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Nel bosco di Montepugliano alla ricerca del "sacro dolmen"

giancristiano desiderio
Pubblicato da in Samnium · 18 Agosto 2019
Tags: telesesolopacamontepuglianocarafa

di Alessandro Liverini

Nel mese di agosto di duecentotredici anni fa, Giuseppe Bonaparte - fratello maggiore di Napoleone, da poco nominato Re di Napoli - abolì il sistema feudale.
 
I diritti feudali giurisdizionali furono estinti senza corrispettivo. Sto parlando del diritto e del connesso potere di esigere pedaggi terrestri (passo) e fluviali (scafe), del diritto e del connesso potere di amministrare la giustizia civile e penale di primo e, a volte, di secondo grado, del diritto e del connesso potere di disciplinare (anche attraverso l’imposizione di dazi) i mercati (portolanìa) e le unità di misura (zecca). Queste facoltà - insieme a tutte le corrispondenti rendite - come dicevo poc’anzi - furono sottratte all’arbitrio baronale e ricondotte alla titolarità regia o delle comunità locali (decurionati).

Diversamente, i diritti feudali patrimoniali - cioè le terre (orti, boschi, frutteti) e i fabbricati (taverne, mulini, frantoi, abitazioni) - in parte restarono in capo alle famiglie degli ex feudatari, a titolo di proprietà di diritto privato - e  in parte (fondamentalmente si trattò di boschi o di terreni scarsamente produttivi o che avrebbero richiesto l’investimento di notevoli energie lavorative) furono divisi e assegnati alle comunità locali, attraverso complessi meccanismi aritmetici nei quali si teneva conto della rendita annua ricavata dagli usi civici esercitati dai regnicoli (ius  legnandi o legnatico, ius pascendi o pascoli, ius herbandi o erbaggio, ius venandi o caccia). Insomma, alla dissoluzione del regime feudale non seguì una riforma agraria. La piena liberalizzazione delle terre infeudate (pur ampiamente teorizzata dagli illuministi napoletani del settecento e pur ritenuta il più efficace fattore di sviluppo economico)  fu mitigata dalla resistenza politica dei latifondisti.

Nella valle telesina cadeva il confine tra due importanti sistemi demaniali feudali. Il prima era il dominio telesino-solopachese assegnato, dapprima, alla famiglia genovese dei Ceva Grimaldi, poi, al conte modugnese Rocco Stella, poi, successivamente, riscattato da Marcello Ceva Grimaldi ed infine acquistato dalla famiglia dei Sangro di Casacalenda, che lo possedette fino all’abolizione della feudalità. Il secondo era il dominio cerretese, posseduto, senza soluzione di continuità, dalla famiglia napoletana dei Carafa, duchi di Maddaloni. Il dominio dei Carafa ricomprendeva anche Pontelandolfo, San Lupo, Guardia Sanframondi con Limata, San Lorenzo Maggiore, San Lorenzello, Cusano, Civitella e Pietraroja. A queste terre, nel 1765, i Carafa aggiunsero i casali telesini di Castelvenere, Massa Inferiore (odierna Massa di Faicchio), Massa Superiore (Rocca di San Salvatore Telesino), Monte Pugliano e San Salvatore Telesino, terre queste ultime dapprima appartenute alla famiglia Monsorio.

Il confine naturale era segnato dal bosco di Montepugliano.

Nel 1810 - in attuazione delle 'leggi eversive della feudalità' - il bosco di Montepugliano (a quell’epoca posseduto da Don Francesco Saverio Carafa, Principe di Colubrano, discendente collaterale dei Carafa di Maddaloni) - fu ripartito fra i due comuni di Solopaca e Telese e S. Salvatore. Di quella vicenda non remota, eppure dimenticata, continuano ad apparire due frammenti di straordinaria bellezza. Si tratta di due termini lapidei che recano, rispettivamente, le seguenti incisioni: «S.S. 1810» il primo; «S.T.», il secondo.

