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L'Italia "malestante" che non può più prendersela con Fornero

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Italia mia benché · 1 Aprile 2019
Tags: DiMaioSalvinifamigliatradizionalerecessione

di Giancristiano Desiderio

La famiglia è importante, va bene. Ognuno ama chi vuole e vive come vuole, sacrosanto. Aborto, divorzio, unioni civili stanno bene come stanno, va bene anche questo. Ma, scusate, il triumvirato Salvini – Di Maio – Conte non era il famoso Governo del Cambiamento (così, con le maiuscole, per far capire che era una cosa seria)? Non era questo il governo che avrebbe dovuto  - addirittura -  abolire la Povertà? Non era questo il governo che avrebbe dovuto donare agli italiani - addirittura -  la Felicità? Non era questo il governo che, forte della sua sovranità populista, avrebbe dovuto fare dell’Italia  - addirittura -  la nazione leader in Europa? Il 2019 non doveva essere “un anno bellissimo”? Morale della favoletta: invece dell’Annus mirabilis ci ritroviamo in un Annus horribilis. E il peggio deve ancora arrivare.

Winston Churchill diceva che i fatti valgono molto più dei sogni. E i fatti ci dicono che il Governo del Cambiamento è un classico governo partitocratico da Prima repubblica in cui ciò che conta è il clientelismo ma, rispetto al passato, con una grande differenza: non ci sono più pani e pesci da distribuire e per pagare il voto di scambio su larga scala si deve far ricorso ai debiti. Così oggi gli italiani sono più poveri rispetto a ieri: non solo rispetto all’epoca a. C. - avanti Crisi -  ma anche nei confronti della stagione d. C.: sigla che sta sia per dopo Crisi sia per Democrazia cristiana: ossia quel partito che tutti a parole criticano ma che tutti nella pratica rimpiangono, compreso il giovin signor grillino Giggino Di Maio da Pomigliano d’Arco che ha stampata in faccia la nostalgia per il partito di Gava, Andreotti e Pomicino ma non ha il coraggio di dirlo.

Almeno, in quel bel tempo andato il Sud non era in recessione mentre oggi nell’età del reddito di cittadinanza il Mezzogiorno è non solo tecnicamente ma anche fattualmente in recessione: “Il Sud è tornato in recessione dopo la ripresina agganciata nel periodo 2014 – 2017” ha detto il direttore della Svimez, Luca Bianchi, a Matera. Insomma, il Sud invece di andare avanti va indietro, tanto che Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria, ha detto che le “politiche paleoassistenziali” del governo non aiutano l’economia ma, all’inverso, l’affossano. Ma non è solo il Mezzogiorno a camminare come un gambero: è l’Italia intera che sta messa peggio di quando stava male. Ferma. Zero. Il ceto benestante è diventato il ceto malestante  - secondo il brutto ma efficace neologismo che Vittorio Macioce ha usato l’altro giorno in un tanto bello quanto amaro articolo su il Giornale. E sapete questo cosa significa? Beh, che a fare le spese della demagogia di governo è proprio quel ceto medio e medio basso e popolare che il governo del sovranismo populista avrebbe voluto risollevare. Il borghese piccolo e piccolo piccolo è oggi diventato un sottoborghese e la sua vita - sia che viva nella famiglia naturale o tradizionale sia che viva in una famiglia più incasinata come quella, grosso modo, di ognuno di noi -  è più vicina alla soglia della povertà piuttosto che al livello del benessere del bel tempo che fu.

Il motivo è uno e uno solo: il Cambiamento proposto dal governo è il Peggioramento perché quando un paese come l’Italia, che viene storicamente da un’epoca di socialismo reale, fa fatica a crescere è da stolti e da irresponsabili indicare nello Stato e nei debiti improduttivi della spesa corrente e clientelare l’ “uscita di sicurezza”. Qui l’unica cosa certa è l’entrata di insicurezza: l’Italia, che vende le cassette di arance alla Cina e prende le banane dall’Honduras, è di nuovo in crisi e questa volta non c’è nessuna élite, nessun governo tecnico, nessuna signora Fornero con cui prendersela.



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