza Telese”.
Sia
i primi, sia i secondi - diversissimi per estrazione sociale, condizione
economica e progetti di vita - erano legati da un sentimento comune: andare a
Telese per dare alla propria vita nuove possibilità, per guadagnarsi il futuro,
per non sciupare il proprio talento. E Telese era perfetta a tali scopi, perché
era una terra nuova, uno spazio libero, privo delle incrostazioni della storia.
Queste genti erano legate - tutte - dall’etica della speranza e da un
fortissimo spirito di libertà. Un pò come i “Pilgrim Fathers”, i quali - dalla
vecchia Europa - giunsero nelle ancora vergini Americhe per fondare un nuovo
ordine politico, economico e sociale.
Ecco,
dunque, chi è il vero telesino. Non già chi può vantare lo “ius sanguinis”, ma chi,
qualunque sia la propria origine geografica, può vantare un instancabile amore
per la libertà e per la speranza. Lo dico prima di tutto a me stesso.
Smettiamola di considerarci (noi che abbiamo i nonni o i bisnonni o i trisnonni
nati a Telese, ops!, a Solopaca) “veri Telesini” se abbiamo smesso di credere
nelle enormi potenzialità esistenziali di questa terra. Smettiamola di
considerarci “Telesini doc” se non crediamo nel lavoro e nel sacrificio
quotidiano, che è l’unica vera forza umana idonea a sostenere la speranza e la
libertà. Smettiamola di considerare i nuovi residenti alla stregua di cittadini
di serie B. A ben vedere forse sono proprio loro i veri portatori dell’etica
della speranza e dello spirito della libertà, coi quali in questa terra tanta
storia ancora deve essere scritta.