Il primo termine lapideo - il termine «S.S. 1810» - è ancora piantato robustamente a terra con la faccia scolpita rivolta a est, per indicare ai viandanti provenienti dal comune di Solopaca e Telese l’inizio del territorio di San Salvatore. Il secondo termine lapideo - il termine «S.T.» - è stato divelto ed ora si trova, in posizione orizzontale, adagiato e nascosto tra le foglie. Questa pietra aveva, specularmente, la funzione di indicare, ai viandanti provenienti dal comune di San Salvatore, l’inizio del territorio di Solopaca e Telese. Ricordo che il Montepugliano era attraversato da antichi e frequentati tratturi, come testimoniato dai resti di una chiesetta medievale.

La scoperta di questi due termini lapidei è avvenuta nell’autunno del 2016 a partire da una mappa planimetrica risalente al 1930, che ho consultato e fotografato presso l’Archivio di Stato di Benevento. La mappa fu redatta da periti incaricati da un collegio arbitrale che stava risolvendo un’annosa vertenza giudiziaria e politica tra i due appena menzionati comuni limitrofi (per la quale rimando al mio lavoro monografico “La proprietà delle acque telesine. Storia di una lite di confini”, ASVT, 2017) avente ad oggetto la esatta collocazione degli antichi confini dei feudi e quindi la titolarità delle sorgenti solfuree.

Il primo termine l’ho individuato grazie al fondamentale contributo di Nello Di Mezza, amico d’infanzia di mio padre e appassionato di escursionismo - il quale ricordava l’esistenza e la posizione di un termine lapideo, pur non sapendo che sulla faccia rivolta ad est vi fosse scolpita la locuzione «S.S. 1810». Per entrambi fu molto intensa la gioia della scoperta. Il secondo termine l’ha individuato per caso il mio amico Roberto Desiato, nel corso di un ulteriore sopralluogo alla ricerca degli altri termini lapidei.

La mappa del 1930 - che è accompagnata da una relazione peritale - indica il rinvenimento di tre dei quattro originari termini lapidei posti nel 1810. Preciso che nel 1930 i periti non considerarono il termine «S.T.». E non lo fecero o perché - pur essendo stato rinvenuto - era speculare al termine «S.S. 1810» e, dunque, non necessario alla loro operazione di misurazione o perché - già allora divelto - non fu avvistato dai periti. Mi piace pensare a questa seconda possibilità e mi piace chiamare il termine «S.T.»: «termine Desiato».

Ma che ne è stato degli altri tre termini?

Il primo, come detto, già nel 1930, non fu rinvenuto. E non fu rinvenuto per una ragione ben spiegata dai periti medesimi: fu divelto nel corso delle operazioni di ristrutturazione della piscina Goccioloni alla fine del XIX secolo e (forse) reimpiegato nella costruzione del nuovo stabilimento. Da questo primo (ormai immaginario) termine lapideo, i periti del 1930 seguirono una linea retta in direzione nord-est di circa centocinquanta passi ed ogni cinquanta passi rinvennero i termini lapidei. Da elementari calcoli è possibili dedurre che i termini rinvenuti nel 2016 - il termine «S.S. 1810» e il  «termine Desiato» - costituiscono il terzo termine individuato dai periti nel 1930.

Ne deriva che il secondo termine dovrebbe trovarsi ad una distanza intermedia tra l’angolo est dello stabilimento Goccioloni e il punto costituito dai termini «S.S. 1810» e «Desiato» (terzo termine).

Il quarto termine, infine, dovrebbe trovarsi a circa cinquanta passi a nord-est del menzionato punto noto. In un’area che - probabilmente - ricade nella proprietà Aquapetra.

Potrà capitare a tutti i telesini di non avere un cavolo da fare. Ebbene quella sarà l’occasione per mettersi alla ricerca del terzo termine lapideo (del quarto no, perché si trova, come detto, in un’area di proprietà privata). Vi assicuro che una passeggiata nel bosco di Montepugliano alla ricerca del “sacro dolmen” vi farà sentire più vivi, più carichi di entusiasmo. Ritornerete alla vita urbana dopo aver scoperto un luogo magico. Così, anche se la vostra ricerca sarà stata vana, avrete contribuito a riportare il nostro meraviglioso bosco al centro dell’attenzione, nel bel mezzo della coscienza collettiva. Cioè avrete partecipato a proiettare Telese nell’unica modernità degna di questo nome.
 
 
 
 
 



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