di Giancristiano Desiderio
Quando sei in difficoltà, non vedi il futuro e non hai
neanche la forza per immaginarlo a cosa ti aggrappi se non alla storia, alla
tradizione, al passato, alla memoria? Perché il passato non è soltanto ciò che
non c’è più ma anche e soprattutto ciò che pur non essendoci o ti sostiene,
come fosse uno sgabello, o ti lega, come fosse una corda. In entrambi i casi
hai bisogno di conoscere la tua storia per essere sostenuto e per liberarti.
Ciò che è vero per un uomo è maggiormente vero per una nazione, per una città,
per una comunità. Tuttavia, il mio paese, la mia cittadina dell’anima, Sant’Agata
dei Goti, quella dei papi come Sisto e dei santi come Alfonso, quella che ha
mosso la curiosità e lo studio di menti come Mommsen e come Croce, che ha avuto
e generato essa stessa studiosi seri e noti - uno su tutti: Vittorio De Marco - questa mia
Sant’Agata dei Goti sempre in prima linea nella retorica della storia, dell’arte,
del paesaggio e bla bla bla non ha ancora un Archivio storico comunale.
L’altro giorno mi sono recato all’Archivio diocesano
per una ricerca storica. Cercavo notizie e fonti riguardanti la figura di
Giuseppe Desiderio, arcidiacono, che nel 1820 fu eletto al Parlamento nazionale
in seguito ai moti rivoluzionari del tempo in cui si chiedeva e si lottava per libertà
e costituzione. Ho trovato ciò che cercavo perché l’Archivio diocesano, che
impressionò per la mole uno storico come Gabriele de Rosa, è stato sistemato, è
ben curato, è consultabile e ben utilizzato è una miniera filologica con cui
conoscere la storia della millenaria diocesi. Purtroppo, la stessa cosa non è
possibile fare con il comune che rispetto alla diocesi ha una storia molto più
breve, eppure ha già molto da dirci, se solo si avvertisse il senso civile di
conoscere la propria storia per costruire il futuro.
Non deve essere un caso che l’altro giorno, in
occasione del 4 novembre, giornata straordinaria per ogni Italiano – o così
dovrebbe essere – davanti al monumento ai Caduti, voluto con tutte le sue forze
da Francesco de Prisco nel 1933, non c’era il classico Gonfalone municipale,
mentre c’è ancora quel mortificante palo metallico di un semaforo ormai fuori
uso che non è mai servito a nulla. Il modo in cui si concepisce la propria
storia influisce, se non determina, la vita civile e la più minuta amministrazione
comunale.
Quando lavoravo al mio primo libro sulla storia
santagatese – Storia di Sant’Agata dei Goti nell’età liberale – mi recai
al comune per alcune necessarie ricerche. Mi trovai davanti a uno spettacolo
increscioso. I volumi dei verbali dei consigli comunali, a partire dalla fine
del secolo XIX, erano riversi in terra, sporchi, malandati, abbandonati. Solo
grazie all’aiuto di Michele Cosenza, che al tempo lavorava ancora al comune,
riuscii a mettere mano a quelle carte e trovare alcune informazioni che mi
servivano. Da allora ne è passato di
tempo, ben più di dieci anni, ho scritto un secondo testo come Storia di
Sant’Agata dei Goti nel ventennio fascista, ho ripreso le opere storiche di
Michele Melenzio e oggi il lettore, gli studiosi, i ricercatori, gli studenti,
tutti hanno a disposizione la storia moderna di Sant’Agata dei Goti. Tuttavia,
per avviare il lavoro storiografico su nascita e sviluppo della Sant’Agata
moderna – perché, appunto, è un avvio – mi sono avvalso di carte di famiglia,
archivi privati, documenti sparsi e dell’archivio Melenzio-Desiderio che nel
tempo ho costruito e vado arricchendo. Collaborazione preziosa è venuta dalla
stessa Biblioteca Michele Melenzio che, fondata nel 2005 con Claudio Lubrano e
con la Pro Loco, è diventata in quindici anni di vita un centro di studi
imprescindibile per chiunque voglia conoscere la storia di Sant’Agata dei Goti.
Un lavoro egregio che Claudio Lubrano ha fatto anche con la Chiesa di San
Francesco e se oggi proprio il comune dispone di quel bene, che fino a quindici
anni fa era né più né meno che un deposito se non un rifiuto, lo deve proprio
alla passione civile di Lubrano. La storia, che sia pensiero, che sia azione,
non s’immagina, si lavora. Non a caso è con la Biblioteca che è stato
trascritto il volume del Libro dei parlamenti che ci fornisce una
documentazione preziosa per la stessa nascita del comune quando l’università santagatese
era ancora un feudo. Eppure, manca un tassello fondamentale. Appunto: l’Archivio
storico comunale.
Credo che la nuova amministrazione, che gestisce un
patrimonio storico-artistico cospicuo e di grande qualità, dovrebbe porsi con
consapevolezza la necessità di governare al meglio una tale ricchezza culturale
che al momento giace inerte ma che rappresenta a tutti gli effetti un tesoro
civile da mettere a tema per risollevare le sorti cittadine. Il lavoro da fare
per creare l’Archivio storico comunale non è di poco conto ma è un’opera
necessaria. Non è un ghiribizzo da studiosi fuori dal mondo ma, al contrario, è
una pratica civile che nel suo stesso solo avvio è capace di dare un indirizzo
di pensiero e di azione per una città che ha l’urgenza di ritrovare sé stessa. La
città nuova non nasce senza la città antica. Carlo Maria Cipolla ci ha
insegnato l’originalità della città medievale che nacque dai mercanti, notai,
medici, speciali, avvocati distinguendosi così dalla nuda e cruda proprietaria
terriera. Una storia che si può vedere anche “in immagini” mettendosi davanti
al Giudizio Universale nella Chiesa dell’Annunziata. Più che nuova o vecchia,
Sant’Agata dei Goti va pensata prima di tutto come città.