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Teoria e pratica dell'Archivio che non c'è

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 8 Novembre 2020
Tags: Sant'AgatadeiGotistoriaartebellezzaarchivio

di Giancristiano Desiderio

Quando sei in difficoltà, non vedi il futuro e non hai neanche la forza per immaginarlo a cosa ti aggrappi se non alla storia, alla tradizione, al passato, alla memoria? Perché il passato non è soltanto ciò che non c’è più ma anche e soprattutto ciò che pur non essendoci o ti sostiene, come fosse uno sgabello, o ti lega, come fosse una corda. In entrambi i casi hai bisogno di conoscere la tua storia per essere sostenuto e per liberarti. Ciò che è vero per un uomo è maggiormente vero per una nazione, per una città, per una comunità. Tuttavia, il mio paese, la mia cittadina dell’anima, Sant’Agata dei Goti, quella dei papi come Sisto e dei santi come Alfonso, quella che ha mosso la curiosità e lo studio di menti come Mommsen e come Croce, che ha avuto e generato essa stessa studiosi seri e noti  - uno su tutti: Vittorio De Marco - questa mia Sant’Agata dei Goti sempre in prima linea nella retorica della storia, dell’arte, del paesaggio e bla bla bla non ha ancora un Archivio storico comunale.

L’altro giorno mi sono recato all’Archivio diocesano per una ricerca storica. Cercavo notizie e fonti riguardanti la figura di Giuseppe Desiderio, arcidiacono, che nel 1820 fu eletto al Parlamento nazionale in seguito ai moti rivoluzionari del tempo in cui si chiedeva e si lottava per libertà e costituzione. Ho trovato ciò che cercavo perché l’Archivio diocesano, che impressionò per la mole uno storico come Gabriele de Rosa, è stato sistemato, è ben curato, è consultabile e ben utilizzato è una miniera filologica con cui conoscere la storia della millenaria diocesi. Purtroppo, la stessa cosa non è possibile fare con il comune che rispetto alla diocesi ha una storia molto più breve, eppure ha già molto da dirci, se solo si avvertisse il senso civile di conoscere la propria storia per costruire il futuro.

Non deve essere un caso che l’altro giorno, in occasione del 4 novembre, giornata straordinaria per ogni Italiano – o così dovrebbe essere – davanti al monumento ai Caduti, voluto con tutte le sue forze da Francesco de Prisco nel 1933, non c’era il classico Gonfalone municipale, mentre c’è ancora quel mortificante palo metallico di un semaforo ormai fuori uso che non è mai servito a nulla. Il modo in cui si concepisce la propria storia influisce, se non determina, la vita civile e la più minuta amministrazione comunale.

Quando lavoravo al mio primo libro sulla storia santagatese – Storia di Sant’Agata dei Goti nell’età liberale – mi recai al comune per alcune necessarie ricerche. Mi trovai davanti a uno spettacolo increscioso. I volumi dei verbali dei consigli comunali, a partire dalla fine del secolo XIX, erano riversi in terra, sporchi, malandati, abbandonati. Solo grazie all’aiuto di Michele Cosenza, che al tempo lavorava ancora al comune, riuscii a mettere mano a quelle carte e trovare alcune informazioni che mi servivano. Da allora ne è passato di tempo, ben più di dieci anni, ho scritto un secondo testo come Storia di Sant’Agata dei Goti nel ventennio fascista, ho ripreso le opere storiche di Michele Melenzio e oggi il lettore, gli studiosi, i ricercatori, gli studenti, tutti hanno a disposizione la storia moderna di Sant’Agata dei Goti. Tuttavia, per avviare il lavoro storiografico su nascita e sviluppo della Sant’Agata moderna – perché, appunto, è un avvio – mi sono avvalso di carte di famiglia, archivi privati, documenti sparsi e dell’archivio Melenzio-Desiderio che nel tempo ho costruito e vado arricchendo. Collaborazione preziosa è venuta dalla stessa Biblioteca Michele Melenzio che, fondata nel 2005 con Claudio Lubrano e con la Pro Loco, è diventata in quindici anni di vita un centro di studi imprescindibile per chiunque voglia conoscere la storia di Sant’Agata dei Goti. Un lavoro egregio che Claudio Lubrano ha fatto anche con la Chiesa di San Francesco e se oggi proprio il comune dispone di quel bene, che fino a quindici anni fa era né più né meno che un deposito se non un rifiuto, lo deve proprio alla passione civile di Lubrano. La storia, che sia pensiero, che sia azione, non s’immagina, si lavora. Non a caso è con la Biblioteca che è stato trascritto il volume del Libro dei parlamenti che ci fornisce una documentazione preziosa per la stessa nascita del comune quando l’università santagatese era ancora un feudo. Eppure, manca un tassello fondamentale. Appunto: l’Archivio storico comunale.

Credo che la nuova amministrazione, che gestisce un patrimonio storico-artistico cospicuo e di grande qualità, dovrebbe porsi con consapevolezza la necessità di governare al meglio una tale ricchezza culturale che al momento giace inerte ma che rappresenta a tutti gli effetti un tesoro civile da mettere a tema per risollevare le sorti cittadine. Il lavoro da fare per creare l’Archivio storico comunale non è di poco conto ma è un’opera necessaria. Non è un ghiribizzo da studiosi fuori dal mondo ma, al contrario, è una pratica civile che nel suo stesso solo avvio è capace di dare un indirizzo di pensiero e di azione per una città che ha l’urgenza di ritrovare sé stessa. La città nuova non nasce senza la città antica. Carlo Maria Cipolla ci ha insegnato l’originalità della città medievale che nacque dai mercanti, notai, medici, speciali, avvocati distinguendosi così dalla nuda e cruda proprietaria terriera. Una storia che si può vedere anche “in immagini” mettendosi davanti al Giudizio Universale nella Chiesa dell’Annunziata. Più che nuova o vecchia, Sant’Agata dei Goti va pensata prima di tutto come città.



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