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L' "operetta morale" di Giulio Iannotta

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Povera e nuda · 18 Marzo 2021
Tags: ComesicambialibroMarxsaggezzaAristotele

di Giancristiano Desiderio

La vita è cambiamento. L’ideale di una vita ferma, sempre uguale a sé stessa, con ogni cosa a portata di mano e ogni desiderio soddisfatto, è figlia dell’edonismo e della difesa rispetto alla vita stessa che cambia. I miti classici dell’Isola dei beati – il passato – e della Terra promessa – il futuro – sono l’illusione e a volte l’inganno di ricondurre la vita umana, con i suoi necessari conflitti e mutamenti che sono la vita, ad una sorta di natura umana realizzata e pacificata o alla pace perpetua o alla società perfetta in cui proprio l’elemento del cambiamento – imprevisto, imprevedibile, alogico, passionale, come la buona novella – è neutralizzato o anestetizzato da una presunta conoscenza superiore che molto spesso è impersonata da uno Stato o da un Partito o da un Capo che, la prima cosa fa, nega la libertà. Il classico rimedio peggiore del (presunto) male. Una situazione non molto diversa da quella nella quale ci troviamo oggi con la cosiddetta lotta al virus da Covid-19 in cui il governo, andando al di là dei suoi limiti, ritiene di sapere ciò che non si sa e non si può sapere e sulla base della sua presunzione – che è il contrario della costituzionale dotta ignoranza – nega le garanzie liberali e diventa padrone delle vite altrui. Al fondo c’è la medesima vitale esperienza connessa o alla saggezza, che Aristotele chiamava fronesis, o al delirio di onnipotenza: la vita che cambia.

Giulio Iannotta, con il libro Come si cambia (Etabeta), affronta il problema del divenire di tutte le cose dal lato professionale. Giulio, che conosco bene ma, evidentemente, non abbastanza bene, ha scritto un testo sorprendente che, coniugando vita e professione, formazione ed esperienza, offre al lettore una lunga lettera confidenziale il cui scopo è imparare dagli errori senza aver paura di cambiare perché se non ti eserciti a cambiare sarai cambiato dalla vita che ti obbliga a rispondere.

Come si cambia è uno di quei testi che oggi son detti di “letteratura motivazionale”: quelli, per capirci, che ti spiegano come fare per avere successo, cosa fare per sentirti “realizzato”, come fare la cosa giusta al momento giusto. Però, indicando il “genere” non s’intende il libro che sta stretto nel suo “genere” perché non è schematico ma giudizioso, non è pedante ma ironico, non è arido ma rinfrescante: più vicino a un’operetta morale che a un vademecum. Nel libro si mostra, in modo spontaneo e disciplinato, che il governo della vita (e della professione) non vuole né tirannia né improvvisazione, ma assidua lavorazione. Ciò che ci spinge a pensare e lavorare la vita è proprio il cambiamento continuo dell’esistenza. La vita fissa non ha bisogno di essere pensata perché è priva di occasioni: è una vita fessa. Ecco perché Marx era proprio fuori strada quando sosteneva che i filosofi avevano sempre solo pensato la vita mentre era giunto il momento di trasformarla: la vita cambia continuamente, anche quando appare statica, e se non la pensiamo e ripensiamo non saremo in grado di governarla per quel poco che ci è concesso per essere liberi. Tra noi e la vita c’è sempre un gap ermeneutico: una specie di ferita da cucire. Queste cose son dette nel libro di Giulio confidando sulla ragion pratica piuttosto che sulla astratta teoria.

Per questa sua qualità, più vicina al saggio che al manuale, il libro può essere letto non solo da coloro che sono alla ricerca di consigli professionali dell’avvocato – Giulio Iannotta lavora soprattutto nella consulenza alle piccole e medie imprese – ma anche da chi vuole leggere le lettere di un amico che attraverso sé stesso e le proprie esperienze si misura con gusto delle cose umane su casi e cause che riguardano la intricata vita moderna di ognuno di noi.

Ai miei occhi il libro rivela una certa aria di famiglia: sia perché in alcuni passaggi ed effusioni riconosco volti e situazioni di riferimento, sia perché ci ritrovo una formazione culturale coltivata dalla tradizione familiare. Nelle pagine finali del libro si fa esplicito riferimento alla figura del nonno materno, Michele Melenzio, cogliendone proprio attraverso le prove della vita quel valore di uomo e di colto educatore del popolo, come diceva bene Salvatore Valitutti, che magari in gioventù non si ebbe il tempo e la grazia di poter apprezzare. Alcuni consigli di Giulio suonano come massime - parti da te; sappi perdere; sii serio ma non prenderti troppo sul serio – che rivelano quella saggezza già richiamata che non è mai disgiunta da una nobiltà d’animo che rende la vita degna di essere vissuta. Per ogni domanda – dice Giulio Iannotta citando vagamente Hegel – c’è sempre una risposta e una decisione da prendere. Non so se una risposta ci sia sempre ma so che qua e là Giulio mi onora di qualche citazione e riportando un mio giudizio, come fossi un fratello maggiore, mi definisce filosofo di professione. Il che mi fa pensare che da un lato devo stare attento a quel che dico e dall’altro che, conservando la vocazione, devo cambiare professione.



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