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Il taglio dei deputati e il caso Benevento

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 29 Ottobre 2019
Tags: parlamentaritaglioM5Scostituzione

di Luigi Ruscello

Premetto che, per nessun motivo, voglio passare per l’avvocato del M5S, ma che, invece, solo per onestà intellettuale, sono contrario alle interpretazioni faziose e settarie che contraddistinguono l’attuale fase politica e che, purtroppo, non risparmiano nessun partito o movimento che sia. Per non parlare dei mezzi di comunicazione. Si può certamente essere di opinioni diverse e guai se non fosse così, ma senza debordare dalla corretta dialettica.

Dagli all’untore, dunque, dove per “untore” è da intendere il M5S perché ha voluto la legge costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari.
La prima osservazione che mi permetto formulare, allora, riguarda chi ha proposto la legge. Ebbene, “accusare” il solo M5S di tale misfatto è la prova provata del caos che regna in Italia non solo tra tutte le forze politiche, ma anche tra opinionisti, giornalisti e intellettuali.

La lettura dei proponenti la legge è quanto mai eloquente perché, come emerge dagli atti parlamentari, l’iniziativa è dei senatori Quagliariello (IA); Calderoli (L), Perilli (M5S); Patuanelli (M5S), Romeo (L). E non mi sembra che siano tutti esponenti del M5S.
La seconda, concerne chi e quando ha votato in modo favorevole. Ebbene, nelle quattro votazioni previste dall’apposita procedura delle leggi costituzionali è emerso che tutte le principali forze politiche, solo per motivi di potere, si sono piegate al volere del M5S e che, nell’ultima votazione (seduta dell'8 ottobre scorso), se non fosse stato per il Gruppo Misto, si sarebbe ottenuta addirittura la quasi unanimità della Camera dei deputati.

A ulteriore comprova della mancanza assoluta di linearità e coerenza, si è ascoltata una dichiarazione di voto surreale, perché nel mentre si annunciava il voto favorevole si preannunciava la richiesta di un referendum per la non conferma della legge.

La terza osservazione interessa la critica mossa al venir meno della rappresentanza. E qui bisogna mettersi d’accordo sul numero e sul significato di rappresentatività.
Sul numero perché nella versione originaria dell’art. 56 della Costituzione si legge che «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila.». Nel 1948, infatti, furono eletti 574 deputati. Nel 1963, poi, si è stabilito un numero fisso, cioè 630. La fissità del numero significa che all’aumentare della popolazione diminuisce la rappresentatività poiché per ogni deputato cresce il numero dei rappresentati. Nel 1971, infatti, si contavano 85.931 abitanti per ciascun deputato; mentre, nel 2018 siamo già saliti a 96.171 (+12%). Con la riduzione a 400 il numero si impenna a 151.616, cioè del 58%. Si può discutere quindi dell’eccessivo incremento ma non del principio in sé che già esisteva di fatto.

Ma è possibile legare al numero di parlamentari il grado di rappresentanza di un territorio? In teoria potrebbe essere così, ma nella realtà non lo è. Basta considerare il comportamento dei deputati e senatori meridionali i quali mai hanno fatto sentire la loro voce nell’approvazione dei provvedimenti che andavano a scapito del Mezzogiorno. Per citare il caso più emblematico basta osservare che a gennaio 2017 la SOSE ha presentato lo studio relativo ai LEP, di cui tanto si discute a proposito del regionalismo differenziato. Ebbene, da allora non c’è stato uno, che dicasi uno, rappresentante del Sud a sollecitarne l’approvazione. Dallo studio della SOSE, infatti, emerge che, nell’approvare i LEP, il Mezzogiorno ne guadagnerebbe molto.

Ci dobbiamo mettere d’accordo però sul significato di rappresentatività perché se rappresentanza significa difesa del territorio dovrebbe valere anche l’istituto del cosiddetto recall, cioè che gli elettori di una zona potrebbero revocare il proprio rappresentante.
C’è un piccolo particolare, tuttavia, che non credo venga richiamato spesso, cioè l’articolo 67 della Costituzione il quale così recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.».

Mi sembra, in conclusione, che tutte le diatribe sulla riduzione di rappresentatività siano basate sul solito chiacchiericcio e sulle dichiarazioni di circostanza, come, ad esempio, quella pronunciata l’altro giorno a Benevento dall’ex premier Letta: «Io penso che il taglio, che ormai è stato fatto, possa essere aggiustato in modo tale da dare la rappresentanza necessaria alle aree interne, come è necessario e come è giusto che sia, come è sempre stato e come avviene già in tante altre regioni d’Italia.».

Comunque, la prova definitiva sul fatto che è il numero di rappresentanti a salvaguardare meglio un territorio ci sarà fornita, almeno per noi beneventani, dall’esito della presente legislazione. Il numero dei nostri attuali parlamentari è di ben 6 unità.
Se son rose fioriranno.



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