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Il giornalismo del drago

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 23 Febbraio 2019
Tags: dragogiornalismogiancristianodesiderio

di Giancristiano Desiderio

Riprendo il lavoro usato lì dove lo avevo lasciato. Heri dicebamus, disse Einaudi ma è una citazione troppo alta, drammatica e riguarda un’interruzione molto lunga del lavoro. Qui invece la pausa è stata minima e, in verità, nulla perché per come concepisco l’attività giornalistica non c’è giorno senza linea: nulla dies sine linea come Plinio il Vecchio dice di Apelle, pittore. Dunque, al lavoro.

Secondo Milton i libri sono “denti di drago” che hanno la vita dentro e sono capaci di dare vita e far nascere altri “denti di drago”. Il giornalismo non è fatto di libri e, se buon giornalismo, non è neanche libresco ma conserva una vitalità che, proprio in forza della sua prossimità alle cose che accadono, può rivelare un’inaspettata durata. I lettori che mi seguono, pochi o molti che siano, conoscono il mio lavoro e non ho bisogno né di fare presentazioni, né di fare promesse solenni. Si continua semplicemente il lavoro svolto finora.
Qui di “denti di drago” ce ne sono non pochi: il lavoro fatto con quel laboratorio e cavallo di molte battaglie che è stato Sanniopress ha dimostrato di aver durata e passo lungo, così agile e “sbagliato” che non pochi pezzi del mosaico sono ancora oggi freschi e godibili, mentre altri sono andati a formare veri “denti di drago”. Il giornalismo che qui si continuerà a praticare, nonostante ci si trovi nel bel mezzo di un blog e di un immenso blob virtuale e tuttavia reale, avrà il tempo del quotidiano e il passo di una rivista. Insomma, sarà aggiornato e proporrà giudizio, critica, storia, letteratura e un paesaggio italiano con zombi, per dirla con Arbasino, che ci tormenta e ci delizia: sono tutti “mezzi” e “fini” utili per capire e per raccontare non solo un luogo  - il Sannio e l’Italia e i nostri furori -  ma un tempo e le sue fisime, come amava ripetere Ruggero Guarini. La pagina che avete davanti lo dimostra.
Qui di fianco c’è l’articolo/saggio di Gennaro Malgieri  - il mio caro vecchio e giovane amico Gennaro che ringrazio per la collaborazione e la fiducia che ripone in me -  su Goffredo Coppola: è l’anticipazione di un capitolo sul grande filologo classico di Guardia Sanframondi che costituisce un libro  - Voci dalla Valle Telesina -  che a breve vedrà la luce con iLibridelDrago, il piccolo strumento editoriale pensato, come in passato, per continuare a discutere e stare insieme come in una serata di un’estate invincibile.

Ed ecco farsi avanti l’Ingordo: Antonio Medici in tutta la sua squisita umanità. Il discendente del Magnifico prosegue in una rubrica la sua “critica del giudizio gastronomico” e anche nel suo caso a breve usciranno le sue avventure e disavventure culinarie.
Ancora: c’è Alessandro Liverini che con grande passione civile si diffonde come sa fare sulla storia moderna e bella di Telese e la sua valle operosa e ricca d’imprese. Anche Liverini ha in canna un testo già pronto, come dice lui stesso nell’articolo, mentre Luigi Ruscello, che qui discute di regionalismo ed Europa, è autore di quel testo  - La questione meridionale non avrà mai fine -  che non smette per il suo valore di essere premiato e di farci pensare.
Tutti sono amici miei e qui, dando il loro prezioso contributo, hanno ospitalità come la troveranno coloro che vorranno fornire articoli, studi, ricerche. Perché il giornalismo del drago è fatto così, collaborativo con gli uomini di buona volontà che tendono la mano partecipando ad un’opera più grande di loro che, però, esalta la loro individualità senza invidia. Il blog/giornale, che nelle varie sezioni è ancora in fase di costruzione, porta il mio nome ma è solo una convenzione: al centro di tutto ci sono l’opera e il lavoro dei quali il mio nome è più attore che autore.

In casa dei miei vi era un piccolo drago di legno che si montava e smontava con un gioco ad incastro. Anche la vita, forse, è un gioco ad incastro, solo che le tessere o i tasselli non combaciano mai. Quel drago è ora il simbolo di queste pagine, un po’ per protezione, un po’ per affetto, un po’ per ironia. A mio padre piacevano i draghi e altri animali leggendari e diceva, prendendo in giro prima sé stesso, di essere un drago. Chissà, ora che è diventato tutte le cose sarà per davvero un drago e mi custodirà in questa nuova avventura di vita e di scrittura.





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