di Luigi Ruscello
Come si spiega il fiorire di associazioni e
comitati che genericamente vengono indicati come neoborbonici?
Secondo Leogrande la nascita di questi
movimenti neoborbonici trova la motivazione nella crisi del vecchio meridionalismo.
In altri termini, il motivo essenziale è che si contrappone un qualcosa di freddo,
come la narrazione risorgimentale o, per usare un’altra espressione, il nazionalismo italiano, al calore della
piccola patria da recuperare.
Il motivo, invece, lo trovo in quello che
già Luigi Einaudi aveva indicato nel 1905 a proposito della questione meridionale:
il malgoverno.
In tal senso, sono gli anni Ottanta del XX
secolo quelli decisivi, quando, come scrisse Saraceno nel Rapporto Svimez del
1990, al blocco agrario, cavallo di battaglia del meridionalismo tradizionale,
si sostituisce il blocco sociale.
In verità, già nel 1960 Alfredo Todisco, in
un reportage da Napoli per conto del quotidiano La Stampa, aveva definito come “una
ingenua espressione del malumore meridionale” un certo atteggiamento neoborbonico
che si poggiava sull'idea che, tutto sommato, ai tempi del regime borbonico si
stava meglio di oggi.
Non è un caso, però, che fino agli anni
Settanta, i cosiddetti anni della “golden
age” meridionale, la casa monarchica preferita era quella dei Savoia. E come ci
ricorda Galasso, il Mezzogiorno è stato la parte d’Italia più
legata alla causa monarchica e alla Casa di Savoia anche quando era ormai
esclusa ogni possibilità di ritorno monarchico.
Il disagio meridionale, dunque, acuito dalla
fine degli interventi speciali (solo di nome peraltro) e dalle politiche
economiche di stabilizzazione, fece sì che si ritornasse ad essere tifosi del
Regno delle Due Sicilie, e quindi neoborbonici.
Cominciò a fiorire così una sorta di
controstoria, chiamata impropriamente “revisionismo”, in cui tutte le colpe
venivano e vengono attribuite ai cattivi
del Nord.
Tuttavia, quand’anche fosse vera questa
interpretazione, manca una seria e critica analisi delle responsabilità di noi
meridionali.
Sono
costretto a terminare, quindi, con le citazioni che non smetterò mai di rievocare,
e cioè, dapprima le parole di Guido Dorso: «… le
critiche e le omelie sulle sventure del Mezzogiorno non serviranno a niente se
non si riuscirà a convincere i meridionali stessi della bontà della loro causa.»
E, poi, quelle di Norberto Bobbio: «… la
questione meridionale è prima di tutto una questione dei meridionali.».