di Luigi Ruscello
Premetto
che, per nessun motivo, voglio passare per l’avvocato del M5S, ma che, invece, solo
per onestà intellettuale, sono contrario alle interpretazioni faziose e
settarie che contraddistinguono l’attuale fase politica e che, purtroppo, non
risparmiano nessun partito o movimento che sia. Per non parlare dei mezzi di
comunicazione. Si
può certamente essere di opinioni diverse e guai se non fosse così, ma senza
debordare dalla corretta dialettica.
Dagli
all’untore, dunque, dove per “untore” è da intendere il M5S perché ha voluto la
legge costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari.
La
prima osservazione che mi permetto formulare, allora, riguarda chi ha proposto
la legge. Ebbene, “accusare” il solo M5S di tale misfatto è la prova provata
del caos che regna in Italia non solo tra tutte le forze politiche, ma anche
tra opinionisti, giornalisti e intellettuali.
La
lettura dei proponenti la legge è quanto mai eloquente perché, come emerge dagli
atti parlamentari, l’iniziativa è dei senatori Quagliariello (IA); Calderoli
(L), Perilli (M5S); Patuanelli (M5S), Romeo (L). E non mi sembra che siano
tutti esponenti del M5S.
La
seconda, concerne chi e quando ha votato in modo favorevole. Ebbene, nelle
quattro votazioni previste dall’apposita procedura delle leggi costituzionali è
emerso che tutte le principali forze politiche, solo per motivi di potere, si
sono piegate al volere del M5S e che, nell’ultima votazione (seduta dell'8
ottobre scorso), se non fosse stato per il Gruppo Misto, si sarebbe ottenuta
addirittura la quasi unanimità della Camera dei deputati.
A ulteriore
comprova della mancanza assoluta di linearità e coerenza, si è ascoltata una
dichiarazione di voto surreale, perché nel mentre si annunciava il voto favorevole
si preannunciava la richiesta di un referendum per la non conferma della legge.
La
terza osservazione interessa la critica mossa al venir meno della
rappresentanza. E qui bisogna mettersi d’accordo sul numero e sul significato
di rappresentatività.
Sul
numero perché nella versione originaria dell’art. 56 della Costituzione si
legge che «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in
ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a
quarantamila.». Nel 1948, infatti, furono eletti 574 deputati. Nel 1963, poi,
si è stabilito un numero fisso, cioè 630. La fissità del numero significa che
all’aumentare della popolazione diminuisce la rappresentatività poiché per ogni
deputato cresce il numero dei rappresentati. Nel 1971, infatti, si contavano
85.931 abitanti per ciascun deputato; mentre, nel 2018 siamo già saliti a
96.171 (+12%). Con la riduzione a 400 il numero si impenna a 151.616, cioè del
58%. Si può discutere quindi dell’eccessivo incremento ma non del principio in sé
che già esisteva di fatto.
Ma
è possibile legare al numero di parlamentari il grado di rappresentanza di un
territorio? In teoria potrebbe essere così, ma nella realtà non lo è. Basta
considerare il comportamento dei deputati e senatori meridionali i quali mai
hanno fatto sentire la loro voce nell’approvazione dei provvedimenti che
andavano a scapito del Mezzogiorno. Per citare il caso più emblematico basta
osservare che a gennaio 2017 la SOSE ha presentato lo studio relativo ai LEP,
di cui tanto si discute a proposito del regionalismo differenziato. Ebbene, da
allora non c’è stato uno, che dicasi uno, rappresentante del Sud a sollecitarne
l’approvazione. Dallo studio della SOSE, infatti, emerge che, nell’approvare i
LEP, il Mezzogiorno ne guadagnerebbe molto.
Ci
dobbiamo mettere d’accordo però sul significato di rappresentatività perché se
rappresentanza significa difesa del territorio dovrebbe valere anche l’istituto
del cosiddetto recall, cioè che gli elettori di una zona potrebbero revocare il
proprio rappresentante.
C’è
un piccolo particolare, tuttavia, che non credo venga richiamato spesso, cioè l’articolo
67 della Costituzione il quale così recita: «Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.».
Mi
sembra, in conclusione, che tutte le diatribe sulla riduzione di
rappresentatività siano basate sul solito chiacchiericcio e sulle dichiarazioni
di circostanza, come, ad esempio, quella pronunciata l’altro giorno a Benevento
dall’ex premier Letta: «Io penso che il taglio, che ormai è stato fatto, possa
essere aggiustato in modo tale da dare la rappresentanza necessaria alle aree
interne, come è necessario e come è giusto che sia, come è sempre stato e come avviene
già in tante altre regioni d’Italia.».
Comunque,
la prova definitiva sul fatto che è il numero di rappresentanti a salvaguardare
meglio un territorio ci sarà fornita, almeno per noi beneventani, dall’esito
della presente legislazione. Il numero dei nostri attuali parlamentari è di ben
6 unità.
Se
son rose fioriranno.